[NuovoLaboratorio] Giuliana. la lettera dei colleghi del Man…

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Autore: info@forumdelteatro.org
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Oggetto: [NuovoLaboratorio] Giuliana. la lettera dei colleghi del Manifesto

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la redazione

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da il manifesto di oggi

Cara Giuliana, scusa se ti scriviamo una lettera che non potrai leggere subito
ma solo tra un po’, quando - come ogni mattina - ci telefonerai per dirci
quale pezzo d’Iraq raccontare ai nostri lettori, come stavi per fare ieri.
Scusa se ti mettiamo in prima pagina, ma oggi la notizia sei tu e il nostro
mestiere - nel suo lato migliore - è proprio questo, parlare di ciò che
succede, raccontando le linee d’ombra, ciò che non è "ufficiale", ciò che
accade alle persone in carne e ossa. Dovrebbe essere un mestiere di confine e
proprio per questo "uno dei pochi che valga la pena di fare", diceva uno
scrittore messicano; a volte è ridotto a piccola cosa, ma dipende da noi
renderlo vero. Per questo tu ora sei lì, in Iraq, dove sei stata già tante
volte, un paese che ami - non in senso astratto - ma perchè ami la sua gente
martoriata da troppi anni di guerre, dittatura, embarghi, terrorismo. Per
questo hai voluto correre il rischio che sempre c’è a non restarsene in
albergo, limitandosi a rilanciare i dispacci ufficiali, scendendo invece in
strada a cercare la verità, le sue difficili ambiguità. Stiamo "dalla parte
del torto", è vero ed è un bene.

Cara Giuliana, a ogni vigilia di un tuo viaggio - come alla vigilia dei viaggi
che ognuno di noi stava per fare in "zone difficili" - ci incontravamo non
solo per stilare il programma di lavoro, ma anche per chiederci il senso di
quella "missione", per dirci se ne valesse la pena. Ma la risposta è sempre
stata - e sarà - la stessa: "Vale la pena, serve a noi per capire e far
capire, serve alla nostra parte, gente che per non essere prigioniera di
questo mondo, deve essere in questo mondo". E poi è anche bello, accidenti se
è bello, poter guardare e descrivere la vita in libertà, che è la storia di
questo giornale, pagata con un’esistenza un po’ precaria o, peggio, rischiando
brutti incontri. E’ un privilegio che ci teniamo stretti, perchè rinunciarci
sarebbe magari comodo ma terribilmente triste, una violenza contro noi stessi.

Cara Giuliana, ora tu sei tra persone sconosciute e che si pensano ostili. Non
vale nenche la pena dirti che è come se fossimo lì con te e, con noi, tante
altre persone, che ti conoscono o ti leggono, che ieri hanno chiamato o sono
venuti a trovarci. Quasi non serve ricordartelo, tu lo sai già. Come saprai
dire anche a chi ti ha sequestrata l’insensatezza di quel gesto, lo stesso
modo con cui hai saputo spiegare a noi e tutti la follia della guerra, di
una "democrazia" imposta con le armi, del terrorismo. Proprio con le medesime
parole che hai usato in questi anni sul giornale. In questo momento, anche se
siamo preoccupati - insieme ai tuoi cari e ai tuoi amici - noi non lanciamo
appelli, non facciamo abiure, non pietiamo nulla e nessuno. Vorremmo solo che
la grande solidarietà che in queste ore è stata pronunciata nei tuoi confronti
si traducesse in qualcosa di concreto. Chi ha scatenato la follia che è
ricaduta su di te ha il dovere di muoversi per farti tornare in libertà al più
presto. Chi ti ha sequestrata deve ascoltarti e convincersi che non sei nemica
di nessuno.
Cara Giuliana, qualcuno sta già dicendo che il tuo sequesto è una nemesi, che
a essere colpiti siamo noi - pacifisti, giornalisti di sinistra - e ci
chiedono un pentimento. Siamo sicuri che tu non ti stia pentendo di una sola
virgola di quello che hai scritto e non saremo certo noi a tradirti.
Preferiamo condividere con te - per quanto possiamo, da qui - la paura di
questo momento e di farlo insieme. E’ la sola "arma" che abbiamo e che
vorremmo esistesse nel mondo. E’ il tuo e il nostro modo di d’essere.

Cara Giuliana, oggi ci ritroveremo in una piazza romana per vincere assieme la
paura, nello stesso modo in cui siamo scesi per strada cercando di fermare la
guerra o per dire che la barbarie che l’ha accompagnata e seguita non ci
appartiene. Sarà come se tu fossi con noi, esattamente come - anche se
fisicamente non è proprio così - noi siamo lì con te. Aspettiamo tue notizie.
Per ora, un forte abbraccio da tutti noi e a presto.

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