Autore: Marcantonio Data: Oggetto: [Forumlucca] L'ombra delle carceri turche
L'OMBRA DELLE CARCERI TURCHE
(pubblicato dal settimanale "La Rinascita della sinistra" del 1 Gennaio
2005)
Di Marco Santopadre
Anche i giornali progressisti, attratti dall'inizio dei negoziati per
l'adesione di Ankara all'UE, stanno occultando la realtà di un paese in
cui, nonostante le rassicurazioni dei funzionari di Bruxelles, gli
arresti
arbitrari, le sparizioni e gli omicidi extragiudiziali sono la normale
amministrazione. Gli avvocati vengono perseguitati, i familiari dei
carcerati subiscono minacce e perquisizioni corporali. La Polizia
uccide e
tortura protetta da una totale impunità.
Il governo del partito Giustizia e Sviluppo (AKP) si è affrettato a
varare
alcune riforme per rispettare i requisiti di democrazia richiesti da
Bruxelles per l'avvio delle trattative. Ma i dati del primo semestre del
2004 parlano da soli: 18 persone uccise dalle forze di sicurezza; 6
morte
nelle carceri per mancanza di cure mediche; 6 detenuti si sono dati
fuoco
per protesta e 8 si sono suicidati; due persone sono morte nei
commissariati, 27 in scontri a fuoco con la polizia; 410 casi di tortura
denunciati. Per non parlare dei mezzi d'informazione e delle
associazioni
per la difesa dei diritti umani chiusi perché accusati di attentare alla
sicurezza dello stato. Ma è nelle sue carceri che il regime turco,
dominato
dalle caste militari, mostra il suo volto più feroce.
E' da anni che i detenuti turchi e curdi protestano contro le condizioni
disumane delle carceri: centinaia di persone ammassate in pochi metri
quadrati, celle sporche, mancanza di una minima assistenza sanitaria,
abusi
sessuali ai danni delle prigioniere, impossibilità di parlare con gli
avvocati, presenza di minori, strapotere della mafia. Nel 1996 il
governo
cominciò a parlare di riforma, decidendo di costruire nuove prigioni in
cui
trasferire i detenuti politici. Ankara ha potuto contare su un
consistente
contributo economico dell'UE, che nel contempo ha certificato lo
standard
europeo delle nuove prigioni di "tipo F".
Ma i carcerati chiamano bare le celle senza finestre, con una capienza
massima di 3 persone. L'isolamento al quale vengono sottoposti i
prigionieri politici mira a spezzarne il morale, ad annullarne la
resistenza e la dignità. Oltre che a permettere alle guardie di poter
torturare indisturbate. E' questo il vero scopo della riforma: impedire
ai
prigionieri politici di avere contatti fra loro, come invece avveniva
nelle
vecchie celle comuni.
Oggi in Turchia, su 80 mila detenuti, ben 10 mila sono accusati di
terrorismo o di reati connessi alla propria militanza politica; tra di
loro
ci sono i guerriglieri curdi, ma anche migliaia di militanti delle
organizzazioni della sinistra turca, oltre a intellettuali, artisti,
giornalisti.
Il 19 ottobre 2000, per tentare di impedire il loro trasferimento nelle
nuove carceri, 816 detenuti politici della sinistra comunista turca
cominciavano uno sciopero della fame ad oltranza, fino alla morte.
Il 19 dicembre scattò l'operazione "ritorno alla vita": 10.000
poliziotti e
militari assaltavano coi bulldozer 21 prigioni nelle quali si svolgeva
il
"death fast". I prigionieri avevano minacciato di darsi fuoco, ma sono
stati i poliziotti e i militari a bruciare vivi i detenuti usando
benzina e
armi chimiche che consumano la pelle e la carne delle vittime. 32
uomini e
donne furono massacrati, gli altri vennero trasferiti a forza nelle
nuove
celle d'isolamento e sottoposti ad ogni tipo di vessazione. Eppure la
protesta è continuata.
Non basterebbe un'intera pagina de La Rinascita per riportare i nomi
delle
117 persone che dal 2000 si sono lasciate morire di fame per difendere
il
loro diritto ad essere considerati esseri umani. Ai morti occorre
aggiungere 600 ragazzi e ragazze ridotti a larve umane dalla sindrome di
Vernicke-Korsakoff contratta quando, incoscienti e legati ad un letto
d'ospedale dopo mesi di digiuno, furono sottoposti all'alimentazione
forzata da medici che hanno evitato di associare, in vena, agli
zuccheri la
vitamina B1, indispensabile per evitare la distruzione del sistema
nervoso.
Molti di loro stanno tornando nelle carceri, dopo qualche mese
trascorso a
casa o negli ospedali. "Devono scontare la loro pena, sono terroristi
pericolosi", afferma il governo.
Anche oggi, nell'indifferenza dei Governi e delle istituzioni
internazionali, la protesta nelle carceri turche continua.
Il 26 dicembre 2004, una giovane donna di 26 anni, Sergul Albayrak, in
libertà da due settimane dopo 9 anni di carcerazione per ragioni
politiche,
si è data fuoco in Piazza Taksim ad Istanbul per protestare contro il
regime di isolamento a cui è stata sottoposta.
"Non lasciate soli i nostri figli", ha chiesto il segretario di Tayad,
l'Associazione dei parenti dei prigionieri politici turchi, in visita in
Italia alla fine di dicembre. Ma chi raccoglierà il suo appello?
*** E' ricercando l'impossibile che l'uomo ha sempre realizzato il
possibile.
Coloro che si sono limitati a ciò che appariva loro come possibile, non
hanno mai avanzato di un solo passo ***