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Da: Coordinamento Comitati no al carbone [
mailto:gi8589pa@virgilio.it]
Inviato: lunedì 17 gennaio 2005 9.48
A: 'redazione@???'; 'info@???';
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'posta@???'; 'fmoricv@???'; 'cronaca@???';
'prioritaria@???'
Oggetto: A Civitavecchia negato il diritto dell'informazione del pubblico
sui livelli delle polveri PM 10 nonostante l'allarme lanciato dai dati
rilevati recentemente da Legambiente!!
I Medici di Civitavecchia per lAMBIENTE chiedono URLANDO perché, in questo
comprensorio, vengono lesi i diritti dei più deboli NEGANDO lobbligo
dell'informazione del pubblico sui livelli delle polveri PM 10, nonostante
l'allarme lanciato dai dati rilevati recentemente da Legambiente.
Questi giorni che i livelli di PM 10 sono elevati in molte città italiane,
la popolazione di Civitavecchia non è stata né rassicurata, né avvertita
sulla qualità dellaria.
I medici sono stati subissati da domande alle quali nessuno ha potuto
rispondere. Gli asmatici chiedevano se dovevano aumentare la quantità di
farmaci, i malati di cancro, cosi come molti cardiopatici, se fosse meglio
rimanere a casa.
Non abbiamo potuto rispondere ma, se avessimo potuto, avremmo voluto dare
dei dati sugli inquinanti rilevati da centraline di proprietà dellAgenzia
Regionale per lAmbiente!!!!
Non bisogna aver timore quando si chiede giustizia per la gente: in nome
della popolazione pubblicate questa lettera!
Medici del Comprensorio di Civitavecchia per lAmbiente e contro il Carbone.
Dr. Giovanni Ghirga
Pediatra
IN CITTÀ SI MUORE D'ARIA
Gli ultimi dati sul rapporto tra inquinamento atmosferico e salute in Italia
Di inquinamento ci si ammala
eE si muore. Questo, in estrema sintesi è il
risultato del MISA-2, un grande studio pianificato di metanalisi sugli
effetti a breve termine degli inquinanti atmosferici (CO, NO2, SO2, PM10 e
Ozono) rilevati nel periodo 1996-2002 in 15 città italiane (9 milioni di
abitanti).
Lo studio italiano MISA-2, coordinato da Annibale Biggeri, Università di
Firenze, Pierantonio Bellini, Università di Padova e Benedetto Terracini,
Università di Torino, si affianca ad altri studi europei e statunitensi dei
quali condivide la metodologia pervenendo a risultati comparabili..
Un pool di esperti distribuito nelle 15 più grandi città italiane ha stimato
il numero di decessi (per tutte le cause naturali, per cause cardiovascolari
e respiratorie) e di ricoveri ospedalieri (per cause cerebrovascolari e
respiratorie) attribuibili allinquinamento atmosferico. Si è visto così che
nel periodo in studio il PM10 (la componente dellinquinamento atmosferico
costituita di particelle con diametro inferiore a 10 micron) ha provocato
circa 900 decessi in più allanno.
Anche gli inquinanti gassosi (biossido dazoto, NO2 e monossido di carbonio,
CO) provocano un gran numero di vittime: si sono contati ogni anno circa
2.000 morti in più attribuibili allNO2 e 1.900 morti attribuibili al CO.
Rispetto allanidride solforosa (SO2), rispetto agli anni Novanta si
registra un dato positivo. La riduzione delluso del gasolio negli impianti
di riscaldamento, infatti, ha contribuito a far diminuire la concentrazione
di questo inquinante che, ora, in almeno sei città su 15, si è assestata al
di sotto del limite di rilevabilità (5 mcg/m3).
Qui però va fatta una precisazione se si vuole comprendere il senso di
queste stime dice Benedetto Terracini, direttore di
Epidemiologia&Prevenzione, uno dei coordinatori del MISA-2. A rigore,
infatti, questi inquinanti sono tutti espressione di un unico fenomeno più
complesso, linquinamento atmosferico, e sono correlati tra loro (dove cè
un contaminante, spesso cè anche laltro) cosicché è impossibile scinderne
gli effetti. In pratica, non si possono sommare i morti da PM10 con quelli
da altri inquinanti, perché ognuno di essi è solo un indicatore degli
effetti della contaminazione complessiva. Per questo motivo sono utili, ma
non sono sufficienti, i provvedimenti tesi a ridurre i singoli componenti:
linquinamento va ridotto nel suo complesso.
I risultati dello studio smentiscono, ancora una volta, che leffetto
negativo dellinquinamento atmosferico si limiti allanticipazione di pochi
giorni del decesso di soggetti già fortemente compromessi. MISA-2 mostra un
eccesso di morti statisticamente significativo che va ben al di là della
semplice anticipazione di decessi che si sarebbero verificati comunque.
Laumento di mortalità cardiovascolare si manifesta entro i 4 giorni
successivi al picco di inquinamento e, come era prevedibile, limpatto più
forte riguarda la mortalità per cause respiratorie.
Per la prima volta in Italia, lo studio MISA-2 ha potuto misurato
direttamente gli effetti del PM10 presente nellaria delle nostre città.
Negli studi precedenti si è misurato il particolato totale da cui si
riusciva solo a inferire, grazie allutilizzo di fattori di conversione, la
concentrazione delle particelle con diametro inferiore ai dieci micron.
Nello studio odierno siamo stati per la prima volta in grado di misurare
direttamente la concentrazione delle particelle PM10 spiega Biggeri. E
abbiamo così potuto confermare che, tra le 15 città esaminate, quattro
(Bologna, Genova, Milano e Torino) hanno superato il livello di 50 mcg/m3,
sono quindi ben al di sopra del limite dei 20 mcg/m3 come media annuale
stabilito dalle direttive europee che entreranno in vigore tra 5 anni.
A proposito di direttive: dai dati dello studio si ricava che, se in Italia
il limite previsto dallUnione europea (Direttiva UE 1999/30/CE, Direttiva
UE 2002/3/CE) fosse già stato rispettato, si sarebbero potuti risparmiare
tutti i morti in eccesso da PM10 (900) e due terzi dei morti da NO2 (1.400).
Ma non basta: MISA-2 offre unaltra indicazione importante. I risultati
mostrano che rispettare i limiti può non essere sufficiente: per il CO,
infatti, siamo già al di sotto dei limiti previsti dalla UE. Nonostante ciò,
di monossido di carbonio si continua ad ammalarsi e morire: se si fosse
ridotta la media giornaliera delle concentrazioni di CO di un ulteriore
mg/mc si sarebbero risparmiati più di 800 decessi annui.
MISA-2 mostra anche che limpatto sanitario dellinquinamento varia da città
a città. Il carico di morti e ricoveri è maggiore nelle sedi in cui il
traffico veicolare (specialmente da veicoli diesel) rappresenta la sorgente
principale di particelle sospese (informazione che i ricercatori desumono
dal calcolo del rapporto tra NO2/PM10).
Inoltre, in estate tutti gli inquinanti risultano più dannosi. Perché?
Difficile dirlo con certezza. Questo fenomeno è stato rilevato in tutti gli
studi americani ed europei sullinquinamento atmosferico. E possibile che
la temperatura elevata renda i singoli composti chimici più pericolosi e che
destate nelle città rimangano le persone più deboli: anziani e malati.
Infine, non va trascurato che tenendo le finestre aperte, ci si espone più a
lungo agli inquinanti atmosferici esterni.
Suggerimenti? Cè solo una direzione sensata in cui muoversi conclude
Lorenzo Simonato, dellUniversità di Padova. Occorre diminuire
drasticamente il traffico nelle città affrontando la questione della
mobilità urbana nel suo complesso. Sul fronte della ricerca, poi, occorre
allestire una rete di monitoraggio che già nella fase di progettazione tenga
conto della necessità di raccogliere dati per lo studio dei rapporti tra
inquinanti e salute: non cè ancora, infatti, una sinergia di intenti tra
tutti coloro che si occupano di misurare e di studiare gli effetti sulla
salute degli inquinanti ambientali. Inoltre, è necessario predisporre
ricerche che analizzino gli effetti non più dei singoli inquinanti, ma della
miscela che si respira ogni giorno. Perché il killer non è ancora stato
identificato, e non è nemmeno detto che sia uno. Va aggiunto infatti che il
particolato è di per sé costituito di una miscela di composti azotati e
solfatati, oltre a contenere residui carboniosi, metalli e idrocarburi
policiclici: questo spiega la correlazione rilevata tra inquinanti diversi e
complica ulteriormente le possibilità di identificare leffetto
preponderante di un singolo componente.
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