[Lecce-sf] Programmare il razzismo?

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Autore: Silverio Tomeo
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Oggetto: [Lecce-sf] Programmare il razzismo?

            Programmare il razzismo?
            di Filippo Miraglia


             La politica del governo Berlusconi in materia di immigrazione 
            continua a produrre disastri.
            Dopo la sentenza della Corte Costituzionale sulle garanzie per gli 
            stranieri espulsi, il Governo, anziché adeguare la legislazione ai 
            rilievi dei giudici dell'Alta Corte, ha deciso di introdurre un 
            ulteriore elemento di discriminazione, affidando ai giudici di pace 
            la convalida delle espulsioni. Si è confermato in questo modo che 
            per i migranti esiste una giustizia speciale, con minori diritti.
            Ancora. In questi giorni il governo ha avviato una consultazione, 
            con due anni di ritardo, sul documento programmatico triennale 
            sull'immigrazione.
            Tutte le amministrazioni pubbliche, le organizzazioni e le parti 
            sociali sentite fino ad oggi hanno espresso pareri fortemente 
            negativi per l'approccio xenofobo e demagogico che lo caratterizza. 
            La gran parte di questo documento è infatti dedicata a quello che 
            viene chiamato "contrasto dell'immigrazione clandestina". Alla base 
            c'è una sorta di ossessione securitaria, frutto di una cultura 
            xenofoba che si vorrebbe egemone nel nostro paese e da cui 
            probabilmente si pensa di poter trarre vantaggi elettorali. A questa 
            logica rispondono per esempio le periodiche retate di immigrati 
            giustificate in nome della sicurezza e della lotta al terrorismo che 
            puntualmente si rivelano pure azioni di propaganda.
            L'ARCI ha espresso un parere fortemente negativo su questo documento 
            così come sull'insieme dei provvedimenti e delle azioni del governo 
            sia a livello nazionale che europeo in materia di immigrazione.
            Il proibizionismo, ossia le frontiere chiuse, l'impossibilità di 
            accesso legale sul territorio italiano, la gestione dei permessi di 
            soggiorno come corsa ad ostacoli, continua infatti a rimanere l'asse 
            principale delle politiche del governo.
            Nessuno straniero sceglie di essere clandestino. Si fa ricorso 
            all'ingresso o al soggiorno illegale perché non ci sono altre strade 
            e il desiderio di star meglio, di vivere dignitosamente, così come 
            quello di salvare la propria vita fuggendo da situazioni di 
            persecuzione, è più forte di qualsiasi legislazione.
            Il proibizionismo in materia di immigrazione ha già mietuto troppe 
            vittime. Il prezzo pagato in termini di vite umane (in questi giorni 
            si sta svolgendo il dibattimento presso il tribunale di Siracusa 
            sulla nave affondata nel Natale del 1996 al largo di Porto Palo, con 
            il suo carico di 283 morti, di cui ancora si sa troppo poco), 
            sfruttamento e persecuzioni (la detenzione nei CPT, le espulsioni di 
            massa, il lavoro nero e le percentuali altissime di incidenti e 
            morti sul lavoro) è diventato intollerabile.
            Di fatto il centro destra sceglie di non governare un fenomeno 
            complesso come l'immigrazione, mettendo in campo regole impossibili 
            da rispettare, intervenendo solo sull'aspetto meno rilevante del 
            percorso migratorio, quello relativo alle irregolarità, che per 
            questo assumono però un ruolo determinante nella rappresentazione 
            sociale e nella cultura politica. Non c'è una gestione degli 
            ingressi, che vengono lasciati all'iniziativa dei singoli o delle 
            organizzazioni criminali, oppure ai meccanismi illegali consentiti 
            (si pensi ad esempio alle centinaia di migliaia di persone che 
            entrano per motivi turistici e poi rimangono a lavorare in Italia), 
            prevedendo per legge un meccanismo unico di incontro tra domanda e 
            offerta di lavoro "a distanza", di cui tutti riconoscono 
            l'inapplicabilità.
            Del resto il governo stesso ne ha dovuto riconoscere implicitamente 
            i limiti visto che ha dovuto liberalizzare gli ingressi degli 
            infermieri e lo stesso dovrà fare per altre categorie di lavoratori.
            L'unica strada è la libertà di circolazione, con un meccanismo 
            semplice di richiesta d'ingresso per ricerca di lavoro, senza quote 
            e senza ulteriori condizioni. 
            Le quote, come le frontiere chiuse, alimentano la clandestinità e i 
            morti. 
            Oggi la sinistra, lo schieramento democratico, deve contrapporre 
            alle politiche proibizioniste e razziste del governo e della destra, 
            un'idea forte di libertà e giustizia, basata sulla verità. 
            Se sono state necessarie in 4 anni due regolarizzazioni (o 
            sanatorie) che hanno prodotto più di 1 milione di domande, vuol dire 
            che le quote e le frontiere chiuse non hanno nessun impatto sulla 
            realtà, se non in termini di negazione dei diritti umani e dei 
            principi costituzionali, primo fra tutti quello all'uguaglianza e al 
            diritto d'asilo.
            Il prossimo quattro dicembre saremo in piazza a Roma, insieme a un 
            largo schieramento di associazioni, comunità di migranti, 
            organizzazioni politiche e sindacali per chiedere "libertà di 
            movimento, diritti e giustizia sociale" per tutte e per tutti.
            responsabile immigrazione Arci







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