[NuovoLaboratorio] acquasola la favola delle zollature

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Aihe: [NuovoLaboratorio] acquasola la favola delle zollature
dalla rivista di pro natura ottobre-dicembre 2004

IL DESTINO DELL'ACQUASOLA
Enrico MARTINI


I Genovesi, e forse anche tanti altri liguri, sanno che è in atto una battaglia tra il Comune e le Associazioni ambientaliste a proposito della destinazione futura del Parco dell'Acquasola, una zona verde immediatamente sovrastante il Centro storico, assai fruita dai cittadini ed in particolare da mamme e bambini: Una decisione pianificatoria comunale ha portato alla scelta di realizzaré un grande parcheggio interrato, su tre piani, sotto questo Parco pubblico:
Premetto che so benissimo che la disponibilita di parcheggi .nel.,ce~tro cittadino (ed ormai quasi in tutta Genova) e irnsoria rispetto alle ésigenze dei . genóvesì e che questo limite aumenta énormemente Io stress in cui giacciono costantemente i proprietari di automobili. Premettó che da mezzo secolo sono apriòristicamente a favore del mezzo pubblico; però, visto che ún'autómóbilè (almeno una) 1'abbiamo quasi tutti, da qualche parte dobbiamo pure metterla (non dico di utilizzarla quotidianamente: impieghiamo il più possibile autobus e treni) .
Non sono in grado di discutere con cognizione di causa il progetto relativo alla costruzione del parcheggio all'Acquasola: non ho avuto il tempó di documentarmi sull'argomento. Mi limito a giudicare due aspetti, a proposito dei quali ritengo di possedere un minimo di competenza.
Alcune decine di alberi (soprattutto annosi platani) dovrebbero essere tagliati e sostituiti; altri verrebbero privati della quasi totalità dell'apparato radicale ed insediati in recipienti di cemento, in attesa di essere reinseriti nel terreno (la pratica viene definita "zollatura").
Preliminarmente ritengo che pianificare significhi identificare la reale vocazione di un territorio e tendere, nei limiti del possibile, a privilegiarla. A mio avviso è sufficiente guardare una foto aerea del centro di Genova: balza agli occhi un Centro storico formato da miriadi di case, senza la minima traccia di verde arboreo; la densità è paragonabile a quella di certi formicai umani dell'Asia sudorientale: 27000 abitanti per km, cui vanno aggiunti coloro che, certo numerosissimi, sono privi di permesso di soggiorno nel nostro Paese. Subito a monte 1'Acquasola. Mi sembra evidente ch:e la vocazione primaria di questo Parco sia quella di area verde al servizio dei genovesi e, in primo luogo, degli abitanti del Centro storico.
II fatto che la soletta di cemento armato che dovrebbe fungere da tetto del parcheggio venga disposta a circa un metro e rnezzo sotto il livello del suolo, non mi dà alcuna garanzia che, col tempo, cresciuti i nuovi alberi, questi possano pervenire, con le loro radici, ad una profondità sufficiente a garantire un'adeguata resistenza ai colpi di vento: a mio avviso si correrà il rischio di trovarsi un .primo albero che, sradicandosi, ne abbatterà altri con un effetto tipo birilli del bowling.
Il secondo aspetto negativo riguarda le cosiddette zollature.
È noto che I'apparato radicale di una pianta ha un duplice compito: ancorarla al suolo e succhiare dal terreno acqua e sali minerali in essa disciolti (la cosiddétta linfa grezza "): Se. vogliamo, a grandi linee;. individuare la distanza a cui si spinge 1'apparato radicale di un albero dal tronco, dobbiamo proiettare la ;chioma;dell'albero verticalmente sul terreno, quindi spostarci all'esterno della linea così ottenuta.
Mi spiego con un esempio:. immaginiamo che la proiezione sul terreno di meta del perimetro della chioma di un grandé platano corrisponda ad una semicirconferenza di 15 metri; le radici, con tutta probabilità arrivano ad un'ulteriore distanza di 3-5 metri, 18-20 in tutto, metro più metro meno: è questo, all'incirca, il raggio dell'apparato radicale del grande albero che abbiamo considerato. Se preferite parlare di diametro, diciamo rispettivamente 30 e 35-40 metri circa.
Owiamente si tratta di un discorso .estremamente grossolano: certe specie hanno~un apparato radicale più sviluppato di altre e viceversa; se la roccia è superficiale, le radici, non potenclo addentrarsi in profondità, saranno libere di spingersi oltre questa distanza. Immaginando che proprio questa sia 1'opportunità di cui potrebbero fruire gli esemplari messi a dimora al posto di quelli tagliati, nutro molti dubbi che 1"`allungamento" in superficie degli apparati radicali potrebbe sostituire adeguatamente 1'approfondimento nel terreno delle radici e garantire un'adeguata resistenza ai forti venti che travagliano Genova con grande regolarità.
Esistono macchinari di dimensioni giganti, grazie aí quali si possono spostare zolle di molti metri di lato, ma non li possediamo, e d'altronde Parchi e viali '~ alberati di Genova non offrirebbero spazi sufficienti o pendenze idonee per impiegarli (oltre al fatto che sono estremamente costosi, e il Comune, con questi chiari di luna ...).
Con la zollatura, noi al massimo possiamo tagliare le radici alla distanza di un metro e mezzo o due dall'asse centrale del tronco di un albero; di fatto escluderemmo non solo le parti periferiche dell'apparato radicale, quelle: succhianti la linfa grezza, ma anche la massima parte delle grosse branche ~'' iniziali, deputate a garantire 1'ancoraggio dell'albero nel terreno. Non sarebbero sufficienti drastiche potature, irrorazioni della chioma superstite con lacche sintetiche che deprimessero la traspirazione, blocco dei tronchi con tiranti: di fatto la zollatura porterebbe alla morte gli esemplari. Comprovano quanto dico i lecci che furono "zollati" anni fa in corrispondenza di un'area verde al posto della quale è sorto un ampliamento della Stazione ferroviaria di Genova Principe, di fronte alla Stazione Marittima: sono mor't.i tutti, disseccati. A questo punto non illudiamoci che le zollature possano salvare platani dell'Acquasola.
Questo m'imponeva di dire I'onestà che ha sempre contraddistinto i miei pensieri e le mie azioni, e questo ho detto.

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