Autore: massimiliano.piacentini@tin.it Data: Oggetto: [Forumlucca] storiella d'Italia secondo Vespa
Intervengo nel dibattito innescato da G. Quilici e da Alessio con una "chicca"
che riguarda Bruno Vespa...
La lettera che segue è tratta da "L'Unità" del 28 dicembre e dovrebbe far
riflettere i rappresentanti (tutti) delle forze di sinistra che fanno a
gara per siedersi nel suo "salotto"...
massimiliano
La verità su via Rasella secondo Vespa
da L'Unità
Egregio Direttore,
non ho ricevuto alcuna lettera da Rosario Bentivegna se non l?oltraggiosa
intervista pubblicata da l?Unità a proposito di quanto scrivo nel mio libro
sull?attentato di via Rasella. Attribuirmi la divulgazione di «verità fasciste»
è un insulto che restituisco al mittente. Sono infatti passati i tempi in
cui l?unica verità accreditata su quei tragici anni era quella «comunista».
Non ho naturalmente una sola riga da ritrattare. Al contrario di quanto
fanno gli storici amici di questo giornale, che hanno sempre dato una sola,
univoca interpretazione dei fatti relativi alla Resistenza, nel mio libro
si riporta correttamente anche la versione fornita da Bentivegna, che disse
di aver saputo dell?esecuzione delle Ardeatine solo a cose avvenute... La
questione dei manifesti è molto ambigua. Ma è molto imbarazzante che il
gappista vi si nasconda dietro. Perché ha fatto quell?inutile attentato
due mesi dopo che gli americani erano entrati ad Anzio? Pensava che i tedeschi
avrebbero risposto con dei mazzi di fiori? Pensava che la sua azione avrebbe
«cacciato gli occupanti», come si ostina a ripetere all?Unità? Questo non
toglie ovviamente nulla all?orrore incancellabile delle Ardeatine, ma non
si può dimenticare che l?attentato di via Rasella divise anche il mondo
comunista. Nella sua «Storia dell?Italia partigiana», Giorgio Bocca parla
di «autolesionismo premeditato». Vedo che Bentivegna, invece di avere qualche
sano dubbio senile, non ha mutato atteggiamento, visto, - mi par di capire
tra le righe - che difende ancora l?assassinio di Gentile.
Per quanto riguarda il dissenso da via Rasella di De Gasperi - e non solo
- ne ho chiesto conferma ad Andreotti dopo la pubblicazione dell?intervista
di Bentivegna e Andreotti ha ricordato pubblicamente, alla presentazione
del mio libro, di aver annotato quell?esplicito dissenso in una sua pagina
di diario. Bentivegna ne prenda finalmente atto.
Bruno Vespa
Sono io ad aver raccolto l?intervista con il partigiano Rosario Bentivegna,
in merito al libro di Bruno Vespa, per le pagine in cui parla dell'attacco
militare di via Rasella e delle Fosse Ardeatine.
Per questo mi sento chiamato in causa e vorrei porgere ai lettori qualche
osservazione. Certamente Vespa è libero di pensarla come vuole, ma quando
parla di «verità comuniste» sulla Resistenza, per non essere solo insultante,
non può certo dimenticare che furono tanti i comunisti che morirono alle
Fosse Ardeatine. Tanti altri furono torturati in via Tasso e altri ancora
massacrati durante le Quattro giornate di Napoli, a Milano, a Marzabotto,
a Torino, a Genova, a Firenze. Attenzione Vespa: quei comunisti pagarono,
dunque, un altissimo prezzo per la libertà della quale anche lei gode, forse
con qualche esagerazione. Si batterono per la democrazia e la libertà, insieme
ai partigiani cattolici, a quelli di «Giustizia e Libertà», ai socialisti,
ai repubblicani, ai democristiani, ai soldati e ufficial dell?esercito e
dei carabinieri e perfino ai monarchici. Dunque, davvero più di rispetto
per i comunisti italiani.
La questione dei manifesti-appello per invitare i gappisti di Roma a presentarsi
ai comandi nazisti per evitare la strage delle Ardeatine, è una tipica menzogna
fascista che va avanti da anni. Basterebbe aver letto gli atti del processo
a Herbert Kappler, il capo della polizia nazista di Roma e condannato per
il massacro dei 335 italiani, per rendersi conto che si tratta di una bugia.
Io ho letto quegli atti e ho pianto come un bambino leggendo gli ultimi
bigliettini di quei martiri alle famiglie. Ecco che cosa risulta. Il 18
novembre del 1946, una corte inglese processa, a Roma, i generali Kurt Maeltzer
ed Eberhard Von Mackensen. Il 25 novembre viene ascoltato anche Albert Kesselring,
comandante delle forze tedesche nell?Italia del Sud. Conducono l?interrogatorio
due accusatori inglesi: il dottor Christ e il colonnello Kalse. Ad un certo
punto chiedono a Kesselring, a proposito di via Rasella e delle Ardeatine:
«Faceste qualche appello alla popolazione romana o ai responsabili dell'attentato
prima di ordinare la rappresaglia?». L?alto ufficiale risponde: «Prima no».
Gli interroganti inglesi chiedono ancora: «Ma voi avreste potuto dire: ?Se
la popolazione romana non consegna entro un dato termine il responsabile
dell?attentato fucilerò dieci romani per ogni tedesco ucciso?». Risponde
Kesselring: «Ora, in tempi tranquilli, dopo tre anni passati, devo dire
che l?idea sarebbe stata molto buona». Gli inglesi insistono di nuovo: «Ma
non lo faceste?». La risposta è secca e lapidaria: «No, non lo feci».
Poi viene interrogato Eberhard von Mackensen, comandante della XIV armata
e secondo solo a Kesserling nel Sud italiano. L?alto ufficiale afferma,
dopo aver raccontato della situazione militare in Italia: «Infine io sono
convinto di quanto segue: coloro che furono liquidati sarebbero stati in
ogni caso liquidati dalle SS, ci fosse stato o non ci fosse stato l?attentato
della bomba. Io non potevo cambiare questo». Vediamo ancora il resto.
Vespa dimentica che non solo Bentivegna e gli altri combattenti italiani,
ma anche i partigiani francesi, polacchi, sovietici, jugoslavi, albanesi,
svedesi, belgi, norvegesi e persino gli oppositori tedeschi di Hitler, non
aspettarono di essere liberati da qualcuno, ma passarono subito alla lotta
antifascista e antinazista, pur sapendo che i nemici non avrebbero reagito
con i fiori. Vespa, dunque, dovrebbe prendersela con i resistenti di tutta
Europa che, con grande coraggio, affrontarono il nemico occupante facendosi
decimare, senza aspettare un giorno di più. Ora sappiamo almeno che Vespa,
in quella stessa situazione, sarebbe rimasto buono, in attesa degli eventi.
In quanto a De Gasperi, bisogna ricordare che il presidente del Consiglio,
al tavolo della pace, rivendicò all?Italia l?onore della Resistenza e quello
ai partigiani di aver combattutto, con eroismo, contro gli occupanti nazisti.
Non sarà stato d?accordo con via Rasella, ma gli atti di concessione delle
medaglie ai gappisti romani, portano proprio la sua firma.
Bruno Vespa parla anche di «mondo comunista diviso» e cita il libro di Giorgio
Bocca. È davvero un po? ?grossier? definire Bocca un comunista. Lo avesse
detto Berlusconi...