[Forumlucca] la realtà del commercio equo e solidale

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Autore: Alessio Ciacci
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Oggetto: [Forumlucca] la realtà del commercio equo e solidale
invio un articolo molto interessante di riflessione sul commercio equo e solidale,
autore è Giorgio dal Fiume di Ctm,
la sua analisi è, secondo me, del tutto condivisibile,
un abbraccio,
Alessio

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Altro che ?Boutiques etiche?. Il commercio equo nel 2005



Cosa propone il 2005 per il commercio equo e solidale italiano? Per cercare di cogliere l?attualità la prospettiva del Fair Trade nostrano, propongo tre immagini.

Il primo ?piano di lavoro? dell?ufficio ?unitario? del commercio equo europeo [F.I.N.E. advocacy office], che include oltre che azioni di lobby e di rappresentanza del Fair Trade dell?Ue, azioni relative alla WTO ed agli accordi commerciali internazionali, al consumo critico, all?agricoltura e al lavoro minorile.

Secondo, il programma del prossimo Forum Sociale Mondiale di Porto Alegre, all?interno del quale i temi connessi al commercio equo e all?economia sociale/solidale sono tra i più numerosi, nelle attività auto-organizzate.

Terzo il corso del commercio equo che si terrà all?Università di Urbino [20-22 gennaio 2005], promosso dalla facoltà di sociologia e di economia, e da Ctm Altromercato e Roba dell?Altro Mondo.

Il significato di queste [e altre] immagini mi sembra chiaro: in questi ani il commercio equo è riuscito ad avere un impatto all?esterno non solo dal punto di vista della diffusione dei prodotti e del coinvolgimento sempre più ampio dei consumatori, ma è anche riuscito a portare l?attenzione sul significato del proprio agre, sui propri valori e obiettivi, sulla sua insopprimibile valenza politica e di soggetto di cambiamento [non di tutto e non da solo]. Non era una cosa scontata, ed è utile ricordare -anche confrontandosi con l?esperienza di altri paesi europei- che non è frutto del caso, ma di un impegno e di una strategia.



Quante critiche e consigli

Ora, prendete queste immagini e il loro significato, e miscelatele con una altro dato interessante: la crescita dei fatturati del mercato equo italianista rallentando, e si registrano situazioni di ?crescita zero? [e qualche bottega del mondo si sta confrontando ?come auspicato da qualcuno- con la ?decrescita??.]. Tale situazione, da noi ampiamente prevista, è frutto sia dello stabilizzarsi della tumultuosa crescita degli anni scorsi [Ctm altromercato è aumentata del 250 per cento in tre anni], sia del diminuito potere d?acquisto ed aumentata precarietà sociale, i cui effetti cominciano ed essere registrati anche dal commercio equo.

Questo è lo scenario che abbiamo davanti. Ma non so quanto tale scenario sia chiaro alle tante sirene e cassandre che -da dentro e da fuori il commercio equo- ci riservano critiche e consigli.

Critiche e consigli che mi inducono a volte a pensare che riflettano una visione angusta e disinformata del Fair Trade, perché prendono come riferimento, pi spesso i propri pregiudizi e obiettivi personali piuttosto che la realtà dei fatti e l?elaborazione che il movimento del Fair Trade sta portando avanti. Mi riferisco per esempio a chi ci invita a mollare qualsiasi velleità di ruolo politico e sociale per assumere le ?boutiques etiche? come riferimento. Ma anche a chi ripropone il trito argomento che le organizzazioni di commercio equo pensano solo al fatturato, e che la crescita economica è di per se ?peccato? [anche quando, come nel nostro caso, si tratta non di crescita aggiuntiva ma sostitutiva di consumi iniqui], e che così facendo non cambieremo mai nulla [anzi siamo ?funzionali al sistema] in quanto ?il problema è altrove: occorre abbattere la WTO, sconfiggere il capitalismo?.?.

Noi, nel nostro piccolo ?ragionare facendo? o ?fare ragionando? [l?associazione tra l?infinito ed il gerundio richiama volutamente il subcomandante Marcos], condannati dalla nostra scelta di campo [coniugare economia ed etica, tradurre i principi in pratica] al confronto quotidiano con gli effetti concreti del nostro lavoro, e consapevoli dei limiti, delle contraddizioni e della mancanza di un modello teorico di cambiamento sociale complessivo cui ancorarci, poniamo qui due semplici riflessioni, che ci accompagnano nella nostra ricerca ed orientano la nostra azione.

La prima è che non sarà il commercio equo e solidale da solo a cambiare il mondo. Scontato? Certo, ma perché allora scaricare su di noi le frustrazioni derivanti dalla constatazione che Bush e Berlusconi sono ancora lì, e stanno imponendo i loro modelli culturali anche a parte di chi dovrebbe rappresentare l?alternativa sociale ed economica?



L?altra economia funziona.

Comunque sia, non ci limitiamo a constatare i nostri limiti, ma cerchiamo disperarli: è proprio perché siamo consapevoli che ?non si è felici da soli? che frequentiamo [purtroppo con scarso seguito nel mondo del Fair Trade, questo è vero] tutti gli ambiti ove possiamo incontrare chi condivide gli stessi obiettivi, per costruire e rafforzare tutti i percorsi alternativi all?attuale modello economico e sociale: dai Forum sociali [dei quali ci consideriamo dei copromotori] alle reti di economia sociale. Ed è proprio perché siamo ben consapevoli che il problema di cui ci occupiamo deriva anche da regole commerciali inique e da una cultura massificata del consumo sfrenato, che investiamo tempo e risorse su iniziative [che includono anche il contatto con istituzioni e mondo politico] su questi temi.

La seconda riflessione riguarda di più il nostro specifico: siamo convinti che tra i contributi originali che possiamo portare alla costruzione di ?un altro mondo possibile? vi sia [oltre che ovviamente il sostegno ai produttori ed all?attività di educazione/informazione svolta sul territorio dalle botteghe] il dimostrare che l?economia alternativa funziona, che elabora una qualche prassi e teoria, e che è possibile costruire modelli di imprese sociali positivi, sostenibili e permanenti. Altrimenti la nostra che avventura è?

Insomma la sostenibilità economica per il commercio equo ha di per sé un valore politico strategico, ed è determinante [oltre che per garantire un futuro di dignità a sempre pi piccoli produttori del Sud del mondo] per rendere più forte l?impatto della nostra azione politco-sociale [che si traduce anche in critica al Pil come indicatore di benessere collettivo], e di promozione del consumo critico [che si traduce anche in critica al consumismo in generale].

Quindi una gestione delle nostre cooperative [o associazioni] fatta con competenza e professionalità è un valore che il commercio equo dovrebbe perseguire con decisione e serenità [ e senza viverlo come alternativo al ruolo del volontariato, attività imprescindibile per tutto il commercio equo]. Valore applicabile, con le dovute proporzioni e calibrando le aspettative, in tutta la catena del fair Trade: sia che si tratti della Bottega di Roccapipirozza fatta tutta di volontari, che di quella posizionata nel centro storico o attiva nella grande città. Sono molte le esperienze [anche dentro Ctm altromercato, consorzio di 132 botteghe del mondo] che dimostrano come, per ottenere risultati e dare un futuro concreto ai piccoli produttori, oltre al bacino dei possibili utenti, conti moltissimo la competenza sia negli aspetti di marketing, che organizzativi, che nella promozione delle attività politico sociali ed info-educative.

Dunque il vero limite [ahimè molto presente] delle organizzazioni di commercio equo sta nel non percorrere con decisione entrambe le strade: quella economica e quella politico sociale [che include anche la discussione ed elaborazione della propria esperienza e dei propri obiettivi]. E non il perseguire anonimi modelli di consumi solo per elitès, o al contrario condannarsi all?autogratificazione della pura militanza, vivendo con disagio l?essere impresa sociale e la dimensione economica.



Ctm, numero due nel mondo

Con tutti i nostri limiti e senza pensare di avere trovato soluzioni definitive, l?esperienza di Ctm Altromercato -che, nel divenire la seconda organizzazione del Fair Trade del mondo per fatturato, ha aumentato la propria attività politica e la promozione delle botteghe del mondo sul territorio- e di altri dimostra che questo percorso è possibile, e che ci permette di mantenere autonomia, di tessere una vasta rete di alleanze, e allo stesso tempo di non perdere di vista che senza impatto concreto sui produttori del Sud del mondo [quelli che conosciamo attraverso l?importazione dei loro prodotti, e quelli che sono nelle loro stesse condizioni] forse meno agevole degli anni precedenti, mi auguro che il commercio equo sappia mantenere ad un livello proporzionato ai propri ideali la sua complessità, senza rinunciare a nessuna di quelle parti che, colo se tutte presenti e tra loro interconnesse, ne garantiscono, a mio avviso, un?identità matura e un?azione efficace.



Giorgio Dal fiume

Presidente di Ctm Altromercato

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