Autore: Gabriele Focosi Data: Oggetto: [Forumlucca] NUOVI INTERROGATIVI SUL 'CASO BIRMANO'
MYANMAR 2/1/2005 7:08 - Agenzia MISNA
DOPO MAREMOTO: NUOVI INTERROGATIVI SUL 'CASO BIRMANO'
Gli appassionati di immersioni subacquee che si recano a Phukhet in
Thailandia e vogliono vedere gli squali, spendendo circa 150 euro al giorno
possono a volte noleggiare unimbarcazione e, restando in mare circa una
settimana, andare a immergersi nelle acque birmane delle isole Mieik ovvero
Mergui, un arcipelago praticamente inesplorato. Qualcuno, denaro e molte
altre cose permettendo, a volte lo fa. Non in questi giorni. Larcipelago,
800 isole allungate per 400 chilometri nel mare delle Andamane, lungo la
penisola che a ovest è del Myanmar e ad est è tailandese, è certamente tra
le aree di confine che la giunta militare di Yangon ha chiuso al transito
di chicchessia meno eventuali forze militari o di sicurezza. Completamente
interdette agli stranieri per mezzo secolo, le Mergui erano state aperte da
poco al turismo e costituiscono uno dei pochi paradisi naturali quasi del
tutto sconosciuti. Pur non essendo molto abitate, e pur essendo state in
parte protette dallo tsunami del 26 dicembre dalle 572 isole Andamane, di
quel che è accaduto in questa appendice del Myanmar nulla è noto.
Ugualmente nulla è noto sulle isole Coco, in cui dal principio degli Anni
90 esistono, a quanto se ne sa, significative installazioni militari della
Repubblica Popolare cinese. Un giornalista inglese, Damien McElroy del
Telegraph, dopo aver fatto una serie di tentativi sulla terraferma, nella
lingua più meridionale di terra birmana, a Kra Buri ha trovato pescatori
che gli hanno riferito di grandi devastazioni e, stando al suo reportage,
gli hanno detto: Il governo mente quando parla di poche vittime. Molte
case sono state fatte a pezzi dalla grande ondata. Testimonianze simili
sono state raccolte da McElroy anche a Palao Ton Ton e nei pressi di
Kawthaung, prima di essere respinto dai militari e di ottenere che un
pescatore gli facesse compiere un breve viaggio lungo la costa. Il governo,
dopo una prima stima di 36 vittime, è giunto fino a 90, ma secondo quel che
un anonimo operatore umanitario avrebbe detto a McElroy, nelle primitive
isole birmane e lungo le coste meridionali del Myanmar, le vittime potrebbe
forse essere contate a migliaia. Vero o non vero, di fronte a sciagure e
misteri di questa portata, diventa urgente e indispensabile far sì che il
regime militare di Yangon non diffonda soltanto scarni e non controllabili
comunicati ma permetta controlli anche su zone a quanto pare militarizzate
come le isole Coco su cui non si può neanche volare perché lo spazio
aereo è chiuso e almeno in questo caso consenta al resto del mondo di
sapere che cosa è davvero accaduto. Il dottor Soe Lwin Nyein, vice
direttore di un dipartimento del ministero birmano della Sanità, ha detto
al telefono a un giornalista che le isole Coco non hanno subito grandi
danni ma non ha aggiunto precisazioni. Mergui o Coco, pescatori o militari,
numero delle vittime a parte, tra isole misteriose e zone costiere
meridionali possono esserci migliaia di persone bisognose di grande aiuto;
basterebbe un po di apertura, di voglia di dialogo, e la comunità
internazionale potrebbe essere dassistenza anche in Myanmar, esattamente
come lo è in tutte le zone colpite.[MB]