Autor: Marcantonio Data: Assumpte: [Forumlucca] La destra «riforma» il codice militare: galera per i giornalisti che raccontano la guerra
di Toni Fontana L' Unità on line
Arrivano le manette per i giornalisti scomodi al governo, contrari alla
guerra e critici sulla missione in Iraq. Su proposta del centrodestra
il Senato ha infatti approvato ieri una «riforma» del codice penale
militare che prevede tra l'altro pene gravissime e lunghe detenzioni
per i giornalisti che scriveranno articoli sulle missioni militari,
compresa quella in corso a Nassiriya.
L'iniziativa della maggioranza di governo sta già provocando proteste e
suscitando polemiche. Il senatore Ds, Elvio Fassone, sostiene che la
riforma «rischia di avere conseguenze molti gravi anche nel campo della
libertà di informazione». Il segretario della Federazione della Stampa
italiana, Paolo Serventi Longhi, parla di «misura gravemente lesiva
dell'indipendenza e dalla libertà dell'informazione». La riforma, che
appare studiata allo scopo di chiudere la bocca a tutti coloro che
contestano le finalità e la natura della missione italiana nella guerra
dell'Iraq, si configura come un'estensione del codice penale militare
di guerra anche alle missione di pace. La missione a Nassiriya è
appunto considerata dal governo un missione di pace e, di conseguenza,
la nuova normativa verrà estesa (se la Camera confermerà il giudizio
del Senato) anche ai servizi giornalistici che provengono dall'Iraq.
Per effetto delle norme approvate ieri dalla maggioranza di
centrodestra a palazzo Madama diventano «operativi», cioè pienamente in
vigore anche gli articoli 72 e 73 del codice penale militare italiano
là dove la legge recita che viene punita «l'illecita raccolta,
pubblicazione e diffusione di notizie militari». Viene punito con la
reclusione militare, viene cioè affidato ad un carcere militare, il
giornalista che «procura notizie concernenti la forza, la preparazione
o la difesa militare, la dislocazione o i movimenti delle forze armate,
il loro stato sanitario, la disciplina e le operazioni militari e, ogni
altra notizia che, essendo stata negata, ha tuttavia carattere
riservato». Il giornalista che verrà accusato di questi «reati» potrà
essere condannato ad una pena variante tra i due e i dieci anni di
carcere, ovviamente militare. Non è tutto. Se queste notizie verranno
«divulgate» la pena potrà essere raddoppiata e arrivare fino a venti
anni di carcere. Il minimo della condanna per il cronista che osa
scrivere qualcosa che disturba è in questo caso di cinque anni.
Se la riforma seguirà il suo iter e verrà approvata dai due rami del
Parlamento ai militari verrà dunque affidato un potere assoluto e
arbitrario di discrezione e di intervento sulle attività dei cronisti
che seguono le missioni all'estero. Le disposizioni sono così precise e
dettagliate che, nei fatti, ogni articolo inviato dai teatri di guerra,
in special modo da Nassiriya, potrà diventate un atto di accusa contro
gli lo avrà scritto che rischierà pene superiori a quelle comminate a
molti incalliti criminali. Il senatore Ds Elvio Fassone interviene
sulla decisione della maggioranza di «estendere l'ambito del codice
militare di guerra» giudicando l'iniziativa «una scelta molto
inopportuna sotto molti aspetti, che rischia di avere conseguenze molto
gravi anche nel campo della libertà dell'informazione». Fassone si
augura un «ripensamento» alla Camera. Serventi Longhi ricorda dal canto
suo che la riforma «prevede il carcere duro per i giornalisti che
diffondono notizie sull'attività del contingente italiano e, forse,
anche sulle operazioni dei contingenti alleati». Per il segretario
della Fnsi si tratta di una misura «ricattatoria per i giornalisti
invitati di fatto all'autocensura». Serventi Longhi auspica di
conseguenza che la riforma venga ritirata nella seconda lettura
parlamentare, cioè a Montecitorio. Le misure approvate ieri al Senato
appaiono appunto ispirate da quella parte del mondo politico e militare
che da tempo sta tentando di erigere un muro di gomma per impedire alla
stampa di ribadire i pressanti interrogativi che circondano la missione
a Nassiriya sulla quale non si sanno molte cose avvenute nel corso dei
combattimenti con i miliziani.