[Cerchio] guantanamo

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Autor: leonid ilijc brezhnev
Data:  
Assunto: [Cerchio] guantanamo
Jamal al Harith: ''Io cittadino inglese imprigionato e torturato a
Guantanamo”            
di  redazione
11 Jan 2005    
Nel corso di un'audizione organizzata dall'Assemblea parlamentare del 
Consiglio d'Europa, venerdì 17 dicembre 2004, a Parigi, Jamal al Harith, 
musulmano britannico detenuto per due anni senza accuse a carico, a 
Guantanamo Bay, ha dichiarato di essere stato sottoposto a "maltrattamenti 
sistematici", che secondo il diritto internazionale si possono configurare 
come "atti di tortura".
Pubblichiamo il resoconto integrale di quanto dichiarato da Jamal al Harith.


"Il mio nome è Jamal al Harith. Sono nato e cresciuto a Manchester, in
Inghilterra. Ho vissuto nel Regno Unito tutta la vita. Ho viaggiato in
Pakistan, nell’intenzione di praticare un ritiro spirituale e vi sono
arrivato il 2 ottobre del 2001. Arrivato in Pakistan mi è stato
consigliato, da persone amiche, che sarebbe stato meglio lasciare il paese
a causa dell’animosità verso i cittadini britannici".

"Questo mi è sembrato un consiglio ragionevole e quindi ho deciso di
ritornare in Europa via terra attraverso l’Iran e la Turchia su un camion.
Mentre il camion stava ancora viaggiando in Pakistan, è stato fermato da
persone che credo fossero afgani. Erano armati e hanno rapinato il camion
sotto la minaccia delle armi. Sono stato portato con la forza da questi
uomini in Afganistan. E consegnato ai Talebani. Sono stato picchiato dalle
guardie talebane e interrogato. Sono stato accusato di essere una spia
appartenente alle British Special Forces".

"Per qualche tempo sono stato tenuto in isolamento. Poco tempo dopo
l’invasione dell’Afganistan da parte degli Stati Uniti, i talebani mi hanno
trasferito in una prigione comune. Quando il governo talebano è caduto e il
nuovo governo ha preso il potere a me e ad altri prigionieri è stato detto
che eravamo liberi. Mi fu offerto aiuto per trovare un trasporto verso il
Pakistan".

"Ho rifiutato questa offerta perché pensavo che sarebbe stato più veloce e
più facile contattare l’ambasciata britannica a Kabul. Alcuni funzionari
del Comitato Internazionale della Croce Rossa (ICRC) mi dissero di rimanere
nel loro sito e si offrirono di contattare l’ambasciata britannica in modo
che questa potesse organizzare la maniera di portarmi in volo a Kabul e poi
fuori dal paese. Dopo circa un mese, di contatti con l’ambasciata
britannica, discutendo i dettagli pratici per permettermi di uscire dal
paese, le Forze Speciali Americane, sono arrivate e mi hanno interrogato".

"L’ICRC mi disse allora che mi avrebbero dato un passaggio aereo a Kabul.
Due giorni prima la data del volo, i soldati americani mi hanno detto: “Non
andrai da nessuna parte. Ti porteremo alla base aerea di Kandhar". Gli
americani più tardi mi hanno portato alla base di Kandhar. All’arrivo sono
stato picchiato, spogliato ed interrogato. Dopo mi sono stati dati dei
vestiti e sono stato imprigionato".

"Dopo un periodo di detenzione sotto custodia americana fui trasportato
alla base navale americana “Guantanamo Baj Naval Station” (Guantanamo). Fui
trasferito lì attorno l’11 febraio 2001. Prima del decollo fui ammanettato
e bendato. Mi fu messo un cappuccio, manette nelle mani e cuffie sulle
orecchie. Mi misero catene sulle gambe e sui polsi. Mi misero una visiera
sugli occhi e i lacci con i quali mi legarono erano legati così stretti che
mi penetrarono nella carne delle orecchie. Un cerotto medico, che credo
contenesse un rilassante muscolare, mi fu attaccato in fronte".

"All’arrivo a Guantanamo fui messo su una chiatta per raggiungere il campo
principale. Sulla chiatta, soldati americani, mi presero a calci, schiaffi,
pugni e gomitate sul corpo e sulla testa mentre mi dicevano: “adesso sei
proprietà del Corpo dei Marines degli Stati Uniti".

"Fui portato al campo X– Ray, il campo di prigionia per i detenuti. La
visiera e il cappuccio mi furono tolti e mi fi detto di tenere gli occhi
chiusi e non mi fu permesso di parlare e di muovermi. Fui spogliato. Fui
piazzato in una doccia. Mi tolsero le catene in modo che potessi lavarmi.
Dopo fui messo in una gabbia in filo di ferro di circa un metro e mezzo per
due. Durante la mia prigionia nelle mani dell’esercito degli Stati Uniti mi
fu negato il contatto con la mia famiglia e i miei amici. Non mi fu mai
consegnata nessuna ingiunzione e non fui mai informato di nessuna specifica
prova o accusa contro di me. Fui ripetutamente interrogato al fine di farmi
confessare atti che non ho mai commesso".

"La mia impressione era che i miei inquisitori non fossero interessati ad
ottenere la verità da me, ma che semplicemente cercassero di farmi
confessare qualcosa. Ho sempre rifiutato di farlo e ho mantenuto la mia
fiducia in me stesso e la mia innocenza durante questo periodo molto
difficile. Durante il tempo nel quale fui detenuto dalle Forze degli Stati
Uniti, fui sottoposto ad un abuso sistematico che, mi è stato detto, per la
legge internazionale, è tortura. Sono stato assalito in numerose occasioni.
Questo comprendeva essere calciato, preso a pugni e schiaffeggiato.
Inoltre, ero soggetto ad una procedura chiamata “ammanettamento corto”, in
una paurosa “posizione di stress” per diverse ore al giorno. Ciò mi ha
provocato profonde ferite nella carne che mi hanno lasciato cicatrici
permanenti sui polsi e sulle caviglie. Occasionalmente cani senza museruola
erano portati nella mia gabbia e incoraggiati ad abbaiarmi in maniera
feroce e minacciosa".

"Sono stato intenzionalmente soggetto a temperature estreme, calde e
fredde, per gran parte della mia permanenza a Guantanamo. Per lunghi
periodi della mia detenzione a Guantanamo, sono stato tenuto in una umida
gabbia ventiquattro ore al giorno con nessuna igiene e nessun accesso
regolare a materiali di pulizia. Mi è stato negato l’accesso alle
necessarie cure mediche. Sono stato ostacolato durante la pratica
religiosa. Sono stato privato del cibo. Sono stato privato di acqua
potabile adeguata. Sono stato anche privato della comunicazione con la mia
famiglia e i miei amici. Durante la notte, luci molto potenti, venivano
tenute accese rendendomi molto difficile dormire propriamente".

"Una volta alla settimana, per tre minuti, sono stato rimosso dalla mia
cella e lavato in una doccia, e dopo ricondotto alla cella. Sempre una
volta alla settimana mi erano permessi cinque minuti di ricreazione. Ma le
mie mani rimanevano legate durante la ricreazione. Durante il giorno ero
esposto all’estremo calore dato che la mia cella era esposta alla luce
solare. Il cibo che mi veniva dato da mangiare riportava date che
mostravano dai dieci ai dodici anni oltre la data di scadenza. Mi sono
state servite uova e latte in polvere scaduto, pane raffermo dal quale gran
parte della mollica sembrava essere stata tolta. Mi è stata data frutta che
era nera e lercia".

"Tutte le volte che una guardia entrava nella mia cella ero forzato ad
inginocchiarmi sul pavimento in cemento. In diverse occasioni, mentre
cercavo di pregare, venivo interrotto dalle guardie che si mettevano fuori
dalla gabbia, parlando e facendo rumore. Non mi è mai stato dato un tappeto
da preghiera. Non ho mai ricevuto una copia del corano se non dopo un mese
di detenzione a Guantanamo. Ho sentito altre persone che aderivano alla
chiamata alla preghiera e erano interrotte dalle guardie che gli ordinavano
di smettere".

"Durante i miei interrogatori ero di solito in “manette lunghe”. Questo
implicava incatenare le mie gambe usando un grande lucchetto per attaccarmi
al pavimento. La lunghezza delle catene mi costringeva a non poter stare in
piedi e rimanere in ginocchio o seduto sui talloni in mancanza di una
sedia. Le manette erano strette e questo provocava graffi e perdite di
sangue dalla pelle delle caviglie e dei polsi, o ancora cicatrici in quelle
aree. Occasionalmente i miei interrogatori potevano durare fino a quindici
ore ma la maggior parte delle volte duravano cinque o sei ore. Durante gli
interrogatori da quindici ore non avevo spazio per urinare e non potevo
fare altro che urinare sul pavimento".

"Sono stato interrogato approssimativamente dieci volte al Campo X – Ray e
circa settanta volte al Campo Delta. Principalmente da ufficiali americani,
ma in circa tre occasioni ufficiali britannici mi hanno interrogato al
Campo X – Ray e circa tredici volte al Campo Delta. In una occasione un
interrogante mi ha chiesto di ammettere di essere andato in Pakistan per
comprare droga. Questo era completamente falso ed io ho rifiutato".

"In un’altra occasione mi hanno detto che c’era una nuova legge sul
terrorismo che avrebbe permesso alle autorità di mettere la mia famiglia
per strada se io non avessi ammesso un trafficante di droga o un
combattente. In un’altra occasione mi promisero denaro, un’auto, una casa,
un lavoro se ammettevo quelle cose e acconsentivo di lavorare per gli
americani. Ho rifiutato di ammettere queste cose perché erano false".

"Quando sono stato spostato a Campo Delta sono stato messo in una gabbia di
maglia metallica che era la suddivisione di un più largo container
metallico. C’era pochissima o nessuna privacy. Le gabbie erano molto fredde
di notte. Per rendere peggiore il sistema, nei corridoi tra le celle
soffiava aria fredda di notte e calda di giorno. Questo significa che era
estremamente freddo di notte e ancor più caldo durante il giorno, rispetto
alla temperatura esterna. La gabbia nella quale ero aveva una lastra di
metallo ad altezza del petto. Questo significa che non era possibile sedere
confortevolmente sulla lastra con le gambe pendolanti senza che queste
diventassero cianotiche. In più non c’era abbastanza spazio nella gabbia
per pregare propriamente".

"A causa dei costanti lavori di ricostruzione c’erano grandi generatori
elettrici funzionanti ventiquattrore al giorno. Erano estremamente rumorosi
tutto il tempo ed era molto difficile dormire. Era così rumoroso che le
guardie usavano i tappi per le orecchie tutto il giorno. In più le luci
erano sempre accese. Mi ricordo un’occasione nella quale fui messo in
isolamento per aver rifiutato di indossare una banda al polso. In un’altra
occasione sono stato messo in isolamento per aver scritto la lettera D sul
fondo di una tazza. Avevo usato la lettera per distinguere la tazza per
bere da quello che usavo per lavare. Il blocco di isolamento era ancora più
freddo della gabbia ordinaria di notte. Era un freddo congelante dato che
l’aria veniva soffiata dal blocco per tutta la giornata".

"La cellula di isolamento era buia nel primo periodo che vi ho trascorso,
dato che le guardie dicevano che le luci erano guaste solo nella mia cella.
Intorno al Dicembre 2002 sono stato messo in isolamento una seconda volta
per aver rifiutato una iniezione. Avevo rifiutato perché loro non mi
avevano detto esattamente cosa mi volevano iniettare e per cosa fosse.
Quando ho rifiutato, mi hanno portato nella Estreme Reaction Force.
Venivano nella mia cella in armatura, elmetti e scudi. Erano cinque. Mi
picchiavano. Mi hanno forzatamente fatto l’iniezione e incatenato con le
gambe e le mani dietro la schiena lasciandomi steso sullo stomaco. I miei
polsi erano incatenati alle mie caviglie così che tutti i miei arti fossero
legati insieme sopra la mia schiena. La squadra ERF, saltava sulle mie
gambe e mi calciava e picchiava. Sono stato posto in isolamento per circa
un mese".

"Durante quel periodo sono stato privato di sapone, dentifricio,
spazzolino, asciugamani e carta igienica. In questo secondo periodo di
isolamento sono stato privato anche del Corano. Ricordo tre o quattro
occasioni nelle quali le guardie hanno usato un tubo di dimensioni
industriali per sparare forti getti d’acqua sui detenuti. A me è stato
fatto in un’occasione. La guardia camminava lungo il corridoio indirizzando
il getto su tutte le gabbie. Quando è arrivato a me, sono stato colpito
continuamente per circa un minuto. La pressione dell’acqua era così forte
da costringermi in fondo alla gabbia. Ha bagnato tutta la gabbia compreso
il letto ed il Corano".

"Mi è stato detto che sarei stato rilasciato, e questo è successo il nove
marzo 2004. Non mi è mai stata data alcuna ragione o spiegazione per la mia
detenzione o nessuna scusa per nessuna delle cose che mi sono state fatte.
Mi è rimasto un rilevante dolore intermittente alle ginocchia che penso che
derivi dal fatto di essere stato ripetutamente forzato sulle ginocchia e
schiacciato dalle guardie durante diversi momenti della mia detenzione.
Questi eventi si ripetevano quasi ogni giorno".

"Soffro anche di un continuo dolore al gomito destro. Sono anche
preoccupato sugli effetti psicologici a lungo termine. Sono stato
imprigionato a Guantanamo più di due anni. Fino al mio rilascio il nove
marzo 2004. L’ironia è che quando in Afganistan mi hanno detto che sarei
stato in custodia americana ero sollevato al punto che credevo di avere
risolto, e che sarei tornato a casa senza un grosso ritardo. So che non ho
fatto niente di sbagliato".

"Non ho mai avuto nessun tipo di problema con la legge, non ho mai
partecipato in nessun tipo di combattimento o di pianificazione o
partecipazione di nessun tipo di violenza o di comportamento terroristico".

(Traduzione in esclusiva per Reporter Associati di mazzetta)