[movimenti.bicocca] porto alegre news 1 - il FSM in diretta

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Porto Alegre News - Il Forum Sociale Mondiale in diretta

(corrispondenze a cura di Rosella Simone)



Forum social mundial, inaugurazione



200.000 partecipanti, 7000 giornalisti accreditati, l’altro popolo del
mondo si incontra e si mostra a Porto Alegre, Brasile. Quest’anno il
quinto Forum mondiale non sarà ospitato dalla Pontificia Università
Cattolica ma dalla città stessa. Gli stand si snodano tutti lungo
l’argine del porto sul Rio Guaiba. Capire cosa scegliere tra le
infinite possibilità culturali e di lotta offerte è quasi impossibile;
pensate che solo per elencare gli eventi di questi sei giorni ci hanno
dato un programma di più di 260 pagine. Ma oggi 26 gennaio, ore 17,
tutti alla manifestazione che colorata e caciarosa ha attraversato la
città dal Mercato pubblico in Largo Glenio Peres all’anfiteatro Por-du
-Sol. Una moltitudine arrivata da tutte le parti del mondo dal Sahel
all’Uruguay, dall’Bangladesh alla Danimarca, dalle favelas di Sao Paulo
ai Sem Terra del NordEste, dal Natal alla Corea, dagli indios dell’
Amazzonia e della Colombia agli italiani. Molti gli slogan contro la
guerra in Iraq e la politica imperialista di Bush. Ma in questa estrema
varietà c’è posto per tutto: per chi sventola le bandiere israeliane e
chiede la fine dell’antisemitismo, per le rivendicazione dei dalit, i
senza casta dell’India, e per la libera Palestina. Per ragazzi e
anziani, gauchos e transessuali. Fantasiosi e variegati i molti spezzoni
delle donne: contro la violenza in famiglia, per il diritto all’aborto e
la marcia mondiale. Una festa, un carnaval consapevole e cosciente. E
bandiere e giocoliere e tamburi e tutto quello che ci si aspetta da una
manifestazione del genere. Nessuna tensione però, solo allegria,
disponibilità e il piacere di incontrarsi, riconoscersi, esserci. Molta
gente del PT, il partito di Lula, con camice rosse e bandiere; ma la
città, dove il Pt dopo sedici anni di ininterrotto governo ha perso le
ultime elezioni amministrative, guarda; difficile dire quanta e quale
sia la partecipazione a questa enorme kermesse dei popoli della terra.
Poche le finestre aperte, poche le persone lungo i bordi della strada
dove scorreva il grande fiume del corteo. In testa il lungo nastro della
bandiera das bandeiras, enorme drappo con sopra tutti i simboli delle
organizzazione e dei movimenti del Forum portata, al ritmo dei tamburi,
da ragazzi e ragazze arrivati da ogni dove del pianeta. Polizia presente
ma con discrezione, senza scudi e ferraglie varie e, persino, si
lasciano fotografare. Mentre inizia il concerto dei musicisti dal palco,
arriva un ultimo spezzone di corteo; sono giovani del PSTU, sventolano
bandiere rosse e lanciano slogan durissimi contro Lula, che dicono, “ha
tradito il popolo”. Davanti all’anfiteatro il palco per il concerto
finale, nel grande prato antistante si raduna il popolo della pace e
della lotta. Danno il via al concerto i Tamburi pela paz, poi si daranno
il cambio sul palco i gauchos di Sombrero luminoso, Ma’Africa, Manu
Chao ed è attesissimo il ministro della cultura Gilberto Gil. Domani
alle 8,30 allo Stadio Gigantinho ci sarà il presidente Lula, parlerà del
sua programma di lotta alla povertà. Vedremo cosa ha da dire.



A grande feira



Nella grande fiera delle culture alternative che è Porto Alegre Puxirum
è l’ultima tenda, quella della Coica, il coordinamento delle
organizzazioni dei popoli indigeni. E forse è un caso, forse una scelta
poiché il posto è particolarmente bello e tranquillo. O forse, come
alludeva Jorge, un uruguaiano viandante che si è definito “narratore di
storia emotiva” è il segno che anche per il Brasile, i naturales sono
gli ultimi. E certo è vero che al loro forum non ci sono né radio, né
televisioni, né giornalisti. Ma forse verranno l’ultimo giorno quando è
annunciata la presenza del governatore dell’Amazzonia. Sono infatti
rappresentati tutti i popoli che, pur divisi dai confini delle varie
nazioni del Sud America, hanno come terra comune l’Amazzonia e poi a
scendere sino ai mapuche della Terra del fuoco. Hanno tutti un’aria
gentile e triste e, a prima vista, sembrano fare solo folklore. Ci sono
quelli con il copricapo di piume, altri con il gonnellino di fili di
paglia, piccole donne in bombetta e gonna coloratissima e l’equadoregno
Sebastião Haji Manchineri, coordinatore generale, con la lunga tunica
ricamata e la fascia attorno alla fronte. Ma le loro parole sono di
fuoco. <<Gli Stati uniti vogliono impossessarsi dell’Amazzonia, con le
armi, con l’economia e ideologicamente. Quello che stanno facendo è un
vero e proprio attentato contro la natura. Tutti i nostri popoli sono
pronti a difendere la biodiversità>>. Parlano di malattia, di fame, di
povertà, <<Abbiamo bisogno della nostra terra ancestrale per piantare il
mais e le erbe medicinali ma siamo obbligati alla monocultura del riso e
così ci ammaliamo e i sono molti a morire>>. Una durissima piccola donna
venezuelana dice, <<La lotta al neoliberalismo è strutturale per i
popoli indigeno. Abbiamo constatato che il fratello Chavez , almeno un
poco, sta incrinando il neoliberalismo mondiale. Ma quello che conta
oggi non sono i delegati ma il protagonismo del popolo>>. Poi come
sempre tutto finisce con la musica. Perché il filo conduttore, se uno ce
n’è, di questo giocoso bailamme è la musica: quella triste delle Ande,
la samba di Rio o i tamburi d’Africa. E camminando per le mille e una
tende abbiamo incontrato gente, gente vera, popolo insomma. E nessuna
haparteid generazionale o di proposta. C’è di tutto: dagli zoroastriani
ai cristiani scientifici, dai trozkisti ai maoisti. E poi comitati per
la casa, per il traffico, per l’inquinamento elettromagnetico, la casa
della Palestina, la casa dei neri e i teatranti del res o no res,
quaranta vicino del barrio Mataderos di Buenos Aires con uno spettacolo
scritto, recitato e diretto da loro, un musical contro il colonialismo.
Bravi, divertenti e divertiti. Dormono nel grande accampamento di tende
a igloo. Centinaia di tende e di ragazzi, ma neanche una bottiglia o una
buccia di banana buttata per terra, neanche un accenno di tensione o di
violenza. Cessi puliti e docce in fila a decine e tutti a lavarsi la
sera prima di cena quando sale, puntuale, un vento forte che sembra
voler spazzare via tutto e invece dopo un’ora si placa, soddisfatto. E
la sera? Beh la sera cachaça.


Agora Lula

La gente aspetta ordinatamente in fila per potere entrare nello stadio
mentre i dannati della terra si organizzano per vendere qualche
bottiglia di acqua minerale. Un corteo passa e contesta le politiche del
governo a fianco di quelli che aspettano, forse la democrazia è anche
questo, senza tensioni, senza violenze. E noi entriamo nello stadio
colorato, di musica, di gente che ondeggia. La musica è
l’accompagnamento costante in questi luoghi dove il ritmo, la speranza o
forse la disperazione trasformano l’impegno nella vitalità di chi ancora
crede che un altro mondo è possibile.

Nello stadio Gigantinho 12.000 persone accolgono Luiz Inacio Lula da
Silva, da due anni presidente del Brasile, invitato di molto riguardo al
Quinto Forum Mondiale Sociale per dare il via e presentare la Chiamata
Globale all’azione Contro la Povertà. Insieme a lui Coumba Touré, della
rete africana Educazione per tutti, Guy Ryder, segretario generale della
Confederazione internazionale delle organizzazioni sindacali libere,
Candido Grzybowsky, direttore generale dell’Istituto brasiliano per le
analisi sociali ed economiche, John Samuels, di Action Aid, e Wahu
Kaara, del Consiglio ecumenico africano coordinatrice della campagna in
Africa. Che cosa è la chiamata globale contro la povertà? È una campagna
per combattere la povertà nel mondo lanciata da cento Ong con
l’obbiettivo di esercitare pressioni sui paesi ricchi e sulle
multinazionali perché adottino politiche di aiuto verso i paesi poveri
al fine di realizzare gli obbiettivi del millennio fissati dall’Onu:
annullamento del debito, regole più giuste per il commercio, aumento
della cooperazione internazionale, nuove forme di finanziamento e di
sviluppo.

Lula prende la parola e promette di trasformarsi in ambasciatore della
chiamata globale contro la povertà e che a Davos parlerà di questo ai
partecipanti del Forum Economico mondiale e aggiunge rivolto alla
platea, <<Ê un momento storico, voi non siete più soltanto un insieme di
persone, avete scelto un tema, la fame, così trasformandolo da problema
sociale a problema politico>>. Il sociologo Candido Grybowsky dice che
la campagna sarà permanente. L’indiano John Samuels critica gli Usa più
preoccupati della propria sicurezza che della povertà, <<Il grande
terrore oggi nel mondo risiede dentro gli stomaci>>. La senegalese
Coumba Tourè lega la fascia bianca, simbolo della campagna, al braccio
sinistro del presidente.

Chiude la manifestazione la Scuola di samba di Portela di Rio de Janeiro
diretta da Sidnei Machado. Quest’anno il tema che la scuola di samba di
Portela presenterà alla sfilata del carnevale di Rio riguarda appunta
gli obbiettivi del millennio lanciata dall’Onu: lotta alla fame e alla
povertà.



(nei prossimi giorni altri resoconti dai seminari e un quadro finale)





















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