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Aihe: [Intergas] Lo tsunami distrugge ma la biodiversità aiuta a ricostruire
Lo tsunami distrugge ma la biodiversità aiuta a ricostruire
È difficile mettere voce in merito al disastro dello tsunami. Ma mi ha molto
colpito un articolo di Vandana Shiva su questo tema, un discorso nel filone
dei tentativi di dare delle risposte ai perché l?umanità si trovi a subire
delle tragedie così atroci. Molti hanno scomodato l?innaturale: castighi
divini, fatalismi, ragionamenti di filosofi, uomini di fede, studiosi di
religione.
Esattamente come lo furono gran parte delle notizie relative alle vittime,
questi interrogativi vengono analizzati con la solita visione eurocentrica:
cristiani, ebrei o filosofi occidentali. Me se invece andiamo a sondare
qual è il punto di vista delle popolazioni colpite, se facciamo lo sforzo
di vedere le cose attraverso la loro concezione del mondo, influenzata dalle
religioni e dal pensiero degli orientali, ecco che tutto appare sotto un?altra
ottica, e ci rendiamo conto di quanto siamo poco accorti, supponenti e irresponsabili.


Già, il senso di responsabilità: e ciò che ha ben presente Vandana Shiva
per il suo commento all?evento e ciò che hanno ben presente la maggioranza
delle persone coinvolte in quel disastro. Un?umanità a noi sconosciuta,
che vive secondo un principio di responsabilità riconducibile al karma:
tradotto in parole povere è il bisogno di comportarsi bene in questa vita
per vivere meglio la prossima. Credono alla reincarnazione e comportarsi
responsabilmente è un modo per consegnare un mondo migliore a se stessi
e ai propri figli in futuro. A chi verrà dopo di noi.
Vandana Shiva dice che lo tsunami va preso come un avvertimento di ciò che
succederà se non ci prepariamo, se continuiamo ad agire solo per il profitto
immediato e non guardiamo più avanti: è un avviso alla terra.

?Le lezioni dello tsunami sulla necessità di prepararci ai disastri devono
riguardare tutti i disastri che possono verificarsi in conseguenza di modelli
di sviluppo che ignorano i costi ecologici e la vulnerabilità, a favore
della crescita a breve termine.?
Secondo Vandana all?indice c?è il mondo delle grandi corporations, il mondo
dove è il denaro ciò che ci tiene uniti, invece del senso di responsabilità
e della compassione. Un mondo dove può accadere che il 26 dicembre, mentre
l?onda anomala si abbatteva sulle coste dell?India, il Governo indiano stava
approvando un decreto sui brevetti che ha impedito dal primo gennaio di
quest?anno la produzione di farmaci a basso costo. Proprio mentre esplodeva
il bisogno urgente di queste medicine per centinaia di migliaia di persone.


Quindi lo tsunami non è stato solo un?onda contro la costa, ha rappresentato
la collisione di due visioni del mondo. Quella del profitto immediato e
dello scempio alla natura contro quella di un?umanità che si sente fragile
e responsabile per ciò che fa.
L?agroindustria che non rispetta gli equilibri ambientali è l?espressione
di una visione che ci porterà grandi e piccoli incidenti; non possiamo cogliere
questi messaggi come se fossero soltanto evocatori di altri disastri annunciati,
ma dobbiamo prendere coscienza che tutto rientra nella logica di un totale
disprezzo degli equilibri degli ecosistemi, con una forte dose di presunzione
? o di irresponsabilità ? che ci fa credere di poter dominare la natura.
No, invece dobbiamo essere umili e proteggerci, collaborare il più possibile
con essa, anche perché come può farci male, è lei che ci può salvare.

Ora è emergenza, ci sono un mucchio di persone da aiutare: Vandana mi ha
segnalato che nel Tamil Nadu non solo si è perso tutto, ma la terra è diventata
incoltivabile, piena di sabbia e di residui salini. Per fortuna l?associazione
presieduta dalla scienziata indiana ha collezionato dall?immenso patrimonio
di biodiversità indiana dei semi in grado di resistere a elevati livelli
di salinità del terreno: la biodiversità, la natura salvata, ancora una
volta può essere la soluzione per ripartire, anche da zero.

Vorrei che questa piccola storia di ricostruzione indiana sia significativa
per tutti. La filosofia orientale ci fa trovare un nesso tra un incredibile
terremoto nei fondali marini e la nostra condizione di sfruttatori del pianeta,
un nesso che per inseguire lo sviluppo abbiamo dimenticato, che ci farà
pagare drammaticamente i costi ambientali che non mettiamo mai a bilancio.

Nel piccolo del nostre campagne e delle nostre città inquinate, mentre giustamente
facciamo beneficenza con il telefonino, riflettiamo anche su questo, e su
quanto dovremmo ritenerci al sicuro da ogni pericolo, o se non sarà il caso
di cambiare stile di vita.

Articolo pubblicato su La Stampa del 23 gennaio ?05.