il manifesto
Bolzaneto alla sbarra
In aula i torturatori della caserma del G8. Ma incombe la prescrizione
«Manca la tortura» In Italia il reato di tortura non esiste. Una legge, che
recepiva la convenzione è impantanata in commissione giustizia. Amnesty e
Antigone: «Lentezza inaccettabile»
GENOVA
Era l'ultima tappa dell'incubo genovese, quella in cui nei giorni del G8
sono stati portati i rastrellati della Diaz e centinaia di manifestanti
fermati alla fine di scontri e cariche, la caserma di Bolzaneto al centro
del processo che si è aperto ieri mattina davanti al gup Maurizio De
Matteis. Nei giorni successivi i trecento manifestanti che sono passati da
lì raccontarono di dita divaricate fino a strappare le mani, di medici che
li insultavano invece di curarli, di pearcing staccati di netto dalle
orecchie, di cellulari con «faccetta nera» di secondini che cantavano «uno
due tre viva Pinochet». Tra i 44 responsabili delle torture non c'erano i
pezzi grossi del Viminale come alla Diaz, ma medici e agenti penitenziari
tutti ancora in servizio, oltre all'allora vice capo della Digos genovese
Alessandro Perugini (il più alto in grado e responsabile dell'intera
caserma) e a Oronzo Doria, allora colonnello della polizia penitenziaria,
tutti disposti a menare le mani o a tacere sulle azioni altrui, salvo due
infermieri, Marco Poggi e Ivano Pratissoli che subito dopo decisero di
raccontare tutto dando una spinta decisiva all'inchiesta.
La storia è nota, le testimonianze sono centinaia - ieri le parti civili
erano circa 200 - eppure il processo rischia di concludersi con un nulla di
fatto. Anche se la Salvapreviti (la legge che ridurrà i tempi di
prescrizione per molti reati) non facesse il rapido corso cui sembra
destinata, la maggior parte dei reati contestata ad agenti e medici rischia
di prescriversi in tempi brevi. Esclusi agenti e ispettori accusati di
falso per aver scritto e firmato verbali in cui violenze e abusi erano
automaticamente omessi - il reato si prescriverà il 22 gennaio 2016 - per
tutti gli altri, responsabili a vario titolo di violenza, lesioni, abuso di
autorità contro detenuti o arrestati, falso, abuso di ufficio per
violazione della convenzione Onu sui diritti umani (la complicata formula
per parlare di tortura, visto che il reato in Italia non esiste) l'impunità
è già oggi quasi garantita, visto che la prescrizione arriverà a gennaio
del 2008. Con la Salvapreviti persino i verbali falsi saranno «prescritti»
in tempi rapidi (gennaio 2009). Come se non bastasse il tribunale di Genova
è intasato e i giudici in servizio sono la metà di quelli che servirebbero.
Una situazione disastrosa denunciata sia dagli avvocati delle parti civili
che dall'associazione «Verità e giustizia». I primi nei prossimi giorni
chiederanno un incontro con il presidente del tribunale per sollecitarlo ad
intervenire.
La prima udienza preliminare di ieri mattina è servita solo per la
costituzione delle parti civili. Nel lungo elenco, però, mancano i
ministeri degli Interni, della Difesa e della Giustizia che sono stati
citati come responsabili civili e dovranno quindi pagare milioni di
risarcimenti ai manifestanti. «Un fatto gravissimo - dice l'avvocato Sandro
Gamberini - quello di non voler prendere parte contro medici e militari e
ben diverso da ciò che gli americani hanno fatto con i torturatori di Abu
Grahib». Anche al processo Diaz la scelta è stata questa, anche se in
entrambi i casi il governo ha ancora il tempo di prendere una posizione più
limpida.
In aula si sono presentati solo cinque imputati. Mancavano Alessandro
Perugini, Oronzo Doria, e non c'era neppure il dottor Giacomo Toccafondi,
il medico che girava in tuta mimetica per la caserma puntando il
manganello, insultando e menando le mani.
Il processo parte, ma nessuno degli imputati sarà accusato di tortura
perché il reato oggi in Italia non esiste, come hanno spiegato proprio ieri
Amnesty international e Antigone. Il testo di legge è rimasto impantanato
un anno fa nella commissione giustizia della camera dopo che la Lega era
riuscita a far inserire un comma che di fatto annullava l'intero testo. Ora
una bozza «condivisa» da maggioranza e opposizione ci sarebbe, un «buon
testo» anche secondo Patrizio Gonnella di Antigone visto che ricalca
piuttosto fedelmente la convenzione Onu del `87. Eppure la nuova versione
non è ancora stata messa in calendario, «una lentezza incomprensibile e
inaccettabile» dicono entrambe le organizzazioni. Secondo il presidente
della commissione Gaetano Pecorella, di Forza Italia ma che in effetti si
era battuto in prima persona per arrivare a questo testo, nelle prossime
settimane la legge sarà discussa e approvata: «A quel punto bisognerà
vedere cosa farà il Senato».
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da liberazione
Parte nell'indifferenza il processo. In pochi al presidio sotto il
tribunale di Genova
Torture a Bolzaneto, citato il governo ma incombe la salva-Previti
Genovanostro inviatoIl lungo, estenuante, appello dei 47 imputati (nove le
donne), e delle 254 parti lese, 129 delle quali si sono già costituite
parte civile, poi la citazione in giudizio del governo - responsabile in
solido per i reati commessi dai suoi dipendenti - e subito il primo rinvio
al 19 febbraio concesso dal gup de Matteis per dar tempo ai ministeri
(Giustizia, Interni e Difesa) di costituirsi e agli indagati di leggersi le
carte delle parti civili. E' questo il succo dell'apertura dell'udienza
preliminare per le violenze a Bolzaneto, il carcere provvisorio per i
fermati del G8 2001 che si trasformò in lager per centinaia di persone
prese a casaccio per le vie di Genova, alla stazione, negli ospedali o alla
scuola Diaz.
Sugli scalini del tribunale molte delle loro storie scritte su pettorine
che non hanno trovato, ieri mattina, abbastanza persone che le
indossassero. C'era solo lo sparuto gruppo di "irriducibili" del social
forum e del comitato Verità e giustizia a presidiare il Palazzo nel giorno
dell'avvio dell'ultimo grande processo legato ai misfatti di polizia del
G8. Un dato che, accoppiato con la crisi di fondi che rischia di
paralizzare il preziosissimo supporto legale dei mediattivisti, dovrebbe
far riflettere i movimenti. «Si tratta di una delle cose più gravi accadute
in Italia - dice Gilberto Pagani, avvocato milanese di quattro vittime
straniere - e invece il centrosinistra ha paura a entrare in conflitto con
gli apparati repressivi. Noi del legal forum non possiamo fare supplenza
anche su questo». Eppure l'occasione sarebbe preziosa anche per «gettare
luce su quanto accade "normalmente" in carceri, caserme, commissariati»,
aggiunge, con lui, un'altra avvocata delle parti offese, la genovese Laura
Tartarini.
Nessuna prova filmata, a differenza di altri procedimenti genovesi, solo
testimonianze, questa volta, che però collimano perfettamente. Ma già dalle
prime battute in camera di consiglio, l'impressione è quella che le difese
abbiano scelto la strategia della lumaca per tirare per le lunghe una
faccenda in attesa delle prescrizioni o del "tana-libera-tutti" della
salva-Previti. Gli indagati sono 5 medici penitenziari, 12 carabinieri, 16
guardie carcerarie e 14 poliziotti. Contro di loro, a vario titolo, i pm
Petruzziello e Ranieri Miniati hanno chiesto il rinvio a giudizio, in 161
pagine di memoria, per una lista impressionante di reati visto che in
Italia non ne esiste uno specifico di tortura: abuso d' ufficio, violenza
privata, percosse, omissione di referto, abuso di autorità contro detenuti
o arrestati, falso, violazione dell'ordinamento penitenziario e della
convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell' uomo. Ancora ieri
Amnesty International e Antigone sono tornate a denunciare la lentezza con
cui il parlamento sta affrontando il tema dopo la bocciatura di un testo
non conforme alla Convenzione delle Nazioni Unite imposto dalla Lega (si
sarebbe trattato di tortura solo in presenza di reiterazione). Un ritardo
che non suona strano se messo a paragone con la scelta dei ministeri di non
sospendere gli indagati e di non costituirsi parti offese per i misfatti di
Bolzaneto che «è di per sé un'indicazione politica», spiegano altri due
legali, Simonetta Crisci e Roberto Lamma. Il comitato Verità e giustizia,
che oggi alla Sala Cambiaso ha promosso un "processo alla tortura", torna a
chiedere una vera inchiesta parlamentare.
In due, tra gli indagati, hanno giocato la carta del difetto di notifica ma
sono stati riconosciuti contumaci e anche un legittimo impedimento invocato
da un terzo indagato non è stato riconosciuto tale. Cinque soltanto i
presenti. Una legale delle parti offese prova a ipotizzare che le numerose
assenze tra gli indagati servano per mettersi al riparo dagli imbarazzi di
un riconoscimento in aula (visto che era impossibile farlo sulla base delle
foto vecchie e minuscole fornite dalle amministrazioni) da parte delle
vittime pestate, insultate, terrorizzate, costrette a firmare carte false e
a stare senza acqua e cibo anche per 70 ore, senza contatti con l'esterno.
Chi chiedeva di andare in bagno tornava più malconcio di prima. Sul viso di
ciascuno un marchio diverso a seconda della provenienza. Già nel piazzale
un "comitato di accoglienza" iniziava a pestare, sputare, minacciare.
Certo, però, non sarebbe stato facile identificare qualcuno e non solo per
l'affollamento dell'aula-bunker. «Paura e "paranoie" - dice Ivan, milanese
di 27 anni - se ne stanno andando ma piano piano». «La paura risale anche
quando ti chiedono i documenti per strada», dice anche Sara, 21 anni
all'epoca dei fatti, quando fu sequestrata nel dormitorio dei manifestanti,
deportata a Bolzaneto, dopo un veloce transito al Galliera, e infine
trasferita al carcere di Vercelli. La sua e altre famiglie sono tra le
parti civili.
Fra le prime ad arrivare a Bolzaneto, Valerie, 38 anni e madre di tre
bambini. E' la ragazza francese che riuscì a violare - pacificamente - la
zona rossa. Per quello è stata già condannata ma ha fatto appello perché
crede che a essere illegale fosse il sequestro di una città intera. A
Bolzaneto fu picchiata e minacciata. E ieri le tremavano le mani. Non è
stato facile tornare a Genova, e neppure ricordare. «Ma essere qui è già un
risultato», racconta anche Guillermina Zapatero, traduttrice a Madrid, che
ricorda l'entusiasmo e le ragioni di quel "popolo di Genova" che, nel
giorno della Memoria, fatica a trovare la propria.
Checchino Antonini
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"Eppure il vento soffia ancora...."
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sito Comitato Verità e Giustizia per Genova
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aggiornata rassegna stampa.
Vogliamo aiutare le vittime della violenza delle forze dell'ordine a Genova
(luglio 2001).
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