La Puglia democratica e plurale è pronta per cambiare e potrebbe ben darsi che le prossime elezioni amministrative regionali - le terze del bipolarismo zoppicante e incompreso - siano viste e utilizzate sul serio come l'opportunità di un passsaggio d'epoca. Le amministrazioni regionali pugliesi, dall'era democristiana a quella del pentapartito sino a questo centrodestra, hanno vissuto in modo altalenante una fosca continuità di clientelismo, sperpero di risorse, voto di scambio, populismo ed autoritarismo, risorse ambientali dissipate, comitati di affari, quando non illegalità e abusivismo diffusi. La vicenda si è aggravata negli ultimi anni, semmai, con un centrodestra che ritaglia una sanità sempre più esosa e di bassa qualità sulle clientele di un suo vorace blocco di consenso, spreca le risorse per la promozione sociale e la formazione professionale, concede la maggior parte del demanio costiero, utilizza solo in parte e in modo dubbio le risorse europee, avvelena il clima democratico e deprime lo spirito pubblico, si prepara a ulteriori privatizzazioni dei beni pubblici, spende cifre da capogiro in consulenze esterne, arriva a incongruenze estreme nella promozione della cultura. Ed altre e tante le grida di dolore: trasporti, turismo, incuria e cecità sul caporalato che ritorna con nuove precarietà, accoglienza delle migrazioni intesa come reclusione ed espulsione, politiche di militarizzazione del territorio, neolaureati pronti a nuove emigrazioni di sussistenza, truffe fuori controllo nei settori chiave dell'agricoltura e della trasformazione, crisi di comparti industriali senza uscita. Nessun progetto che non sia che quello della gestione del declino, di un meridionalismo retorico e alla rovescia supino a governi quanto mai antimeridionalisti, di un tentativo capillare di controllo delle risorse pubbliche, del neoconservatorismo compassionevole che accompagna la negazione dei diritti.
Questo centrodestra pugliese, composito e personalizzato, è stato visosamente sottovalutato e minimizzato, nel recente passato, nella stessa classe politica che doveva interpratare la tradizione meridionalista e le culture democratiche del cambiamento. Il politicismo di troppi ha rischiato di sprecare e vanificare la primavera pugliese delle elezioni di un anno fa, da Bari a Foggia alle cinque province pugliesi. Le elezioni primarie pugliesi - vera primizia - hanno sprigionato una straordinaria mobilitazione democratica e hanno scelto e lanciato il candidato presidente dell'alleanza democratica e plurale, fatta non solo di partiti, ma di associazioni, movimenti molecolari e informali, generazioni pronte al voto libero, reti sociali diffuse, organizzazioni di cittadinanza attiva. La possibilità di andare alla competizione elettorale con un candidato scelto dalla partecipazione democratica, su un dibattito pubblico di programma, contenuti e valori, fatto di ascolto e scambio, hanno già avuto e avranno ancor più la facoltà della mobilitazione e il segno della speranza. Se poi a interpretare il cambiamento possibile è una candidatura come quella dell'onorevole Nichi Vendola, dalla biografia trasparente e dall'impegno non episodico e strumentale, diviene più facile per tutti spendersi collettivamente e in prima persona. I tentativi di descrivere la situazione in atto con categorie logore del primo Novecento appaiono quanto meno fuoriluogo, cosiccome quelli di stigmatizzare l'alternativa democratica possibile di limiti intrinseci, senza nessuna possibilità di produrre controprove. Il tempo del monopolio della politica da parte dei partiti è finita. Nuove culture politiche si affacciano a partire da pratiche sociali e associative e alla luce di un pensiero critico che non si lascia ridurre all'accomodamento.
Le primarie pugliesi rendono pratica reale su cui riflettere quelle che da dieci anni a questa parte erano soltanto discussioni politologiche. Le primarie pugliesi, come è stato detto autorevolmente, sono di per sé apprendimento e uso della democrazia partecipata, a rischio di errore come le umane cose e certamente perfettibili. Intanto non soltanto l'uso delle primarie può sprigionare la partecipazione, come si è visto, e riformare dal basso la politica, ma può servire a scegliere e lanciare il candidato più popolare, conosciuto, radicato, vicino ai portatori di bisogni, e quindi già per questo più competitivo per la sua parte. L'effetto domino delle sorprendenti primarie in Puglia ha rilanciato sulla scena nazionale polemiche adesso inutili ma anche per fortuna riflessioni serie che devono adesso maturare sulla ripresa della politica come cittadinanza attiva della società civile autoorganizzata, sulla politicità intrinseca del sociale, sulla capacità di autonomia culturale del sud. Ora bisogna allargare e unire consenso e intenzioni, e dare il senso del possibile cambiamento. Andare rapidamente alla definizione in positivo delle assi programmatiche, dare vita a una consultazione di massa, ascoltare la parte migliore delle Puglie, dall'economia pulita alla solidarietà del vero volontariato, dal popolo della pace ai cattolici dell'impegno etico, dagli artisti ai soggetti dei nuovi saperi, dal mondo del lavoro a quello del non lavoro e delle precarietà, a tutti i soggetti del cambiamento e della speranza.
Silverio Tomeo
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