Segnalo, a chi fosse sfuggito, questo importante e lucido editoriale di Rossana Rossanda (Il Manifesto di ieri, 20 novembre, prima pagina): per quanto crudo (nella sua apparente univocità), lo scenario, a mio avviso non ancora un definito "giudizio di fase", che viene delineato tra America ed Italia risulta difficilmente contestabile.
Giacomo Casarino
Io ho paura
ROSSANA ROSSANDA
Diversamente dal giovane eroe di Niccolò Ammanniti, io ho paura. E mi spaventa che non l'abbiamo gli altri, che non sembrano vedere l'avviso di incendio che Walter Benjamin scorgeva nella crisi di Weimar non ancora dispiegata. Mi sgomenta l'indifferenza con la quale l'Italia ha digerito il trionfo di Bush; la più modesta rissa, vera o finta, nella Casa delle Libertà o fra le sinistre la appassiona di più delle minacciose intenzioni del presidente americano e della sua nuova squadra. Gli esperti che avevano dato Kerry vincente fino a un mese prima, spiegano con i valori caldi, abilmente manovrati da Karl Rove, che milioni di americani siano stavolta usciti di casa per iscriversi alle liste elettorali e impedire che quel sovversivo di Kerry arrivasse alla Casa bianca. Gli Usa ci sembrano sempre un passo più avanti, i loro politici sanno parlare alle viscere più delle nostre teste rinsecchite da un eccesso di ragione. Che cosa sia diventata quella società fra i materialissimi interessi del liberismo e quelli della guerra, non appassiona nessuno. Non solo. Gli osservatori dei più grandi media perseverano in previsioni confortanti e non si prendono cura di spiegare perché così spesso le sbaglino. Ci avevano detto che Bush faceva sì la guerra all'Iraq, peraltro poco simpatico, ma che con ciò avrebbe costretto Sharon a un accordo con i palestinesi. S'è visto. Sempre gli stessi restano i soli al mondo che non si accorgono della crescente privatizzazione della guerra, che non contano quanto sia cresciuto il terrorismo da quando il Pentagono l'ha iniziata e non sembrano darsi cura che l'amico di Bush, Putin, stia agitando una nuova e a quanto pare terribile atomica. Ancora ieri ci hanno assicurato che il secondo Bush, sentendosi ormai sicuro, si sarebbe trasformato da falco a colomba perché è notorio che sono le destre a sanare i conflitti aperti dalle sinistre: non fu De Gaulle a far la pace in Algeria? Non è stato Nixon il furfante a riaprire i rapporti con la Cina? Nessuna di queste acute menti ci spiega perché Sharon sia più aggressivo che mai, perché sia stato licenziato Colin Powell e promossa l'efferata Condoleezza Rice (forza, grazia e cortesia per l'innamorato Foglio e alcune femministe della differenza); perché vengano fuori in cariche prestigiose altri personaggi da film horror mentre il Partito democratico si batte il petto per aver proposto un candidato troppo poco rozzo e affida il partito a chi più simile ai repubblicani non potrebbe essere. Si discute se Bush nel secondo mandato perfezionerà l'opera domestica, facendo di ogni americano un proprietario e sopprimendo quel poco che resta di protezione sociale o se darà la precedenza alla guerra infinita, riuscendo a trascinare il resto del mondo in modo che non siano soltanto i boys americani a essere ammazzati. E che magari si possano spostare le forze armate, come gli suggeriscono i giovani leoni dell'American Enterprise Institute, contro l'Iran. Impresa che sarebbe ancora più demente dell'attacco all'Iraq perché l'Iran è immenso, ricco e assai più difeso.
Tutti contenti perché è stato nominato ministro degli esteri lo sdoganato Fini, già pupillo di Almirante, nessuno del nostro establishment e una minuscola parte dell'opinione pubblica si da' pensiero dell'attacco che il Dipartimento di stato sta menando contro le Nazioni unite nella persona di Kofi Annan, peraltro neanche lui sovversivo, accusandolo di aver stornato i soldi destinati ai palestinesi. Non che Washington si proponga di demolire l'Onu, che raramente gli ha dato fastidio, ma la vuole più obbediente. Del resto, osservano i nostri finissimi laici, che cosa sono le Nazioni unite se non un coacervo di dittature canaglia e di europei egoisti?
Qualcosa di difficilmente reversibile è avvenuto nel livello culturale e nel senso comune del paese. Ha prodotto una sorta di anestesia e di perdita di senso delle parole. Gli accenti degli autodefiniti democratici e liberali stanno assumendo la violenza e l'intolleranza di quelli dei fascisti di una volta. Mi ricordo l'aria che tirava nel 1938 e 1939, e mi faceva paura anche se ero una ragazzina. Come ora tutti gli anticorpi al nuovo ordine che veniva agitato erano stati messi fuori uso da un pezzo.
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