BOLKENSTEIN o FRANKESTEIN?
DALL' UE UNA DIRETTIVA CONTRO LO STATO SOCIALE E I DIRITTI DEL LAVORO
Si chiama Bolkenstein - dal nome del Commissario Europeo per la
Concorrenza
e il Mercato Interno dell' uscente commissione Prodi - la Direttiva con
cui l'UE si appresta a dare il colpo di grazia a quel che resta del
"modello
sociale europeo", già agonizzante dopo le privatizzazioni che si sono
succedute
e la continua messa in discussione dei diritti sociali e del lavoro.
La proposta di Direttiva - approvata all'unanimità della Commissione
Europea
nello scorso 13 gennaio - è entrata in dirittura d'arrivo : il prossimo
11 novembre si terrà l'udienza al Parlamento Europeo della Commissione
per
la Concorrenza e il Mercato Interno; a fine novembre sarà sottoposta al
vaglio del Consiglio dei Ministri Europei; da lì inizierà l'iter
procedurale
per giungere, probabilmente a marzo 2005, al voto finale del Parlamento
Europeo.
La Direttiva Bolkenstein -elaborata dopo la consultazione di ben 10.000
aziende europee e nessun sindacato e/o organizzazione della società
civile-
è uno degli obiettivi di mobilitazione contenuti nell'appello dei
movimenti
sociali uscito dal Forum Sociale Europeo di Londra, in cui si è proposto
il lancio di una campagna continentale per il ritiro completo e
immediato
della stessa.
Proviamo a capire perchè.
Come il Gats
Pomposamente annunciata come un provvedimento teso a "diminuire la
burocrazia
e ridurre i vincoli alla competitività nei servizi per il mercato
interno",
la Direttiva Bolkenstein (IP/04/37) si prefigge di imporre ai 25 Stati
membri
dell'Unione le regole della concorrenza commerciale, senza alcun limite,
in tutte le attività di servizio"; dove, per servizio si intende (art.
4)
"ogni attività economica che si occupa della fornitura di una
prestazione
oggetto di contropartita economica". E' evidente la similitudine con i
principi
e le procedure già stabilite in sede di Organizzazione Mondiale del
Commercio
(WTO) con l' Accordo generale sul Commercio dei Servizi (Gats).
Similitudine
che è esplicitata direttamente a pag. 16, laddove si dice come " i
negoziati
Gats sottolineano la necessità per l'UE di stabilire rapidamente un vero
mercato interno dei servizi per assicurare la competitività delle
imprese
europee e rafforzare la sua posizione negoziale". Ed ecco svelato
l'arcano:
l'Europa deve privatizzare i servizi sul mercato interno per poter
pretendere,
da una posizione di forza all'interno dei negoziati Gats, la
privatizzazione
dei servizi nel resto del mondo. Ovvero, siamo all'Europa che, lungi dal
proteggere le popolazioni dalla globalizzazione neoliberista, si candida
ad assumerne la guida.
Peggio del Gats
Ma la Direttiva Bolkenstein va ancora oltre. Innanzitutto perchè - al
contrario
del Gats - non prevede alcuna possibilità di restrizioni nazionali
all'accordo.
Configurandosi come una direttiva "orizzontale" e non nominando alcun
settore
in particolare, si applica dovunque sia possibile l'apertura di un
mercato,
intendendo l'esistenza di un mercato "ogni settore di attività economica
in cui un servizio può essere fornito da un privato". In secondo luogo
perchè
gli ostacoli "burocratici" alla competitività, che si prefigge di
eliminare,
sono in larga parte le disposizioni prese dai poteri pubblici per la
migliore
prestazione del servizio in termini di garanzie sociali ed ambientali,
di
tutela dell'accesso universale, di trasparenza delle procedure, di
qualità
del servizio, di diritti del lavoro, di contenimento delle tariffe.
In pratica, si rimette radicalmente in discussione il potere
discrezionale
delle autorità locali; poco importa che queste ultime siano elette e
controllate
democraticamente dai cittadini, a differenza dei membri della
Commissione
Europea!
Il principio del paese d'origine
Ma il cuore della Direttiva Bolkenstein - e la sua eccezionale gravità -
risiede nell'art. 16 relativo al principio del paese d'origine. Con
questo
principio, l' UE rinuncia definitivamente alla pratica
dell'armonizzazione"
fra le normative dei singoli Stati, pratica che era finora assurta ad
elemento
quasi fondativo dell'Unione stessa.
Secondo il nuovo principio, un fornitore di servizi è sottoposto
esclusivamente
alla legge del paese in cui ha sede l'impresa, e non a quella del paese
dove fornisce il servizio.
Per dirla in parole semplici quanto apparentemente
incredibili : un' impresa polacca che distacchi lavoratori polacchi in
Francia
o in Belgio, non dovrà più chiedere l'autorizzazione alle autorità
francesi
o belghe se ha già ottenuto l'autorizzazione delle autorità polacche, e
a quei lavoratori si applicherà solo la legislazione polacca.
E' evidente, in questo principio, la novità introdotta dall'allargamento
dell'UE agli ex-paesi dell'Est: poiché entrano nell' UE paesi le cui
legislazioni
fiscali, sociali e ambientali in questi quindici anni di "transizione"
sono
divenute quelle proprie dello "Stato minimo", si abbandona
l'armonizzazione
e si prepara un processo di vero e proprio dumping sociale. Siamo di
fronte
ad un incitamento legale a spostare le imprese verso i Paesi a più
debole
protezione sociale e del lavoro, e, una volta approvata definitivamente
la Direttiva, a pressioni fortissime sui Paesi i cui standard sociali e
di lavoro sono storicamente molto più avanzati.
Colpo di grazia allo stato sociale e ai diritti del lavoro
Senza volersi addentrare in ulteriori, ma significativi, dettagli -
come,
ad esempio, il fatto che il controllo sulle condizioni di lavoro dei
lavoratori
distaccati in un altro paese è affidata agli ispettori del paese
d'origine!
- appaiono chiarissimi i segni che la Direttiva Bolkestein è destinata a
lasciare:
a) apertura alla concorrenza e alla privatizzazione di quasi tutte le
attività
di servizio, dalle attività logistiche di qualunque impresa produttiva
ai
servizi pubblici come istruzione e sanità;
b) deregolamentazione totale dell'erogazione dei servizi con drastica
riduzione,
se non annullamento, delle possibilità d'intervento degli enti locali e
delle organizzazioni sindacali;
c) destrutturazione e smantellamento del mercato del lavoro attraverso
la precarizzazione e il dumping sociale all'interno dell' Unione Europea
Necessaria una mobilitazione di massa
Se questo è il quadro, stupisce come la risposta da parte di partiti,
sindacati
e movimenti abbia tardato ad arrivare. A partire dall'informazione,
ancor
oggi patrimonio di poche e volenterose organizzazioni, ma priva della
diffusione
di massa che una Direttiva così grave meriterebbe.
Al Forum Sociale Europeo di Londra, la rete europea di Attac ha
costruito
due seminari ed un workshop che hanno visto la partecipazione di
componenti
importanti dei sindacati e dei movimenti : dalle marce europee alla
Federazione
Europea dei Trasporti, dall'insieme dei sindacati nordici (svedesi e
belgi
in prima fila) al Sud-PTT francese, da Oxfam Solidarity alla Cgil -
Funzione
Pubblica. Ma tutto ciò continua ad essere largamente insufficiente
rispetto
alla portata dell'attacco ai diritti, prevista dalla direttiva
Bolkenstein.
Senza una forte mobilitazione dei sindacati nazionali ed europei, dei
movimenti
sociali continentali, delle forze politiche nei Parlamenti nazionali ed
Europeo, la partita del modello sociale europeo rischia di essere
definitivamente
persa. Per questo e da subito, occorre che nei luoghi di lavoro, nei
territori
e nelle sedi istituzionali si costruiscano percorsi di sensibilizzazione
e di mobilitazione che, a partire dalla prossima scadenza dell' 11
novembre
al Parlamento Europeo, giungano nel marzo 2005 a Bruxelles con una
grandissima
manifestazione per l'Europa sociale e per il ritiro "senza se e senza
ma"
della famigerata Direttiva Bolkenstein. Un'altra Europa è possibile, ma
a condizione che ciascuno si assuma la sua parte nel difficile compito
di
costruirla.
ATTAC ITALIA
*** E' ricercando l'impossibile che l'uomo ha sempre realizzato il
possibile.
Coloro che si sono limitati a ciò che appariva loro come possibile, non
hanno mai avanzato di un solo passo - Michail A. Bakunin***