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Autor: Andrea Agostini
Data:  
Assumpte: [NuovoLaboratorio] mercenari nel terzo millennio incontro a genova giovedi ore 21
in occasione dell'incontro di giovedi a genova - sala dopolavoro ferroviario
principe via doria 18 ore 21 -
Invio una scheda:

da alice.it
novembre 2004

"Mercenari" nel terzo millennio? Ebbene sì

Mercenari S.p.A. di Francesco Vignarca, edito da Bur, è un saggio di
straordinario interesse che ci aiuta a capire un po' di più quello che sta
accadendo nel mondo. Abbiamo chiesto all'autore di rispondere ad alcune
domande che la lettura del libro immediatamente suscitava: ecco le sue
risposte

Alla luce delle polemiche di questi giorni potrebbe spiegarci meglio che
cosa significa oggi "mercenario" Perché, secondo lei, si è creato tanto
scandalo, dopo le recenti dichiarazioni di un magistrato: forse è solo il
termine a colpire l'immaginario?
Il termine mercenario a mio parere, e lo esplicito spero in maniera
convincente nel libro, non è più adeguato a descrivere la gestione privata
dei servizi militari o di sicurezza. Una gestione che è sempre stata la
regola di base nel corso della storia, ma che poi è stata ridotta e messa in
disparte con l'avvento dello Stato Moderno e del suo uso esclusivo della
forza. I privati hanno potuto così intervenire nelle guerre solo per vie
traverse ed in maniera sporadica, spesso illegale o grigia, dando vita ad un
fenomeno particolare che con il tempo abbiamo iniziato ad identificare come
mercenario.
Il concetto che tutti noi abbiamo in testa si è andato modellando grazie
alla conoscenza dei casi di mercenariato degli anni '60 (soprattutto di area
africana), conoscenza favorita anche da libri e da film di intrattenimento
sul tema (i romanzi di Forsythe, i famosi "Quattro dell'oca selvaggia" per
cui veri mercenari hanno fatto da consulenti).
L'eredità di questa costruzione di significato è anche la caratterizzazione
fortemente negativa acquisita dal termine, lo possiamo sperimentare
quotidianamente anche in ambiti che nulla hanno a che fare con l'aspetto
militare (quante volte si grida "mercenari!" ai giocatori di una squadra di
calcio che va male in classifica?), e per la quale io credo siano divampate
le polemiche dei giorni scorsi. Ma tutto questo (sia l'uso improprio del
termine che la sua valenza morale negativa) non ci aiuta per nulla a capire
che dimensione ha attualmente il fenomeno della gestione privata dei servizi
militari. Che sono forniti da agenzie ad aziende quotate in borsa, con un
proprio sito internet e propri uffici stampa, e che agiscono solo sulla base
di contratti ben stipulati. Aspetti che mai ci sogneremmo invece di
avvicinare al mondo mercenario che abbiamo in mente usualmente.
Le forze militari private operano in svariati Paesi del mondo, sia in
situazioni di guerra che in periodi di pace. Come è possibile che i governi
utilizzino forze a pagamento per l'ordine pubblico o per la lotta alla
droga?
Credo che sia possibile sulla base di un ventaglio di motivazioni, alcune
più pratiche e contingenti ed altre di respiro assolutamente generale e
fondante sotto molti aspetti.
Ad un primo livello, permane il tentativo di un utilizzo di strutture
esterne non caratterizzate come pubbliche per cercare un vantaggio immediato
in termini di costi operativi o per impostare un profilo più basso e meno
riconoscibile. In alcuni casi è meglio che il coinvolgimento degli eserciti
o delle strutture di sicurezza delle varie Amministrazioni Statali non siano
messe in gioco, od almeno non lo siano con evidenza. Un costume frequente in
passato e che ancora oggi sopravvive in diversi casi.
La dinamica comunque più rilevante, e che ci permette di spiegare un
fenomeno di tali dimensioni, si colloca invece ad un livello molto più alto
e molto più "strutturale", se mi è passato il termine. E riguarda il
percorso di privatizzazione e di esternalizzazione che, come una vero e
proprio ciclone, ha interessato le strutture degli Stati in questi ultimi
decenni. Il ricorso a strutture esterne per i servizi più diversi non si è
proposto come una possibile scelta fra tante, da esercitare secondo
convenienza e secondo la situazione contingente, ma è stato nei fatti
imposto come unica possibile strada in maniera che potremmo definire
"dogmatica". Non c'è quindi da stupirsi se in questi anni stiamo arrivando a
privatizzare, come ultimi anelli della catena, i servizi di difesa e
sicurezza, il cuore stesso dello stato moderno. Emblematico in questo senso
è stato il coinvolgimento in operazioni di una compagnia militare privata,
per le quali è stato arrestato e posto sotto processo, del figlio di
Margareth Tatcher (insieme a Ronald Reagan madrina della "deregulation" e
della privatizzazione ad ogni costo). Quasi a voler "chiudere un cerchio".
Quanta presenza mercenaria c'è oggi in Iraq?
Se per "presenza mercenaria" intendiamo l'uso delle compagnie militari
private per la fornitura di diversi servizi di sicurezza o di stampo bellico
(protezione di uomini ed installazioni, addestramento delle polizie e
dell'esercito iracheno, fornitura di servizi logistici e di
approvvigionamento per la Coalizione) ci troviamo di fronte ad un
contingente militare "privato" che si aggira sui 30.000 uomini. Il secondo
per numero dietro a quello degli Stati Uniti e ben più numeroso del gruppo
di soldati inviati da Sua Maestà Britannica.
Il punto focale, ed anche preoccupante poiché nessuno - nemmeno i nostri
decisori politici - pare saperne nulla e nemmeno se ne accorge, è che questo
insieme di uomini si sta davvero trasformando in un contingente. Mentre
prima delle fasi più acute dello scontro post-bellico iracheno ognuno agiva
per proprio conto e seguendo un proprio contratto, sempre di più le
compagnie stanno stringendo contatti e rapporti fra loro per operare con
medesimi standard e con una intelligence comune. Con un percorso che davvero
potrà portare alla nascita di un vero e proprio esercito di stampo privato e
non legato al controllo e all'indirizzo di nessuna autorità pubblica
riconosciuta e sovrana.
Una situazione delicata e pericolosa, come si può intuire, e resa ancora più
drammatica andando a scoprire quali solo i personaggi che ne hanno la
responsabilità...
Come mai le compagnie private sono coinvolte anche negli interrogatori dei
prigionieri?
Questo è un bell'interrogativo! Difficile da sciogliere per un semplice
studioso della materia, se è vero che nemmeno il Segretario alla Difesa USA
Donald Rumsfeld sapeva darsi (e sapeva darci!) una risposta in merito dopo
gli avvenimenti della prigione di Abu Ghraib in Iraq. Di fronte al
Congresso, sia lui che il Governatore provvisorio Paul Bremer hanno dovuto
ammettere la loro ignoranza non solo in merito alla quantità di compagnie e
di professionisti militari presenti in Iraq, ma anche riguardo alle
procedure di assegnazione e di definizione dei contratti. Andando a scavare,
si è scoperto in seguito che l'accordo che ha portato nelle prigioni
irachene degli esperti di interrogatorio e di traduzione non inquadrati
nell'esercito era stato stretto, per la semplice fornitura di materiale
informatico, dal Dipartimento dell'Interno USA. Una struttura amministrativa
che negli Stati Uniti si occupa usualmente di parchi e foreste...
Da quanto scrive sembra che questo fenomeno sia privo di una
regolamentazione adeguata. Quali motivi lei vede in questa "mascherata"
deregulation giuridica?
Non credo che si tratti solamente di una mancanza "volontaria" di
regolazione. Certo questo aspetto è presente, soprattutto se prendiamo in
considerazione gli ultimi 2-3 anni e le ultime grosse occasioni di guadagno
per le compagnie militari private (Afghanistan ed Iraq). Ma bisogna pure
tenere conto che non vi è ancora un'analisi diffusa e sedimentata delle
caratteristiche innovative che consentono la crescita di questo fenomeno.
Per cui è davvero difficile arrivare ad elaborare strumenti (legali o
sociali) di controllo su una questione per lo più sconosciuta e, quando
affrontata, ridotta nella lettura ad una semplice continuazione della
parabola mercenaria. Come ho cercato di spiegare nelle risposte precedenti,
e soprattutto come credo di aver dimostrato nel mio libro, ci troviamo
invece di fronte a qualcosa di ben diverso. In questo senso risultano quasi
pienamente inadeguati gli strumenti legali (convenzioni internazionali o in
alcuni casi legislazioni nazionali) di cui si dispone attualmente.
Gli interessi economici sottesi a questo ambito sono elevatissimi. Chi ne
trae i maggiori benefici?
Certamente le compagnie stesse, che stanno sempre di più vedendo crescere i
loro introiti ed i loro valori in Borsa. Non per nulla grandi colossi
finanziari ed industriali del mercato mondiale, spesso appartenenti al
comparto della difesa ma in alcuni casi anche ad esso esterni, si sono resi
protagonisti di acquisizioni e di fusioni con le compagnie militari più
attive e di successo. Da un lato quindi gli affari li fanno gli attuali
padroni di tali aziende, ma dall'altro bisogna pure dire che i loro
fondatori hanno potuto realizzare degli introiti da favola con la vendita a
peso d'oro delle loro creature. Un esempio di "idea azzeccata" almeno dal
punto di vista del guadagno finanziario personale.
In tutto questo, pure i migliori tra i professionisti impiegati da questo
comparto economico-industriale, spesso provenienti dai reparti speciali
degli eserciti occidentali, stanno avendo la possibilità di mettere a buon
frutto la loro preparazione tecnica, arrivando ad ottenere stipendi mensili
dell'ordine degli 8-10.000 dollari.
La guerra moderna è più o meno interessata che in passato a questo businnes
tanto particolare?
Assolutamente di più! Si può dire che il modo moderno di fare la guerra è
"tagliato su misura" per queste compagnie! Anzi, per essere più precisi e
profondi, sono queste compagnie ad essere nate, cresciute e ad essersi
sviluppate utilizzando al meglio l'ambiente predisposto dai nuovi dettami
strategici e tattici. Io sono convinto che ogni epoca abbia la guerra che si
merita e che più corrisponde alle caratteristiche sociali ed economiche che
essa possiede. Il nostro mondo globale, finanziario e dominato da reti
transnazionali (si pensi al WTO, alle multinazionali, a Internet...) non
poteva che vedere una guerra meglio combattuta da entità medio-piccole,
slegate da basi territoriali e da controlli sociali , a proprio agio quindi
in un mare poco regolato e molto dinamico ed in mutazione. Così come è
successo dopo la caduta del meteorite che ha dato il via all'estinzione dei
dinosauri e al dominio dei piccoli mammiferi, ora la situazione è molto più
favorevole a compagnie di questo tipo (o, diametralmente, ad organizzazioni
come Al Qaeda) che alle mastodontiche strutture degli stati nazionali
moderni.
La privatizzazione della guerra lascia stupefatto il lettore inesperto:
quale etica può esistere se l'unico fine (parliamo infatti di privati) è il
guadagno?
A parte che, per un nonviolento come me, non ci può comunque essere alcuna
giustificazione etica o morale alla guerra, credo davvero che questa
continua erosione della sovranità popolare, che si manifesta in una perdita
esponenziale di controllo e di individuazione delle responsabilità, sia un
problema delicato e pericoloso per il nostro futuro. Occorre quindi
analizzarlo per trovare insieme la maniera migliore di fermarlo o quantomeno
regolarlo. Non credo che si possa tollerare che, mentre i soldati
dell'esercito americano sono sotto corte marziale, i professionisti privati
che hanno partecipato alle torture di Abu Ghraib se ne vadano liberi a casa
per un vuoto legislativo imbarazzante e forse colpevole.
Come ho già ricordato, nella storia la gestione privata degli affari
militari è la regola e non l'eccezione. Ma con il tempo l'evoluzione delle
società umane aveva cercato di limitare l'uso della forza a dei gruppi di
individui ben definiti e con un mandato popolare condiviso, con il fine di
impedire il perpetuarsi diffuso delle violenze su innocenti che sempre hanno
accompagnato le guerre. Ora quindi non siamo in una situazione di novità
assoluta, non è questo il punto che deve preoccupare. Ma ci troviamo in una
tendenza di riflusso, in un certo senso tornando indietro rispetto ai passi
positivi compiuti nei secoli passati.
Trovo ciò molto più preoccupante di qualsiasi caso particolare ed episodio
criminale, per efferato o inumano che sia.

Di Grazia Casagrande



Data dell'ultimo aggiornamento: 9 novembre 2004
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