[NuovoLaboratorio] Lavor oRepubblica: articoli sulla Diaz

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Autore: antonio bruno
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Oggetto: [NuovoLaboratorio] Lavor oRepubblica: articoli sulla Diaz
Lavoro Repubblica

I PROCESSI DEL G8
Il rinvio a giudizio porta a galla le diverse storie dei 93 no global
sorpresi dall´attacco notturno alla scuola
Processo a violenze indimenticabili
Diaz, parlano le vittime del blitz e ricordano le fasi dell´irruzione


Il giornalista britannico pestato: "Tornerò in Italia per il processo Non
posso scordare"
MASSIMO CALANDRI
MARCO PREVE



Diciamo che non sarà il massimo della cavalleria, ma in questa storia della
Diaz la buona creanza non è mai stata di casa, né nella sostanza né nella
forma. Quindi, se a dirti che il rinvio a giudizio di 28 poliziotti sarà il
suo miglior regalo di Natale, è uno che nella notte della Diaz ci ha
rimesso l´integrità della testa e dei polmoni, parecchio maltrattati da
anfibi e manganelli, diciamo che il galateo possiamo metterlo da parte.
Mark Covell, giornalista indipendente britannico è stato il primo dei 93
pestati della notte cilena del G8. Stava per oltrepassare i cancelli della
scuola quando venne colpito senza pietà. E dopo di lui tutti gli altri. «It
will be a wonderful christmas», dice al telefono da Londra e aggiunge:
«Tornerò in Italia quando inizierà il processo. Non posso dimenticare quei
giorni. Con gli altri ragazzi di quella notte ci sentiamo spesso, in
particolare con qualche tedesco e un´americana. Siamo diventati una specie
di club, anche se sarebbe meglio non averli certi ricordi».
Steffen Sibbler, 26 anni di Berlino è più pacato ma non per questo
accondiscendente: «Non potrò mai dimenticare le 100 ore terribili
cominciate con la Diaz, proseguite in ospedale e concluse nell´inferno di
Bolzaneto. Ho fiducia nella giustizia italiana perché non era scontato che
i 287 funzionari venissero processati e credo non lo sarebbe stato neppure
in Germania. Credo che i giudici genovesi siano stati molto attenti a
scegliere le imputazioni per ottenere successo. Avrebbero forse potuto
contestare il tentato omicidio ma forse non avrebbero ottenuto lo stesso
risultato. Non ho nulla contro l´Italia e tornerò per il processo, ma non
chiedetemi di avere troppa fiducia nel sistema di polizia».
«C´era molta attesa qui in Germania per il processo - spiega Eva
Lindenmayer, l´avvocato berlinese che assiste i giovani tedeschi reduci
della Diaz - Speravamo in questo esito ma non c´era garanzia. L´accusa si è
mossa in modo cauto e ha avuto ragione. Molti dei ragazzi di quella notte
porteranno per sempre i segni dei pestaggi. Chi denti saltati via, chi ossa
rotte, chi lesioni ad organi importanti, chi ferite psicologiche».
Daniel Albrecht Thomas, studente di scienze politiche e violoncellista per
passione tornerà anche lui per il processo anche se nelle orecchie gli
riecheggia ancor ala parola che sentì ripetere in continuazione dai
poliziotti che pestavano lui e i suoi amici: bastardi. «Il ricordo -
racconta - è molto semplice: stavamo dormendo, sono arrivati e ci hanno
pestati senza pietà, con un accanimento brutale. Non capisco l´italiano ma
ricordo benissimo la parola che ci urlavano mentre ci colpivano:
"bastardi". Credo sia importante essere qui per questo processo. Bisogna
punire una violenza che posso definire solo in un modo: fascista».
Se queste sono le voci delle vittime, ieri molteplici sono stati i commenti
politici alla decisione del giudice Faraggi.
Una sorta di botta e risposta continuato, con la destra schierata a fianco
dei poliziotti imputati e Rifondazione e i Verdi impegnati a riproporre la
questione delle "responsabilità politiche". Pietro Folena, Ds, ha
riproposto la necessità di istituire una commissione parlamentare
d´inchiesta sui fatti del G8.
Diametralmente opposto il commento del ministro Maurizio Gasparri: «Esprimo
- dice - solidarietà ai 28 agenti della Polizia. Quelli furono giorni
terribili e nella città furono compiute azioni di guerriglia contrarie ad
ogni forma di democrazia. Ho fiducia nella magistratura e sul lavoro dei
magistrati». Posizione analoga espressa dal vicepresidente della Regione
Gianni Plinio, anche lui di An e dal vicepresidente del partito Ignazio La
Russa.
Chiude il sindaco Giuseppe Pericu: «Come in altre fasi dei processi che
hanno fatto seguito alle vicende del G8 ribadisco la mia piena fiducia
nell´operato della magistratura»

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´amministrazione ha questa facoltà, ma potrebbe fare un´altra scelta
Gli agenti a rischio sospensione


Dove sono finiti gli uomini-chiave della vicenda: molti di loro sono stati
promossi




SOSPENDERE dal servizio i super-poliziotti e gli agenti rinviati a
giudizio? La pubblica amministrazione avrebbe la facoltà di farlo, ma può
benissimo scegliere di trattenere i suoi uomini e convenientemente cambiare
loro incarico. Ed è proprio quel che è successo al Ministero dell´Interno.
Con l´aggiunta che gli imputati sono stati addirittura promossi. Così il
vice-questore Francesco Gratteri, all´epoca del G8 capo dello Sco, è oggi
al vertice dell´Antiterrorismo. Accanto a lui siede Giovanni Luperi, che
nel 2001 comandava l´Ucigos e oggi è anche il dirigente della task force
europea sull´eversione. Spartaco Mortola, già capo della Digos genovese, fa
il questore vicario ad Alessandria. Gilberto Caldarozzi resta in pratica il
numero 2 dello Sco. Vincenzo Canterini, capo della Celere romana che guidò
irruzione nella Diaz, frequenta un corso speciale e tra poco sarà questore.
Gli altri che saranno processati il prossimo 6 aprile sono: Filippo Ferri,
ex capo della squadra mobile di La Spezia ed oggi a Firenze; Fabio
Ciccimarra, un altro vice-questore; Nando Dominici, che a Genova guidava la
mobile e ora è in servizio a Brescia in qualità di vicario; Carlo Di Sarro,
prima funzionario Digos poi dirigente del commissariato di Nervi; Massimo
Mazzoni; Renzo Cerchi; Davide Di Novi; Michelangelo Fournier, già braccio
destro di Canterini; Fabrizio Basili; Ciro Tucci; Carlo Lucaroni; Emiliano
Zaccaria; Angelo Cenni; Fabrizio Ledoti; Pietro Stranieri; Vincenzo
Compagnone; Massimo Nucera; Maurizio Panzieri; Pietro Troiani; Michele
Burgio; Salvatore Gava; Alfredo Fabbrocini; Luigi Fazio. Dall´elenco manca
uno degli indagati, Massimiliano De Bernardini, vittima l´estate scorsa di
un grave incidente stradale, in coma farmacologico: la sua posizione è
stata stralciata.

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Davanti alla scuola "ferita" tre anni e cinque mesi fa: chi non sa, chi non
ricorda, chi condanna
In aula un ricordo troppo difficile "Che massacro, non parliamone più"


Un giorno come un altro alla "Pertini": nella palestra del pestaggio si gioca
Studenti e prof di fronte alla notizia del rinvio a giudizio dei 28
poliziotti
RAFFAELLA GRIGGI



Ore 13 in via Cesare Battisti: alla campanella dal portone della «Scuola
Diaz» (oggi istituto polivalente Sandro Pertini), ritinteggiato e senza più
impalcature, escono a frotte le prime, le seconde, le terze classi.
La sigaretta accesa di qualcuno, il casco già in testa, i baci di due
fidanzatini. Un giorno come tanti per gli studenti. La porta della palestra
è spalancata, c´è caldo: le uniche voci sono quelle di una partitella a
pallavolo, il fischio di una ragazza arbitro nell´ora di ginnastica fa
litigare. Tre anni e cinque mesi fa su quel parquet fu il finimondo,
l´inferno. Ora a mala pena si ricorda. Proprio ieri, sulla notte del blitz
da parte delle forze dell´ordine, è arrivato il primo verdetto: 28
poliziotti sono stati rinviati a giudizio. Ma qui, tra i corridoi della
scuola, la segatura fresca sembra aver portato via tutto. Anche la
percezione di frequentare ogni giorno uno degli istituti d´Italia più
conosciuti dopo il G8. «Qui non gira più la voce di questa storia» ammette
Claudia, quarta B, all´epoca una «primina». Jeans e scarpe sportive, un
terzetto vestito uno uguale all´altro si trincera dietro a un «non
c´eravamo ancora». «Ricordo ben poco» precisa subito Andrea per tagliare
corto. «Il giornale l´avrai letto?» gli risponde l´amico. «Sì, vabbè, bel
casino eh?».
Bel casino sì. È una mattina come tante altre all´uscita. È anche la
mattina in cui si sono frantumati uno dopo l´altro i pretesti dei massimi
dirigenti dell´ordine pubblico. Dalla sassaiola, alla fantomatica
coltellata all´ex agente del Reparto Mobile, al «rastrellamento» nelle
aule: sembrano passati decenni. «È stato un massacro», dice con candore una
biondina, con sciarpona colorata al collo, allora quattordicenne. «Abbiamo
perso il contatto con il discorso. Non se ne parla più. Né con i prof né
tra di noi. Sono stati rinviati a giudizio?». Per lei vale già una condanna
definitiva: «Bene era giusto così, ci hanno messo anche troppo tempo per
arrivarci, ma alla fine si salveranno». Senza mai nominare le parti ma
segnando le differenze. La scritta manifesto di Martin Luther King sullo
zainetto «I have a dream», la dice lunga. E aggiunge: «A livello
giudiziario è difficile seguire tutte le tappe. All´inizio forse erano
tutti più interessati, anche perché in palestra c´erano ancora i segni di
ciò che successe quella notte».
Meno coinvolta Giulia. Ricorda di «essere stata già in Sardegna nel luglio
2001», e alla compagna che sale dietro sullo scooter, «non interessa
l´argomento». Aria da pacifista Lavinia teorizza la pratica della
«disobbedienza civile» e accoglie la sentenza del gup Daniela Faraggi di
buon grado: «Ogni tanto la giustizia fa il suo corso». A quel periodo, in
generale sono legate altre questioni. Vaghe. Quasi fantastiche. «Raga, non
si fa ginnastica oggi», ricorda uno studente. C´erano ancora macchie di
sangue sui caloriferi. «Molti di noi diedero una mano di bianco dove c´era
ancora sporco».
La scuola della vergogna e dei manganelli oggi è questa. Questa, dei
docenti con poca voglia di tornare sulla pagina più nera vissuta da una
scuola; questa, del prof di musica convinto che «inizialmente ci fosse più
sensibilità e coinvolgimento». L´istituto identificato come quello degli
orrori e degli abusi («Per un po´ di tempo ha affrontato con i ragazzi una
riflessione sull´episodio specifico e sul mondo» dice lo stesso
insegnante), ma il tourbillon di inchieste, condanne e assoluzioni dal 2001
«hanno allentato la discussione interna». Si va avanti.
«Non se ne parla proprio - gli fa eco un docente di Scienze sociali - C´è
una dimenticanza generale, forse perché si cerca di rimuovere. Ricordo che
avevamo anche paura di un calo di iscrizioni. Sono stati rinviati a
giudizio 28 poliziotti? Non lo sapevo ancora».
Domani (oggi) ci sarà qualcosa di cui parlare. Forse.


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"Eppure il vento soffia ancora...."

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sito Comitato Verità e Giustizia per Genova www.veritagiustizia.it, con
aggiornata rassegna stampa.
Vogliamo aiutare le vittime della violenza delle forze dell'ordine a Genova
(luglio 2001).
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Genova
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