[Lecce-sf] Don Ciotti su Vendola

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Author: Alessandro Presicce
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Subject: [Lecce-sf] Don Ciotti su Vendola
Lettera aperta scritta da Don Luigi Ciotti il 6 novembre 2004

Pubblicata da Repubblica e Liberazione

LA PUGLIA HA BISOGNO DI NICHI VENDOLA
Caro Nichi,

so che ti hanno chiesto di essere il candidato del centrosinistra nelle elezioni per la presidenza della tua Regione, quella terra di Puglia che tanto ami e tanto, da sempre, difendi e rappresenti con tenacia, rigore e coraggio nel tuo impegno politico e parlamentare, sociale e civile.

So che hai tutti i numeri per diventare un grande presidente di quella Regione, al di là dei risultati elettorali che pure - sono certo - premieranno la tua storia e coerenza. Come già è stato evidente con le tantissime preferenze da te ottenute nelle scorse consultazioni europee.

Ma - se posso permettermi - sono contento che tu, nonostante quel vasto consenso, non sia andato come deputato a Strasburgo. Per quanto l'Europa sia, da tempo e in misura sempre maggiore, uno dei fronti e punti centrali della sfida per costruire un'Unione più forte e coesa ma anche diversa (un'Europa dei popoli, dei più deboli, del lavoro, della giustizia sociale, dei giovani e, ancor prima, della pace e non solo quella delle monete e dei poteri forti; un'Europa motore e soggetto di una globalizzazione dei diritti e non solo delle economie), so che quel Sud che tanto ami e conosci ha molto bisogno di quell?attenzione e passione che ti contraddistingue.

La necessità di confrontarsi e incidere sui processi transnazionali e globali non è per nulla alternativa al radicamento e valorizzazione del locale, non fa venire meno la rilevanza e capacità di interazione col singolo territorio. Anzi, vale sempre di più quella massima del pensiero ecologista (molto citata ma poco applicata) che sottolinea l'importanza del pensare globalmente e agire localmente.La Regione Puglia è un territorio vasto e centrale per rilanciare e ripensare una politica capace di governare e non solo di gestire, di progettare e non solo di amministrare, di innovare senza smarrire culture, radici e identità.

Penso, naturalmente, alle grandi questioni del lavoro e dell'occupazione, così come a quelle dell'ambiente e dei servizi sociali e sanitari, delle politiche di sviluppo e di rilancio industriale, dell'agricoltura e della gestione del territorio. Ma penso anche a uno dei temi che più ti stanno a cuore e sul quale spesso abbiamo avuto modo di discutere e collaborare: la questione delle mafie e dell'impegno per la legalità. So che il tuo storico impegno in questa direzione, anche di recente, ti è costato minacce e tentativi di intimidazione. Episodi che, diversamente, non hanno prodotto altro effetto che quello di aumentare se possibile la tua determinazione. Ho riletto in questi giorni una tua riflessione: «Non si è solo abbassata la guardia: c'è di più e di peggio: una certa antimafia, fatta di celebrazioni retoriche e di paladini solitari, fatta di emergenze giudiziarie e di contrasto militare è giunta davvero al capolinea: oggi c'è come una cupa vacanza e dunque può tornare in campo la "zona grigia" e lo spazio della mediazione.

E noi ci sentiamo come i gamberi che camminano all'indietro, invece di procedere speditamente verso quel tempo nuovo in cui si potrà mordere la radice economico-finanziaria del potere mafioso, in cui si potrà contrastare un sistema capillare e organico di alleanze e di copertura, in cui si avrà voglia di mettere in opera una radicale bonifica sociale. Oggi purtroppo è di scena l'antimafia del gambero». E mi pare straordinaria la tua capacità di leggere e indicare i nodi cruciali, la lungimiranza delle tue analisi. Questa tua frase è del giugno 2000, ma potrebbe essere stata scritta ieri per quanto è esatta e puntuale nel descrivere le necessità che abbiamo davanti e le storture che ci portiamo dietro.

Qualcuno vorrebbe costringerci tutti al passo del gambero. Su questo drammatico problema, ma anche su tanti altri, dove egualmente ti sei sinora speso con dedizione e competenza: anzitutto quello dei diritti della persona, del rispetto delle diversità. Anche su questi fronti hai riscosso qualche insulto e minaccia dai tuoi avversari. Piccoli, per quanto amari, segni di piccoli uomini che fanno una bassa politica. A dispetto di ciò, il tuo impegno ti ha conquistato la ben più ampia e significativa stima e affetto di tantissime persone. Persone anche lontane dalle tue appartenenze politiche, laiche e cattoliche, di differente orientamento culturale e collocazione sociale. E questo mi pare indicativo e prezioso, perché testimonia di quanto vi siano valori e riferimenti che vanno oltre la stretta appartenenza politica.

Ma che, allo stesso tempo, sanno traversare la politica, facendola diventare contenuto e non immagine, programma e non solo schieramento, strumento di cambiamento e non di arroccamento. Una politica che è, senza retorica, servizio agli altri. È quella stessa che anima le tue parole e scelte. Una politica che sa costruire, garantire con pluralismo ed equilibrio gli interessi diffusi, i diritti di tutti e il rispetto delle regole ma, quando serve, anche non stare zitta. Una politica che, quando è necessario, sa mettere "il dito nell'occhio", per usare il titolo della rubrica che per anni hai curato su un quotidiano. Cioè sa invitare a guardare la realtà anche quando è scomoda, sa denunciare ingiustizie, limiti ed errori perché solo avendone consapevolezza si può contribuire a cambiarli e correggerli.

C'è una politica, lo sappiamo, che preferisce invece chiudere gli occhi, fingere che tutto vada bene, che vorrebbe non essere "disturbata" dai cittadini, dalla società civile, da un'informazione libera, pluralista e attenta. È una politica di plastica, che si fonda su immagini stereotipate, che alimenta consumi e falsi bisogni per distogliere dai problemi reali, che somiglia alla pubblicità perché non sa e non vuole essere servizio e passione civile. Il dito nell'occhio che spesso le tue parole e il tuo impegno hanno saputo essere sono un prezioso contributo al sogno di un mondo, una società, una politica migliore e diversa. Un sogno necessario e possibile, che tutti dobbiamo costruire, mattone dopo mattone, con costanza e umiltà. Un sogno che deve avere nella strada un proprio segno e riferimento caratterizzante.

E non dimentico che ti ho conosciuto, tanti anni fa, proprio in uno dei momenti di formazione organizzati dall'Università della Strada del Gruppo Abele. La strada significa appunto attenzione ai più deboli, significa sporcarsi le mani con la realtà, anche se dura e scomoda, confrontarsi con le contraddizioni, pur se aspre; significa mettere al centro la persona, con i suoi limiti e bisogni, e con i propri insopprimibili diritti. Un sogno da fare assieme e a occhi aperti. Perché, come diceva un altro grande amico di quella meravigliosa terra di Puglia, don Tonino Bello, i sogni diurni si realizzano sempre. Il mio piccolo sogno e augurio allora è che quella Regione possa averti quale Presidente. Ne hai tutti i numeri.




don Luigi Ciotti


Presidente di Libera e del Gruppo Abele

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