[Cm-roma] bum!

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Author: Nunzio
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Subject: [Cm-roma] bum!
Il nostri basoncini di bamboo di riferimento, che delle forchette ne faremo
a meno:
(Da L'Avvenire, è tutto dire! Settembre o giù di lì, non ricordo...)
INTERVISTA.
La produzione di petrolio calerà drasticamente dal
2010 e occorre puntare sulle energie alternative:
parla Richard Heinberg
«Il futuro? Sarà buio e povero»
Da New York Elena Molinari
Un mondo dilaniato dalle guerre, oscurato da frequenti blackout, con
pochi aerei nei cieli e rare automobili sulla strade. Benvenuti sul
pianeta Terra, 2020 d.C. La festa del benessere e della ricchezza
illimitata è finita, e perché così pochi in Occidente abbiano avuto il
coraggio di dirlo è una costante fonte di perplessità per Richard
Heinberg, studioso di problemi energetici del New College of
California di Santa Rosa. «La produzione mondiale di petrolio
comincerà a ridursi drasticamente già verso il 2010 - spiega il
professore californiano, il cui quinto libro La festa è finita. La
scomparsa del petrolio, le nuove guerre, il futuro dell'energia uscirà
venerdì in Italia da Fazi (pagine 276, euro 18,50) -. Le società
industrializzate allora si accorgeranno che le comodità che danno per
scontate non hanno futuro».
Professor Heinberg, non c'è alternativa a questo scenario
apocalittico?
«Il prosciugamento delle risorse petrolifere è inevitabile, e le
conseguenze saranno radicali, perché dipendiamo dal petrolio per
tutti i nostri bisogni fondamentali, dalla produzione e trasporto di
cibo all'estrazione dell'acqua dal terreno. Ma il modo in cui ci
prepariamo a questa realtà è nelle nostre mani. La scelta è fra
ucciderci a vicenda per l'ultima goccia di greggio o vivere con le
risorse che abbiamo».
Vale a dire fonti di energia alternative?
«Certo, ma senza dimenticarci che nessuna risorsa alternativa sarà
in grado, non almeno nel giro di 20, 30 anni, di rimpiazzare
interamente il petrolio. Dobbiamo imparare a vivere con metà
dell'energia che usiamo oggi».
Faccia qualche esempio pratico...
«Automobili più piccole, più lente e più efficienti, meno trasporti
internazionali, meno elettrodomestici e illuminazione notturna, una
produzione industriale ridotta e più localizzata».
Sta descrivendo la fine della globalizzazione?
«Assolutamente sì. La globalizzazione è destinata a morire molto
presto e non per cause politiche ma per motivi geologici».
Nel libro lei parla della necessità di abbandonare l'idea che
un'economia sana deve necessariamente crescere. Ma questo
è il presupposto dell'economia di mercato e del consumo...
«Un presupposto che va ripensato. I consumi devono ridursi e le
comunità locali devono diventare più autosufficienti e meno
dipendenti da importazioni ed esportazioni».
Auspica un'economia di sussistenza?
«Un'economia più lenta, meno concentrata sulla crescita e sui
consumi. Da sempre ci sentiamo dire che comprare e poi buttare via
produce ricchezza, ma non è vero, e lo sarà sempre meno».
Pensa che i governi occidentali siano consapevoli di questo
futuro?
«Molti all'interno dell'amministrazione americana lo sono, ma la
soluzione che hanno adottato è competere per le risorse rimaste: un
piano miope, oltre che rischioso».
Ma quale capo di governo dirà mai ai suoi elettori di
spegnere i condizionatori d'aria e di lasciare la macchina in
garage?
«Eppure non avranno scelta non appena cominceranno i blackout e il
prezzo della benzina andrà alle stelle, cosa che mi aspetto di vedere
nel giro di due o tre anni. A quel punto tutto comincerà a succedere
alla svelta: recessioni profonde e persino il collasso economico. Ma
gli americani non sono stupidi. Se si spiega loro che la loro stessa
sopravvivenza è in pericolo, si adatteranno gradualmente a un
diverso stile di vita. Prima glielo si dice, meglio è. Quando i problemi
cominceranno sarà troppo tardi. I politici a quel punto cercheranno
dei capri espiatori, e probabilmente li troveranno in Medio Oriente.
Abbiamo bisogno di leader coraggiosi che se necessario sappiano
imporre il razionamento delle risorse e una ristrutturazione forzata
del sistema economico».
Jeremy Rifkin vede una soluzione nella "economia
dell'idrogeno". Non ci crede?
«No, perché l'idrogeno non è una fonte, ma un contenitore di
energia, che va poi estratta usando altra energia. Verrà usato per
alcuni casi, ma non è la soluzione».
Nel futuro che descrive i Paesi ricchi probabilmente non
saranno più ricchi: non crede sia utopico aspettarsi che Usa,
Giappone ed Europa rinunciano alla loro posizione di
potere?
«Eppure è inevitabile. Così come India e Cina devono pensare ora a
forme di sviluppo alternativo che non replichino il modello di
consumo occidentale».
Secondo lei se ci prepariamo a questo nuovo e spartano stile
di vita potremmo persino trovarlo piacevole?
«Ne sono convinto. Guerre e povertà sono evitabili se non ci
lasciamo piombare il futuro addosso. Se prendiamo adesso le misure
necessarie avremo una società più equa, con comunità più piccole e
in genere una vita più soddisfacente. Nulla di strutturale ci
impedisce di arrivare a questo risultato. La mia paura è che non
succederà per mancanza d'informazione o perché i leader mondiali
non vorranno prendere decisioni impopolari».
Copyright Avvenire ©2001-2004 Credits
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From: <prupru@???>
To: "cm-roma" <cm-roma@???>
Sent: Monday, December 06, 2004 11:50 AM
Subject: [Cm-roma] bum!


Roma, 6 dic. (Apcom) - Con la caduta dei prezzi petroliferi, dopo un'annata
all'insegna del boom, l'Opec starebbe considerando l'ipotesi di rivedere al
rialzo la forchetta di riferimento. E' quanto riporta il Wall Street
Journal.

Secondo il quotidiano statunitense, l'Opec, che si riunirà venerdì al Cairo,
vorrebbe incrementare i prezzi al barile, portandoli dagli attuali 22-28
dollari
al barile a 40 o 30 dollari al barile....


la forchetta di riferimento..?.

i coltelli dalla parte del manico

spalmano debiti da riscuotere

brandendo affilati colli di bottiglia

i barili sono pentole
o fanno gli gnorri......

dando il braccetto ai coperchi

ai copertoni, agli scoperti finanziari?

le mie parole sono pietre

il motore delle sette leghe
devasta senza folle le mille leghe
sotto e sopra intorno e a valle
terramarique
dei nostri ideali

le salacche delle molucche
rimangono a guardare

come un grissino nel tonno industriale
la forchetta di riferimento
le ha impalate al desinare

di un grasso gordo nero
di un gorgo sporco
di un polipo ogm assiso ad defecandum
sul mondo intero

filastrocca freak-peak oil

quando arriva sono barili nostri

ma soprattutto sono cazzi suoi...




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