Tutto quello che so della massa, lho imparato dalla massa. Scendendo
verso piazzale masse critiche il 27 maggio del 2004 mi chiedevo come
sarà, cosa sarà, come sarò.......Quando ho posato il cavalletto (faccio
subito auting riformista....) nel bel mezzo del gruppo di facce
conosciute, sconosciute, intraviste, immaginate, i miei polmoni hanno
captato un ritmo lento, tra il fricchettone e lo swing da flaneur
metropolitano, lo hanno colto al volo, se lo sono imposto mentre,
inarrestabile, mi saliva dentro lapnea emozionale. Non ho parlato con
nessuno, quaranta secondi, quaranta minuti, quaranta ere geologiche.
Posavo, si posavano gli occhi, sui raggi , sui volti, sulle maschere, sui
nasi rossi. Mi ricordo solo il fruscio...musicale...mi cantavo un canto
orfico nella testa...Lavorare, lavorare, lavorare?.....Preferisco il
rumore del pedale...Inebetita la massa cerebrale, i pensieri a flussi
scomposti, a momenti atterro sulla posteriore di quello/a/i davanti, a
momenti mi fermo e penso, a momenti pedalo e penso. Un momento: è questa
quella che chiamano massa?
Tutto quello che è venuto dopo, lho imparato dalla strada - ho imparato
molte strade di roma, o meglio loro si sono finalmente presentate a me,
coi loro dossi, e buche e rotaie e salite spesso nonostante la massa. Mi
è dispiaciuto, come un tradimento alla madre; mi ha fatto capire che avevo
le gambe e il cervello per capire e per fare a meno di lei, come
luccisione di un padre. Ho indossato vesti accese e strombazzato
entusiasmi lirici e imbarazzanti per tutte le masse, piccole, grandi,
improvvisate, numerose, tristi, avvinazzate, vento-piovose. Ho indossato
maschere sopra lindesiderata sensazione di una massa che non sha da
fare, questa massa è piccola per noi...troppo piccolina...
Unaltra massa è possibile?
Credo di si...semel in anno e ogni maledetto ultimo venerdì del mese...
La massa è cambiata da quel 24 maggio? Credo, ancora una volta, di si; mi
resta la sensazione di non riconoscermi nel suo movimento verso nuove
composizioni e posizioni, ma in massa scendo, per affetto, per carico di
voglie e di proposizioni, per desiderio fisico di ciclistu e ronzine.
Scendo con le tasche piene, e il cervello sgombro, spero, dei difetti
dellauto-celebrazione - tout court, tanto per farvi supporre che io abbia
studiato, se non per conferirmi unaura mittleeuropea sono qui per
rifuggire il mercato dellauto, e del petrolio, dellindividualismo e
della ramanzina. Sono qui perchè confesso che ho vissuto, sui bus, sulle
cinquecento dei neopatentati e sulle file in autostrada. Che la mamma mi
ha fatto criticu ma non ciclistu, che mi hanno regalato la prima bici a
quattro anni, tempi non sospetti, ma prematuri. Mio nonno disse la forza è
grande in questessere, ma per sicurezza non mi tolse le rotelle.
La ciemmona per me è stata fondamentale, per molte ragioni numeriche e
non. Ora la ciemmona la posso portare in dono ad altri come me, e sebbene
sappia con certezza che lameranno incodizionatamente, perchè si sa, ad un
sogno donato non si guarda in bocca, voglio puntare al massimo, voglio
donare più di quello che ho ricevuto. Non solo in termini di numeri, ma di
vissuti, di consapevolezze, di esperienze.
Se consegnerò-emo a tuttu noi e tuttu loru ciclistu la stessa ciemmona
dellanno scorso, sarà bello uguale fratellini e sorelline del pedale, ma
sarà sempre meno bello.
Perchè di masse ne verranno e ciemmine e ciemmone.