[NuovoLaboratorio] G8: chi resta a zero?

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Chi resta a zero?

Il tribunale di Genova ha inflitto la prima condanna a uno degli agenti per
i fatti del G8. Non c'e' sodidsfazione, ma amarezza per l'assenza di
autocritica istituzionale nelle forze di polizia.

di Lorenzo Guadagnucci

SSe un poliziotto sfigura un ragazzino a colpì di manganello, e lo fa
contravvenendo a tutte le leggi dello Stato e alle regole etiche della
professione, alla fine viene condannato aventi mesi di carcere.
E accaduto a Genova, con la prima condanna inflitta a un agente peri fatti
del G8. Giuseppe De Rosa è stato riconosciuto colpevole di lesioni
aggravate e grazie a rito abbreviato ha avuto lo sconto di un terzo della
pena De Rosa naturalmente non andrà in galera, perché può godere della
sospensione condizionale della pena, ma dovrà versare alla sua giovane
vittima diecimila euro a titolo di acconto sul risarcimento che sarà
stabilito in sede civile.
La sentenza è stata accolta come la giusta punizione per un episodio di
inqualificabile violenza. II caso è molto noto, non tanto per le
manganellate di De Rosa, ma per quanto accaduto poco dopo, col vice capo
della Digos genovese, Alessandro Perugini, ripreso da una telecamera mentre
inferisce sui giovane manifestante, immobilizzato e già sanguinante
sferrandogli un calcio in faccia. Perugini, con altri quattro colleghi,
sarà processato il 9 febbraio 2005, una decina di giorni dopo l'avvio
dell'udienza preliminare a carico dei 47 indagati per gli abusi di
Bolzaneto [27 gennaio].
Secondo l'inchiesta dei pm il ragazzino, con sei compagni, fu arrestato
senza alcuna ragione durante un innocuo sit in. Tutti fummo però accasati
di avere aggredito i poliziotti e di avere opposto resistenza all'arresto:
tutto falso, secondo i magistrati inquirenti. Dato questo quadro, la gìusta
sentenza, merita forse un esame più attento.
Il giudice ha ritenuto di non infliggere al condannato pene accessorie,
come la sospensione o l'esclusione dal servizio. Così 'agente torna, anzi
resta al posto e, per quanto ne sappiamo, continua ad operare nei servizi
d'ordine pubblico. Lo stesso, evidentemente, avverrà anche in caso di altre
condanne. Ma in questo modo che garanzie si danno ai cittadini?
Nei tre anni che ci separano dai fatti la polizia di Stato e le istituzioni
in genere hanno ritenuto di non dover mandare alcun segnale di riprovazione
nemmeno per gli abusi più evidenti, come il caso appena giudicato dal
tribunale.
Eppure la posta in gioco, nell'intera vicenda dei processi genovesi, è
proprio l'affidabilità democratica delle forze dell'ordine. Ai vertici
dello stato si sostiene che gli abusi compiuti a Genova appartengono alla
categoria dei fatti causati da poche+ mele marce". E una tesi che non
convince, vista l'estensione delle violenze contro persone inermi, ma è
stata scelta per non mettere in discussione il proprio operato e per
mandare un chiaro messaggio politico al paese.
Oltretutto c'è l'aggravante che non si è avuto nemmeno il coraggio
d'essere coerenti con la giustificazione addotta, che parrebbe meno
strumentale se fosse stata accompagnata da sanzioni amministrative alle
ipotizzate mele marce" colte in fallo e addirittura condannate dalla
magistratura. Il risultato è che la giustizia ottenuta in un'aula tribunale
appare, come minimo, una giustizia dimezzata.
Sul terreno, mortificata e vilipesa, resta una componente essenziale di
qualsiasi democrazia: la credibilità istituzionale delle forze dell'ordine.
Spartaco Mortola, capo della Digos genovese nel luglio del 2001, poi
promosso a vice questore di Alessandria, ha date involontariamente una
plastica rappresentazione di un certo modo d'intendere i rapporti fra forze
di polizia, istituzioni democratiche e cittadini.
All'uscita dall'aula, dopo l'udienza costata la condanna a venti mesi al
suo collega De Rosa, quindi appena dopo aver appreso del proprio
proscioglimento [era accusato di abuso di ufficio, falso ideologico e
calunnia], Mortola ha esultato a braccia alzate esclamando. Uno a zero,
come si fa a una partita di calcio.
Comprendiamo la sua soddisfazione per essere stato escluso dal procedimento
e anche il suo proposito di raddoppiare al processo Diaz [Mortola è fra i
29 imputati ancora alle prese con l'udienza preliminare], ma ci piacerebbe
che qualcuno si domandasse davvero che cosa significa lo "zero>> di
quest'improbabile partita? Qualcuno ha voglia di chiedersi chi sono gli
sconfitti?

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"Eppure il vento soffia ancora...."

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antonio bruno FORUM AMBIENTALISTA MOVIMENTO ROSSO VERDE 339 3442011
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visitate il sito del Comitato Verita' e Giustizia per Genova
www.veritagiustizia.it su cui c'e' una rassegna stampa sull'argomento
Il Comitato Verità e Giustizia per Genova raccolgie fondi per la difesa
dichi e' rimasto vittima della violenza delle forze dell'ordine a Genova
nel luglio 2001.
ccp 34566992 ABI 07061 CAB 01400 intestato Comitato Verità e Giustizia per
Genova
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