[Cerchio] Iraq, aprile 2003: una bomba a neutroni esplode n…

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Szerző: leonid ilijc brezhnev
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Tárgy: [Cerchio] Iraq, aprile 2003: una bomba a neutroni esplode nell’aeroporto di Baghdad…
Iraq, aprile 2003: una bomba a neutroni esplode nell’aeroporto di Baghdad…            
di  redazione
15 Nov 2004    
Riceviamo da una fonte autorevole che desidera mantenere l’anonimato
Mosca, 15 Novembre 2004. Non ci sono certezze. Eppure, sembra proprio che 
sia accaduto: nella “battaglia dell’aeroporto”, come ancora oggi vengono 
chiamati i terribili scontri avvenuti nei primi giorni di aprile del 2003 
nell’aeroporto internazionale Saddam Hussein di Bagdad, i militari Usa dopo 
aver subito pesantissime perdite – forse centinaia di umini uccisi, 
letterlamente fulminati da scariche elettriche da 11mila volt - avrebbero 
aver fatto uso di una piccola bomba atomica. Una bomba a neutroni. 
L’esplosione avrebbe provocato istantaneamente un flusso intensissimo di 
neutroni, una vera e propria ventata di radioattività, che riuscì a 
cancellare ogni forma di vita, provocando un campo elettromagnetico di così 
grande intensità da portare alla liquefazione le linee elettriche e 
telefoniche dell’intera area dell’areoporto.


La contaminazione radioattiva è di durata relativamente breve. Se così è
stato — e non una superbomba Moab, per esempio — si tratterebbe della prima
volta in cui questo tipo di arma è stato usato in un ambito tattico di
battaglia, esclusi forse utilizzi in Afganistan o nella Prima guerra del
Golfo sui quali però non si sa nulla. E se così è stato, la Coalizione
dovrebbe spiegare per quale motivo ha usato un’arma di distruzione di massa
in una guerra che negli intenti ufficiali serviva proprio a combattere le
armi di distruzione di massa.

Non sappiamo con esattezza quando (e se) l’ordigno sia stato usato: con
ogni probabilità fra il 5 e il 6 aprile. Come per Hiroshima e Nagasaki,
anche in questo caso potrebbe essere attribuito alla Bomba il crollo del
regime. Avrebbe fatto strage di militari iracheni, pare circa 10mila sulle
23mila guardie repubblicane impegnate nella battaglia per riconquistare lo
scalo, ma anche di moltissimi militari statunitensi. Troppi elementi — che
descriveremo analiticamente più sotto — concorrono per confermare la voce
sull’uso di un’atomica nell’aeroporto, raccolta da indicazioni discrete e
rimbalzata senza clamore su alcuni giornali nel mondo.

Elementi come l’improvvisa liberazione dell’aeroporto, dopo giorni di
scontri sanguinosissimi, e la sostanziale sparizione istantanea di
un’intera divisione irachena che combatteva per riconquistare lo scalo,
come l’immediato crollo del sistema iracheno di difesa e l’entrata delle
forze della Coalizione in una Bagdad allibita e silenziosa, come il
blackout elettrico e telefonico che ha accompagnato la presa dello scalo
aereo.

Elementi come le testimonianze di fosse comuni scavate nell’area e come la
decontaminazione del suolo dell’aeroporto.

Elementi come la sostanziale impossibilità di usare per settimane l’intero
scalo, limitantone la fruibilità a poche aree, per arrivare all’intero
recupero solamente molti mesi dopo.

Elementi come la fuga della delegazione russa da Bagdad e l’assalto di una
squadra armata non identificata contro la colonna russa in fuga: i russi
erano i soli che, con i loro satelliti e le intercettazioni, sapevano che
cosa esattamente stesse accadendo.

Tant’è che Condoleeza Rice dovette fare una visita-lampo a Mosca per
spiegare qualcosa al Cremlino, mentre Bush dovette telefonare a Putin per
giustificare qualche cosa. Ma di indicazioni ce ne sono altre, molte altre.

La strage elettrica

Dall’indagine alla ricerca di dati e di documenti, è emerso un tragico
scenario di quella battaglia. Uno scenario di agguati e di stragi. Come
sarebbe accaduto quando i ragazzi delle forze statunitensi racchiusi
nell’aerostazione sarebbero stati uccisi in massa dagli iracheni, i quali
avrebbero allagato le sale dell’edificio e hanno fatto passare nell’acqua
una scarica di corrente a 11mila volt.

In quella Battaglia dell’Aeroporto per esempio fu distrutto quasi
completamente il 3° del 7° Cavalleggeri. Eppure, i mezzi di comunicazione
avevano descritto gli avvenimenti in modo confuso e discordante, e
soprattutto non avevano parlato delle considerevoli perdite statunitensi.
Non sappiamo specificare quando accadde, e se accadde, l’episodio terribile
della scarica elettrica. Probabilmente nella notte fra il 4 e il 5 aprile,
o nella notte successiva. Due piani della zona passeggeri erano sotto il
controllo statunitense. Ma gli iracheni occupavano ancora la zona Vip e gli
edifici dei servizi aeroportuali, dove si trovano le valvole per la
distribuzione idrica anche nell’area passeggeri liberata dagli statunitensi.

Nella notte, fu pompato petrolio nel primo piano, mentre comandando le
valvole della distribuzione potabile gli iracheni allagarono d’acqua il
piano terreno dell’aerostazione passeggeri. Quindi, con alcuni cablaggi in
alta tensione, venne attivata nell’acqua che allagava le sale pesseggeri
una corrente elettrica a 11mila volt. Poi fu innescato l’incendio del
petrolio. I soldati statunitensi balzarono di scatto scendendo le scale, e
finendo in mezzo all’acqua elettrificata: fu una strage. Non è possibile
sapere quanti ragazzi morirono in questo modo.

È invece a questo fatto che potrebbe essere attribuito il blackout di
Bagdad di quella notte. Forse fu questa terribile strage, gli Stati Uniti
decisero di passare alla bomba ai neutroni. Solamente in quel momento,
insieme con il blackout delle telecomunicazioni irachene, è crollata la
resistenza del Governo di Hussein, quando la Guardia repubblicana ha
comunicato al vertice militare del bartito baathista l’utilizzo di
quell’arma terrificante. A quel punto, la resistenza del Governo di Hussein
è collassata e i carri statunitensi sono entrati nella capitale. Poi
l’aeroporto internazionale di Bagdad è rimasto chiuso per mesi, e solamente
nove mesi dopo il 9 aprile ha ripreso la sua piena funzionalità.

La cronaca dei fatti

La Battaglia dell’Aeroporto di Bagdad cominciò il venerdì notte, era il 4
aprile 2003. Ma ricostruiamo il seguirsi degli eventi. Il tempo usato è il
presente storico. Durante la notte fra il 29 e il 30 marzo trenta parà
dell’82a Airborne, insieme con militari delle unità per le operazioni
speciali dell’esercito, s’inoltrano nell’Aeroporto internazionale Saddam
Hussein per tentarne la presa con un colpo di mano.

Un’operazione non riportata dalle agenzie internazionali, e forse finita in
un insuccesso per le forze di liberazione. Sono passati alcuni giorni e
sembra tutto in regola, la mattina del 3 aprile 2003. Tutto tranquillo. Le
forze statunitensi di liberazione appaiono ancora lontane e l’Ansa-Afp
scrive che "anche se nessun aereo è arrivato o partito dall’aeroporto dal
19 marzo, la vigilia dell’inizio della guerra, gli impiegati continuano
normalmente il loro lavoro, ha detto al-Jaburi, aggiungendo che radar e
altre installazioni dello scalo sono stati colpiti nei primi giorni di
conflitto, ma l’aeroporto è adesso sicuro".

Sono le ultime ore di tranquillità. Nel corso della giornata cominciano i
primi combattimenti fra l’avanguardia della Coalizione e i piccoli
distaccamenti iracheni di presidio. La Reuters — il cui inviato Luke Baker
è al seguito della terza divisione di fanteria — dice che i distaccamenti
statunitensi non stanno incontrando resistenza: "Non possiamo ancora fare
un bilancio della battaglia, ma i soldati non hanno incontrato alcuna
resistenza finora", dice Baker.

I comandi iracheni sembrano impreparati, colti di sorpresa; non hanno
predisposto alcuna forma di difesa dello scalo: non più di due o tre
compagnie, senza armi pesanti, a guardia di appena una leggera linea di
trinceramenti attorno al perimetro dell’aeroporto. L’emittente televisiva
statunitense Abc conferma che le forze della terza divisione Usa hanno
preso il controllo dello scalo, mentre l’agenzia Associated Press dice che
ci sono tiri di artiglieria e che tutta l’area della capitale è al buio.

La mattina del 4 aprile corrono verso l’aeroporto i mezzi della 1a brigata
dela 3a divisione di fanteria meccanizzata. Sui piazzali, qualche vecchio
velivolo e un aereo di linea — forse delle linee giordane — che non avevano
fatto tempo a decollare quando gli Stati Uniti avevano annunciato il blocco
dei voli all’inizio delle operazioni. Il comando della Coalizione, ancora
in Qatar, non si fida ancora. Impone che lacolonna che sta affluendo verso
lo scalo venga affiancata per protezione, mentre chiede una ricognizione
aggiuntiva per verificare la presenza di truppe nemiche nell’aeroporto: la
liberazione della struttura potrà avvenire solamente dopo che le squadre di
ricognitori avranno comunicato direttamente e personalmente al quartier
generale un rapporto dettagliato della situazione.

Intanto a Bagdad sono gli ultimi giorni del regime sanguinario di Saddam
Hussein, e il pittoresco ministro iracheno dell’informazione, Mohammed
Sahhaf, davanti alle telecamere annuncia fra due giorni la strage di
statunitensi. A mano a mano che le ore passano, la colonna statunitense
continua ad affluire nello scalo, mentre si attende che arrivino con
materiali e mezzi gli elicotteri della 101a Airborne, i quali cominciano a
dare manforte ai commilitoni. Ma l’afflusso di armi pesanti è paralizzato
dalle cannonate di grosso calibro che cadono sulla zona: gli iracheni
tirano sulle vie di collegamento per impedire le manovre ai militari della
Coalizione.

Nel frattempo, fin dalle 8 del mattino, piccoli gruppi di miliziani
attaccano le postazioni controllate dai militari della Coalizione, e
vengono dispersi dall’intervento di carri e autoblinde. Nell’aeroporto ci
sono unità della 1a brigata, un paio di battaglioni appoggiati da
artiglieria, per circa 3mila uomini, 60 carri e una ventina di cannoni. La
2a brigata del 3o meccanizzato si accosta alla periferia della capitale e
si colloca vicino allo svincolo delle autostrade per Amman e per Karabela;
un battaglione con batterie d’artiglieria si colloca oltre lo svincolo sud
dell’aeroporto, verso abu-Harraib.

L’Ansa riporta un esultante generale Stanley McChrystal dello Stato
Maggiore, secondo il quale l’aeroporto di Bagdad è "sicuro", anche se
restano "sacche di resistenza sporadiche"; le divisioni della guardia
repubblicana di Hussein sono "seriamente indebolite". Viene annunciata la
disfatta completa delle divisioni della guardia repubblicana al-Madina
al-Munavvara (divisione "Medina") e Hammurabi. In realtà, agli scontri
hanno preso parte alcune formazioni dell’Hammurabi e una brigata della
Medina, la quale si sta concentrando più lontano, alle porte di Bagdad.

La sera del 4 aprile l’agenzia Reuters specifica che centinaia di soldati
americani si preparano ad andare di rinforzo alla 3a divisione nella notte
all’aeroporto di Baghdad e stanno affluendo soldati della 101a Airborne,
del 94o battaglione, un’unità del Genio. Replica la dittatura irachena
attraverso la Reuters: l’aeroporto è ancora in mani irachene mentre la
guardia repubblicana speciale e i paramilitari dei feddayn "hanno giurato
di infliggere al nemico una disfatta e di dargli una lezione, affinché
sappia che genere di uomini siamo".

Scoppia la bomba, prima ipotesi.

Ormai è notte. Il sanguinoso 4 aprile si è chiuso con l’ennesima inutuile
strage. E con il buio arriva tra i militari che hanno liberato l’aeroporto
un ordine a sorpresa: indossare le protezioni per la guerra nucleare,
batteriologica e chimica. Buona parte della 1a brigata meccanizzata passa
la nottata nell’indossare le tute antiatomiche. È stata lanciata in questa
occasione la bomba a neutroni? Impossibile dirlo.

Potrebbe farne un cenno involontario uno dei caldissimi réportage che
scriveva Robdinz sul sito Indymedia (sito i cui archivi non sono ora
disponibili): era la sera di quel 4 aprile e Robdinz scrive nella sua
corrispondenza: "Di bocca in bocca giungono le notizie della grande
battaglia all’aeroporto durata tutta la notte e niente affatto finita".
Notizie a volte euforiche, “li abbiamo rimandati indietro, gli americani”,
a volte, il più delle volte “100 morti, anzi 300 per le bombe degli invasori”.

"La battaglia dell’aeroporto si è sentita fin dentro la città. Si è sentita
e si è vista, con quelle esplosioni che non avvenivano più a terra, ma
dieci, quindi ci metri sopra i palazzi e le infrastrutture. Era come se le
bombe ed i missili esplodessero emettendo una fortissima luce giallo/verde
che illuminava per chilometri tutto quanto era intorno. Con un rumore, un
fragore, un boato esplosivo mai sentito prima da quanto era enormemente
forte".

È questa, la bomba a neutroni?

Più probabilmente, bisogna aspettare ancora una o due notti. Ma qualcosa di
strano, si respira: ecco un’altra accorata corrispondenza di Robdinz su
Indymedia. "Sarà stanotte? La linea telefonica, raggiunta libera dopo così
tante ore da non sperarci più, mi porta un racconto di una Baghdad alla
fine. O, all’inizio di qualcosa che segnerà per sempre la città e la
popolazione". Forse è questa la notte della strage elettrica.

Sabato 5 aprile. Ancora battaglia

La mattina del 5 aprile la corsa degli statunitensi perde energia e i
reparti rallentano per fortificarsi a ridosso della capitale, in attesa che
il dispegarsi della logistica consenta l’afflusso di rinforzi e di
materiali. Il cannoneggiamento iracheno è molesto e continuo per tutta la
giornata, e purtroppo è anche ben diretto. Non si contano le raffiche di
mitragliatrice e gli scontri ravvicinati. Nell’aeroporto, per alcune unità
della Coalizione la situazione è tesa: continuano le richieste di rinforzi
e di materiali.

Ecco da Indymedia una corrispondenza di Robdinz raccolta la sera del 5
aprile: "Sulla battaglia dell’aeroporto di questa notte e di questa mattina
si rincorrono voci incontrallabili. Molti cittadini parlano di oltre cento
soldati invasori uccisi dalla resistenza irachena nell’area dell’aeroporto.
Le notizie che si raccolgono in città sostengono che il Saddam
International Airport è tuttora sotto il controllo dell’esercito iracheno".

Ancora su Indymedia da Amman scrive Rosarita Catani, oggi corrispondente di
Reporter Associati: "L’aeroporto di Bagdad è di nuovo in mano agli iracheni
a seguito di un operazione compiuta da fedayn. Sono entrati all’interno
dell’aeroporto carichi di tritolo e si sono fatti saltare in aria. Si
vedono le immagini dei carri armati americani distrutti. Le persone
scendono per strada, saltano sui carri armati americani e cantano inni di
vittoria".

La strage del 6 aprile

La mattina del 6 aprile gli iracheni, che erano stati colti di sorpresa due
giorni prima dall’operazione di liberazione dell’aeroporto, ora hanno avuto
il tempo di organizzare un contrattacco. Esattamente i due giorni che aveva
promesso il ministro iracheno della Propaganda. Alle 10 comincia l’assalto
iracheno all’aeroscalo, con tre battaglioni della guardia repubblicana
sostenuti da formazioni di miliziani baathisti.

Le unità statunitensi sollecitano ancora aiuti, come l’intervento
dell’artiglieria e dell’aviazione. Sono ore di fuoco e di sangue. Dopo
molti assalti fallimentari, gli iracheni puntano gli sforzi (con due
brigate e 2mila miliziani) per occupare la seconda rampa all’edificio
dell’aeroporto, mentre le forze della Coalizione si concentrano
nell’aerostazione liberata e sulla rampa che la circonda, facendo ricorso a
tutte le forze disponibili della 3a divisione meccanizzata e della 101a
Airborne. Gli elicotteri da attacco al suolo e da battaglia stanno
svolgendo più di 300 missioni di volo. Le perdite sono rilevanti
soprattutto fra le file irachene, ma la situazione è pesantissima anche per
gli statunitensi, che hanno dovuto fare ricorso a 20 voli delle eliambulanze.

Vi sarebbero filmati che mostrano gli iracheni in armi mentre usano come
zimbello per i loro scherzi alcuni paracadutisti statunitensi fatti
prigionieri: sono da attribuire a questa giornata di sangue, oppure allo
sbarco della trentina di parà dell’82a avvenuto la settimana scorsa? Con
l’avanzare della sera gli scontri scendono d’intensità e le forze di
entrambi gli schieramenti si raggruppano per assicurarsi le posizioni
migliori. La notte tra il 6 e il 7 aprile è minacciosa soprattutto per gli
statunitensi: le forze irachene sembrano insormontabili e la liberazione
dell’intero aeroporto sembra remota. Perfino Bagdad è un miraggio.

I 3mila militari della Coalizione che presidiano lo scalo liberato, i quali
ricevono rinforzi e materiali con il contagocce via elicottero, hanno
davanti a loro non meno di 18-20mila iracheni pronti a dar battaglia, con
gli arsenali pieni e vicini. La guardia repubblicana che presidia la
capitale ha perso appena il 5-8% del potenziale bellico. OOForse scoppia la
bomba, seconda ipotesi Di fronte a tanto pessimismo, la soluzione sembra
meno remota.

Ne parla il comandante dell’aviazione alleata, il generale Michael Mosley:
"L’esercito iracheno, inteso come una struttura organizzata costituita da
grandi unità, non esisterà a lungo". A Bagdad c’è un vasto blackout e i
telefoni si zittiscono di colpo in tutta la regione. Secondo una notizia
riportata dal sito di IndyMedia di San Francisco
(http://www.indybay.org/news/2004/02/1669628.php) proprio quella notte la
popolazione ha sentito un’esplosione fortissima.

Si muove la diplomazia

Alle 5 del mattino c’è un lungo colloquio telefonico, diretto e personale,
fra George W. Bush e Vladimir Putin. Con una dinamica che s’era ripetuta
identica quando era affondato misteriosamente — speronato da una nave spia
sconosciuta, sebbene la versione ufficiale parli d’incidente — il
sottomarino atomico russo Kursk. Prima di parlare con Putin, Bush s’è
consultato con Condoleeza Rice, che ha appena compiuto una visita urgente a
Mosca per parlare con il ministro russo degli Esteri, Igor Ivanov.

L’argomento trattato potrebbe essere il sanguinoso assalto armato di forze
sconosciute (ma ben note ai russi) le quali hanno aggredito il convoglio
diplomatico russo che, con l’ambasciatore Vladimir Titorenko, stava
lasciando Bagdad. Di questo, hanno parlato Bush e Putin? Solamente di
questo, nella loro telefonata?

Il regime crolla di colpo

Dopo questi eventi, d’un tratto, dal 7 e 8 aprile le formazioni irachene
hanno perso ogni capacità combattiva. Non escono dai ricoveri per assaltare
le forze della Coalizione. Le mosse sembrano disorganizzate.

Scompaiono nel nulla buona parte dei 23mila iracheni che tentavano di
occupare l’aeroporto. Stime successive della resistenza irachena
parlerebbero di 10mila morti. Si osservano "gravi avarie all’intero sistema
iracheno di comunicazione e controllo". Non si sa che cos’abbia potuto
danneggiare il sistema iracheno di comunicazione, finora molto protetto e
resistente. La mattina del 7 aprile, troviamo la prima brigata corazzata
del 3o meccanizzato in corsa verso Bagdad, per liberare i palazzi
governativi del centro.

I servizi segreti russi

I russi - che hanno satelliti spia e sistemi di intercettazione - hanno
visto tutto. Che cosa? Il sito www.irakwar.ru, poi soppresso, pubblicava i
rapporti iracheni del servizio militare russo, comprese le intercettazioni.
Di colpo, il 7 aprile comunicò nei suoi rapporti la sospensione della
pubblicazione. Spiegarono di essere venuti a conoscenza di importanti
elementi "top secret" la cui pubblicazione avrebbe coinvolto i rapporti fra
la Russia e gli Stati Uniti.

La decontaminazione, le epidemie

Sebbene sia stata annunciata pubblicamente l’immediata riapertura dello
scalo internazionale, molte zone dell’aeroporto rimarranno inaccessibili
per settimane, e prima che venga riaperta tutta la struttura dovranno
passare mesi. Che cos’è accaduto? Nella rubrica Grandangolo, il giornale
indiano Express India
(http://iecolumnists.expressindia.com/full_column.php?content_id=46449)
osserva che il probabile utilizzo della bomba a neutroni nell’aeroporto
internazionale di Bagdad è confermato solamente da «soldati baathisti e
abitanti della zona». Qui la cronaca finisce, e si passa al periodo della
pacificazione.

I giorni passano nell’aeroporto liberato definitivamente. Sempre il sito di
IndyMedia di San Francisco
(http://www.indybay.org/news/2004/02/1669628.php) afferma che testimoni
hanno notato numerosi camion che portavano fuori dallo scalo moltissimi
carichi di terreno, come se fosse una superficie contaminata. Stando a
http://bunker.defcode.com/index.php?cat=1&page=1&paged=2, i materiali
contaminati sarebbero stati accumulati a ridosso di un villaggio dove si
trova la maggiore prigione di terroristi, forse abu-Ghraib. La discarica
sarebbe controllata da una sorveglianza armata permanente.

La popolazione dell’abitato adiacente avrebbe sofferto una singolare
epidemia fatta da lesioni alla pelle e dalla perdita dei capelli. Secondo
diverse testimonianze, molti dei militari che hanno svolto il servizio di
sgombero del terreno forse contaminato sarebbero poi morti. I familiari di
uno di questi militari deceduti dopo il servizio di decontaminazione
dell’aeroporto avrebbero rivendicato la morte per armi di distruzioni di
massa.

A ciò si aggiunge l’epidemia che secondo
http://66.241.226.47/cgi-bin/mt/mt-comments.cgi?entry_id=33 avrebbe colpito
numerosi militari della Coalizione in servizio in prossimità
dell’aeroporto, con febbre, macchie scure alla pelle e altri sintomi tipici
dell’esposizione a radiazioni. Il giornale saudita al-Watan il 17 luglio
2003 riferisce che questa epidemia, attribuita alle severe radiazoni solari
della zona, si mostrava resistente alle cure negli ospedali del Golfo
Persico e i militari sarebbero stati così trasferiti a Washington.

Alle famiglie dei morti iracheni non è stato possibile riavere le salme per
la sepoltura e su IndyMedia San Francisco
(http://www.indybay.org/news/2004/02/1669628.php) è riportato quello che un
giornalista inglese avrebbe affermato dopo aver visto le foto delle salme:
"è come se i corpi fossero stati fusi".

Secondo altre testimonianze, nell’area dello scalo aereo sarebbero state
scavate fosse comuni per la sepoltura di una gran quantità di salme non
solo irachene ma anche di militari della Coalizione colpiti
dall’irradiamento radioattivo.