FELICIA
Senza fine
di Claudio Fava
Di Felicia Impastato, la madre di Peppino, ci resterà - più dogni altra
lezione civile - il ricordo della sua dignità. Cioè del modo in cui
conservò e testimoniò il proprio dolore. Senza mai una lacrima. Conservando
intatta la propria attesa per una giustizia che impiegò venticinque anni a
manifestarsi. Un quarto di secolo vissuto in quel salottino a pian terreno,
fra centrini ricamati e foto di Peppino in bianco e nero, a cento passi
esatti dalle persiane sbarrate di casa Badalamenti. Raccontarla in un film,
quella breve, oscena distanza, in fondo è stato facile. Riepilogarla ogni
giorno, per un quarto di secolo, senza mai cedere alla stanchezza della
vita, ad un benefico oblio, è stata una grande lezione di vita. Perché
Felicia Impastato avrebbe avuto molti buoni motivi per arrendersi. Era
rimasta a vivere nel suo paese, sotto lo sguardo lungo e vischioso di chi
le aveva ammazzato il figlio. Era sola, il marito morto, la famiglia
stupita e rancorosa per la silenziosa determinazione di quella donna. Cera
un altro figlio, Giovanni, da proteggere. Chiunque al posto suo avrebbe
scelto di smussare i ricordi e di tacere. Lei no. Fu sola a Cinisi, e fu
sola in un paese aristocraticamente distratto, capace di cordoglio di Stato
solo per i morti di prima classe, quelli in divisa, i servitori dello
stato. Suo figlio Peppino era uno che stava sulle scatole pure da morto,
figuriamoci
Lordine dei giornalisti, la corporazione più chiusa e cupa
dopo lOpus Dei, per ventanni rifiutò a Peppino un riconoscimento, sia
pure tardivo, del suo mestiere: Che centra Impastato con il giornalismo?
dicevano - E poi non aveva pagato nemmeno le tasse per avere il
tesserino
. Ci fu perfino un ministro degli interni, Gava, che una volta
ricevette la madre, la ascoltò con un sorriso in tralice e infine le spiegò
che suo figlio, signora cara, è stato ammazzato, se ne deve fare una
ragione, ma perché insiste a prendersela con la mafia? Che centra la
mafia? Che centra Badalamenti?
Fosse stato solo un problema di mafia, e unattesa di future epifanie
giudiziarie, non sarebbe stata così dura. Ma la madre di Peppino non si è
piegata nemmeno di fronte alla nostra sciatta abitudine, di fronte ad un
Paese che si affidava ai Gava e agli Andreotti, di fronte a tanta gente
perbene che aveva preso gusto a piangere i generali, ma non si curava
affatto dei soldati semplici. A costoro, e a ciascuno di noi, Felicia
Impastato ha insegnato il dovere civile della memoria. E di questo, più
dogni altra cosa, oggi le siamo grati.
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Associazione Verdi Ambiente e Società (VAS) ONLUS
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