COMUNICATO STAMPA
CS167-2004
INDIA: BHOPAL, DIRITTI UMANI INTOSSICATI
Dopo venti anni, l'impianto di Bhopal continua a rovinare la vita delle
comunita' che vivono nella zona e a colpire gravemente ? attraverso le
infiltrazioni e la contaminazione dell'ambiente ? i diritti umani
fondamentali.
In un nuovo rapporto diffuso oggi, Amnesty International denuncia come le
aziende e i governi stiano aggirando i propri obblighi sui diritti umani e
sottolinea la necessita' di standard universali sui diritti umani per le
imprese.
'Una generazione dopo, i sopravvissuti stanno ancora attendendo un
risarcimento equo e cure mediche adeguate' ? ha dichiarato Benedict
Southworth, direttore delle campagne di Amnesty International. 'La UCC e
la DOW, che si e' fusa con la UCC nel 2001, non hanno ancora bonificato il
sito né arrestato l'inquinamento che si e' prodotto con l'apertura
dell'impianto negli anni '70; la popolazione locale continua ancora ad
ammalarsi a causa dell'acqua contaminata'.
L'effetto del perdurante inquinamento puo' essere constatato sui nuovi
arrivati a Bhopal, che non furono esposti alla originaria fuga di gas.
Shehesta Kureishi ha 35 anni e da dodici si e' trasferita nella zona: 'Due
anni e mezzo fa il mio ciclo mestruale si e' interrotto definitivamente,
ho dolori all'inguine e alla schiena' ? ha dichiarato ad Amnesty
International. Suo figlio Ateeb soffre di dolori alle articolazioni.
Entrambi hanno bevuto acqua contaminata.
Gli studi medici sull'effetto della fuga di gas e dell'inquinamento sono
tuttora scarsi; cio' significa che l'impatto complessivo della
contaminazione e' ancora sconosciuto. Il governo indiano deve impedire
ulteriori danni alla salute della popolazione, da un lato garantendo che
la DOW bonifichi il sito e risarcisca pienamente le vittime e dall'altro
realizzando un'analisi approfondita dell'impatto sulla salute e
sull'ambiente.
Incredibilmente, nessuno e' stato chiamato a rispondere sul piano
giudiziario per la fuga di gas tossici e le sue devastanti conseguenze:
20.000 morti e almeno 100.000 persone con danni permanenti alla salute. La
DOW e la UCC negano entrambe ogni responsabilita' legale. La UCC si e'
rifiutata di comparire di fronte ai tribunali indiani e ha tentato di
scaricare la colpa sulla Union Carbide India Ltd. (UCIL), affermando di
non avere il controllo sulle sue filiali indiane. In realta', la UCC
possedeva il 50,9% della UCIL e manteneva un alto livello di controllo
aziendale, manageriale, tecnico e operativo, dunque era in grado di
prevenire il disastro.
'L'UCC fu responsabile di una serie notevole di fallimenti nel periodo che
precedette la fuga di gas. Bhopal e' l'esempio di come alcune aziende
possono evadere i propri obblighi in materia di diritti umani' ? ha
aggiunto Southworth. 'Per questo, e' veramente necessario adottare
standard universali sui diritti umani per le imprese. Le Norme delle
Nazioni Unite per le imprese, adottate nell'agosto 2003, sono un
importante passo in questa direzione, ma per chiamare le imprese a
rispondere in giudizio del proprio operato e impedire altri disastri come
quello di Bhopal, e' indispensabile avere degli standard applicabili per
ottenere il risarcimento delle vittime'.
Il rapporto di Amnesty International denuncia che:
- la UCC ammasso' una grande quantita' di materiali chimici estremamente
pericolosi, non istitui' un piano di emergenza per la popolazione locale,
ignoro' gli avvertimenti sul rischio di una reazione chimica simile a
quella che causo' la contaminazione e occulto' informazioni fondamentali
per il trattamento medico delle vittime;
- le autorita' indiane non hanno protetto adeguatamente i propri cittadini
sia prima che dopo il disastro; esse sapevano che l'impianto utilizzava
sostanze chimiche pericolose, tuttavia Amnesty International non ha
rintracciato alcuna prova che le autorita' federali o locali avessero
preso misure adeguate per valutare i rischi cui era soggetta la
popolazione. Inoltre, senza consultare le vittime, il governo indiano ha
approvato un modesto compromesso finanziario con la UCC esonerando
quest'ultima da ogni responsabilita' legale;
- c'e' stata una violazione dei diritti umani di massa, compresi il
diritto alla vita e quello alla salute.
Le conseguenze della contaminazione e l'inadeguatezza dei risarcimenti,
insieme ad altri fallimenti del governo, si avvertono ogni giorno sulla
pelle dei sopravvissuti. Molti di essi non riescono a guadagnarsi da
vivere, ad avere una famiglia o persino a procurarsi i medicinali. Partati
Bai, 70 anni, e' ammalata e troppo debole per lavorare. Suo marito e'
morto pochi mesi fa a causa della contaminazione. La sua unica fonte di
reddito e' la pensione di 150 rupie (2,56 euro) al mese. 'Non mi basta
neanche a comprare un po' di cibo. Un giorno o l'altro moriro', quelli del
Comune porteranno via il mio cadavere e sara' tutto finito' ? dice.
Amnesty International ha avviato una campagna mondiale per sollecitare la
DOW a bonificare il sito.
FINE DEL COMUNICATO
Roma, 29 novembre 2004
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