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Autor: Andrea Agostini
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Assunto: [NuovoLaboratorio] inceneritori : conflitto tra compatibilità ambientale e compatibilità economica
Inceneritori
caso esemplare di conflitto tra contabilità ambientale e contabilità economica
Lavis (Tn) 25 settembre 2004
di Marino Ruzzenenti


Conviene ricavare energia dai rifiuti, dal punto di vista ecologico?
Per quanto riguarda l'energia elettrica, utilizzando dati Asm, a regime l'inceneritore nel 1999 avrebbe prodotto 245milioni di kWh da rifiuti contenenti invece 968milioni kWh di energia potenziale, con un rendimento di circa il 24%.
Per completare però queste considerazioni, bisognerebbe tener conto che l'efficienza energetica considerata non corrisponde al bilancio netto di energia ricavabile dal sistema, perché non sottrae le perdite che potremmo esemplificare nei consumi energetici per la movimentazione dei rifiuti e delle scorie, per il trattamento di quest'ultime, per le materie prime e la produzione di tutti i meccanismi del grande forno, per la costruzione ed il funzionamento dell'impianto (apparecchi elettrici), per il contenimento delle emissioni al camino, ecc. Perdite che, occorre riconoscerlo, riguardano in altra misura anche il sistema del riciclaggio. L'opzione che può dare un bilancio energetico ottimale è solo il non rifiuto, cioè la non produzione di rifiuti.
Per rendere un'idea di quanto si sta esponendo, il Wwf ha prodotto una tabella che mette a confronto l'efficienza energetica netta dei diversi sistemi. I calcoli vanno intesi come stime di massima (e sarebbe interessante se i ricercatori universitari si esercitassero a precisarne sempre più i contorni), ma sono in ogni caso utili a definire i rapporti fra i vari sistemi.
TABELLA 2- Consumo di energia per Kg di Rsu e recupero energetico con i vari metodi di smaltimento
35 MJ (0%) (7,1%) (45,7%) (85,7%) (100%)
35 MJ
30 MJ
16 MJ
Energia prodotta
2,5 MJ
0 MJ

RIFIUTO Non prodotto 0 MJ
Energia persa Riuso 5 MJ

Riciclaggio 19 MJ
Incenerimento 32,5 MJ
Discarica 35 MJ

Del resto va anche considerato che il contributo dell'energia ricavata dai rifiuti alla produzione nazionale di energia elettrica è pressoché irrilevante, meno dello 0,5%, pari a 1.211,441 GWh rispetto ad una produzione di energia elettrica totale di 266.500 GWh nel 2001. Anche nel contesto bresciano, particolarmente energivoro per la presenza di acciaierie a forno elettrico, a fronte di un consumo annuo stimato in 12.200 GWh abbiamo visto che la produzione dell'inceneritore corrisponde a circa 270 GWh/anno, poco più del 2%.
Una potenza davvero esigua, se paragonata all'investimento ed all'impatto ambientale dell'impianto e della sua gestione, che potrebbe essere facilmente sostituita da fonti alternative: nel Bresciano vi è una secolare tradizione dell'idroelettrico ed ultimamente stanno proliferando le minicentrali con potenza inferiore ai 3 MW (oggi già circa 90) che utilizzano piccoli salti d'acqua di cui le Alpi e Prealpi sono ricche (un'ulteriore trentina di queste coprirebbe la produzione dell'inceneritore Asm!); la diffusione del fotovoltaico, se fosse con più coraggio incentivata, potrebbe in pochi anni da sola raggiungere una potenza equivalente a quella dell'inceneritore (50.000 moduli familiari da 10 m2 ciascuno); addirittura anche solo utilizzando il contributo che lo Stato, e quindi la collettività, versa oggi ad Asm per la produzione di energia cosiddetta "rinnovabile" da rifiuti (il famigerato Cip6, pari a decine di milioni di euro) si potrebbero finanziare pannelli fotovoltaici per un equivalente di 4 MW all'anno; oppure, in alternativa, le stesse risorse potrebbero essere investite per diffondere ulteriormente le centraline termoelettriche di cogenerazione che stanno sorgendo nelle valli alimentate dalle vere biomasse, cioè il taglio del bosco e la legna che altrimenti sarebbe abbandonata a marcire o i ritagli delle segherie, con potenze elettriche di circa 2 MW ciascuna. Per quella di Sellero (Alta Valle Camonica), ad esempio, che produce 2 MW elettrici e 10 MW termici l'investimento pubblico (Regione) è stato di poco più di 2 milioni di euro, per cui ogni anno utilizzando le risorse del Cip6 che vanno all'inceneritore si potrebbero finanziare centraline per 24 MW, raggiungendo in 2 anni la potenza dell'inceneritore.

Totale fallimento in termini ambientali dell'incenerimento
Il fallimento, in termini ambientali, del "modello Asm Brescia" risulta inoppugnabile se rapportato all'esperienza del Veneto. Ne diamo qui una rappresentazione sintetica, simulando un confronto fra il "sistema integrato Asm" ed una ipotetica attuazione a Brescia dell'esperienza realizzata dal "modello Veneto" , e nello specifico dai bacini Padova 4 e Treviso 3, (ma dal 2002 potremmo aggiungere anche Treviso 2) senza incenerimento finale:
SIMULAZIONE DI UN CONFRONTO TRA IL "MODELLO INCENERIMENTO ASM BRESCIA" E IL "MODELLO PORTA A PORTA VENETO" - DATI 2001
"Sistema integrato Asm Brescia"
circa 900.000 abitantiSistema "porta a porta" dei bacini Padova 4 e Treviso 3:
simulazione su 900 mila abitanti
Produzione di rifiuti pro capite (kg/g)1,566
(2,01 Brescia città)1,04
Rifiuti urbani da trattare (ton/anno)515.000 circa341.500 circa
Raccolta differenziata (%)26,5657,1
Materia riciclata e recuperata (ton/anno)135.000 circa195.000 circa
Rifiuti urbani da smaltire (ton/anno)380.000 circa146.500 circa
Rifiuti all'inceneritore (ton/anno)476.000
(335.000 circa urbani + 141.000 di speciali di cui 125.000 importati) 0
Rifiuti in discarica (ton/anno)165.000 circa
(100.000 circa di scorie speciali + 45.000 circa di ingombranti e altri non conferibili all'inceneritore + 20.000 circa di polveri pericolose da inertizzare) 146.500 circa
Spreco di materia (ton/anno)391.000 circa
(alle 476.000 tonnellate di rifiuti bruciati, vanno sottratte circa 5.000 tonnellate di ferro recuperato dalle ceneri e circa 80.000 tonnellate equivalenti di petrolio "risparmiate" con l'energia elettrica prodotta con la cogenerazione stimabile in circa 280milioni di kWh e quella termica utilizzabile nel teleriscaldamento stimabile in circa 150milioni di kWh ma forse anche molto meno; mentre vanno considerate nel conteggio dello spreco, oltre alle scorie e ceneri con, ad esempio, 5.000 tonnellate di ferro disperso, le emissioni dal camino di CO2 e delle altre sostanze, anche tossiche).144.500 circa
(alle 146.500 tonnellate di rifiuti destinati alla discarica, andrebbero sottratte circa 11.720.000 kWh anno di energia elettrica da biogas recuperato pari a circa 2.000 tonnellate di Tep)
Emissioni Vedi capitolo terzoSostanzialmente circa 732,50 m3 di percolato da trattare in depuratore e 3.369.500 Nm3 di metano non recuperato.

Questa è dunque in sintesi la realtà del "modello Asm":
un inceneritore approvato dalle istituzioni per bruciare 266.000 tonnellate di rifiuti solidi urbani e assimilabili di bacino diventato, senza che nessuna assemblea rappresentativa fosse neppure consultata, di 750.000 tonnellate di rifiuti urbani e speciali provenienti da ogni parte d'Italia (il più grande d'Europa), per di più realizzato in una città straordinariamente inquinata da diossine e PCB, senza alcuna valutazione di impatto ambientale;
una produzione di rifiuti da record, doppia delle realtà virtuose (2,01 kg/die), quasi tripla rispetto agli obiettivi europei (0,84 kg/die), con una raccolta differenziata inefficace che non riesce neppure ad intercettare l'incremento di rifiuto prodotto per cui l'indifferenziato da smaltire, con l'inceneritore, è in continuo aumento;
una grande quantità di rifiuti da smaltire, in parte anche pericolosi, da collocare in discarica, superiore addirittura all'ipotesi di una gestione corretta dei rifiuti (riduzione e differenziazione spinta) senza inceneritore, di fronte ad una pressoché irrilevante produzione di energia, conveniente solo perché incentivata dallo Stato ed in regime protezionistico;
infine, un'aggiunta di inquinamento che va a compromettere ulteriormente un ambiente urbano tra i più contaminati al mondo.
Produzione di rifiuti a Brescia rispetto ad altre realtà ed all'obiettivo Ue

NOTA: Delle emissioni non tratto, perché altre relazioni ne hanno parlato, ma se qualcuno vuole chiedere qual è la verità sull'impianto Asm a questo proposito, possiamo riprendere la questione nel dibattito.

Il business dell'incenerimento
Fin qui il consuntivo apparirebbe del tutto negativo e ci si potrebbe chiedere come sia stato possibile installare a Brescia un mostro ecologico del genere e con quali argomenti il "modello Asm di Brescia" possa essere proposto in giro per l'Italia?
L'ultimo aspetto da considerare è quello dei profitti straordinari che la "megamacchina" garantisce grazie alle provvidenze statali ed al regime protezionistico di monopolio di cui gode, ma che, con l'entrata di privati, non sembrerebbe più giustificabile. Il maggior partner privato, la galassia Hopa, con il suo 10% circa, ad esempio, nel 2004 staccherebbe una cedola di circa 6 milioni di euro: anche costoro godranno di questa anomala (in una logica di mercato e di libera concorrenza) rendita di posizione basata su una sorta di prelievo forzoso a danno dei cittadini bresciani, con una tariffa che appare immotivata, almeno per i "non costi" di smaltimento. Va, infatti, ricordato che, con la trasformazione in Spa e la quotazione in borsa, avvenuta il 12 luglio 2002, è entrato in Asm con un ruolo di rilievo un gruppo di potere privato fortissimo, l'Hopa del bresciano Emilio Gnutti, il mago della finanza, l'enfant prodige del "nuovo" capitalismo italiano, l'artefice con Colaninno del "capolavoro" Olivetti-Telecom, esponente di spicco delle new entry della cosiddetta "razza padana".
L'aspetto economico è importante anche per capire il vasto consenso che Asm ha saputo costruire a Brescia attorno all'inceneritore. Bisogna tener presente che l'Amministrazione comunale (quindi indirettamente sul piano dell'immagine oggi i partiti di maggioranza, ma domani potenzialmente quelli attualmente all'opposizione) riceve diverse decine di milioni di euro all'anno dei profitti Asm per dar lustro alla propria attività in favore dei cittadini, e ciò acquista un enorme peso in una situazione in cui la finanza locale è strozzata dalla politiche governative. Ad esempio, nel 2001, sono entrati nelle casse comunali 60 miliardi di lire, proprio grazie alla performance dell'inceneritore, e nel 2004, per l'esercizio particolarmente favorevole del 2003, entreranno circa 47 milioni di euro. Questa influenza dell'Asm sul Comune veniva riconosciuta, a proposito dell'inceneritore, dallo stesso studio, più volte citato, dell'Osservatorio Gestione Conflitti Ambientali: "In questo percorso Asm e comune di Brescia sono sostanzialmente solidali e costituiscono un fronte decisionale compatto. Da notare però il fatto che nella fase di elaborazione e approvazione del progetto del Tu [Termoutilizzatore, ovvero inceneritore. nda] lo scenario politico si presenta piuttosto incerto e confuso, mentre la commissione amministratrice di Asm, pur di nomina politica, ha ben chiaro il proprio obiettivo ed è fortemente motivata a perseguirlo. Questo spiega perché Asm sembra talvolta avere un potere decisionale più incisivo ed efficace di quanto dimostri di averne l'amministrazione comunale. [.] In seguito, a partire dal 1989, l'amministrazione comunale perde quasi di legittimità rispetto al progetto del Tu, al punto che Asm decide sostanzialmente di sostituirsi alla giunta e di mettere in atto una serie di strategie capaci di garantire l'appoggio della giunta stessa". Su questo legame tra Comune di Brescia ed Asm è utile soffermarsi, in conclusione, per rendere esplicita e più chiara la particolarità del "caso" in esame, che può avere un significato rilevante per chi lo volesse importare nella propria realtà. Asm è un'azienda ex municipalizzata atipica perché, pur avendo da tempo ampliato il suo raggio di intervento sull'intera provincia (e oggi,con la parziale apertura ai privati e l'entrata in Endesa Italia, sull'intero Paese), ha mantenuto la proprietà esclusivamente in capo al Comune di Brescia (almeno fino alla quotazione in borsa): di conseguenza tutti gli utili, derivanti ad esempio dalla gestione dei rifiuti di tutta la provincia e nello specifico dall'inceneritore, ricadono solo nelle casse del comune capoluogo. Una situazione che spiega il perché di un'accettazione più che compiacente da parte del Comune di Brescia di un inceneritore di così elefantiache dimensioni sul proprio territorio, motivazione certo prevalente rispetto all'argomento tecnico della necessaria prossimità al teleriscaldamento della città. Una situazione, quindi, anomala, per certi versi opposta a quanto di norma accade in campo nazionale, dove aziende di bacino o provinciali, frutto del consorzio di più comuni, tutti proporzionalmente coinvolti sul piano economico, spesso devono individuare con grande difficoltà siti per le discariche o gli inceneritori in piccoli comuni periferici, costretti a sobbarcarsi danni ambientali ingenti, del tutto sproporzionati agli utili attesi.

Perché dall'incenerimento dei rifiuti in Italia si può guadagnare tanto, trasformando il malaffare ambientale in un sicuro business?
Vediamo, quindi, nel concreto come si possono ricavare tanti utili dall'incenerimento dei rifiuti.
"Dove sta . la convenienza? Nel contributo che i cittadini, attraverso lo Stato, corrispondono a lor signori sia come contributo per la costruzione dell'impianto, fino al 30 % in base alla L. 308/82, sia nell'acquisto dell'energia prodotta. Infatti il provvedimento 6/92 del Comitato Interministeriale Prezzi prevede l'obbligo di acquisto da parte dell'Enel di energia elettrica a 243,7 £/kWh per i primi 8 anni di funzionamento dell'inceneritore, contro le 80-100 £ negli altri paesi europei [.].. Se la vendita di energia avvenisse a prezzi di mercato (il tanto agognato mercato!) e non al prezzo 'drogato', non ci sarebbe nessuna convenienza economica ad investire nell'incenerimento dei rifiuti".
Ma oltre a queste "provvidenze", in larga parte immotivate, va considerata anche un'altra anomalia di cui gode il sistema dell'incenerimento dei rifiuti: Asm, come ormai quasi tutte le muliutilities ex municipalizzate, è un'azienda privata, a cui utili partecipano azionisti non pubblici, che però gode di un regime di assoluto monopolio per quanto riguarda il trattamento dei rifiuti, con l'ulteriore vantaggio di poter imporre a propria totale discrezione il prezzo dell'acqua calda ai cittadini bresciani, mentre i rifiuti, trasformati in combustibile e quindi in una risorsa, possono essere ancora imputati ai cittadini dal Comune, proprietario di Asm, come un costo, alla stregua di quelli destinati alla discarica. Il risultato è che i cittadini bresciani pagano energia elettrica ed acqua calda, ma anche i rifiuti conferiti nonostante questi rappresentino un valore positivo come combustibile e non più una semplice perdita come quelli destinati alla discarica: si realizza così il paradosso, in un regime di mercato da tutti tanto celebrato, che il combustibile per l'inceneritore non solo è senza costi per Asm, ma addirittura le viene pagato coattivamente dai cittadini, sottoposti ad una "tassa" rifiuti maggiorata dell'obolo per l'inceneritore (circa 100 lire al kg), mentre in questo contesto sarebbe giustificata solo per la parte relativa ai costi della raccolta.
Se ipotizzassimo di togliere all'inceneritore i vantaggi protezionistici pubblici (Cip6 e tassa rifiuti "ingiustificata") il bilancio economico sarebbe in rosso, come si evidenzia dalla tabella sotto riportata, di fonte Asm, nella quale si considera l'anno 2001, quando sono stati già ammortizzati i costi dell'investimento iniziale:
TABELLA 3 Verifica economica dell'inceneritore Asm con o senza vantaggi protezionistici
Anno 2001
(in milioni di £)Costi di esercizioRicavi di esercizioFlusso di cassa
Totaleenerg. elett.calorerifiutiTotale
Con Cp6 e 100 £/kg rifiuti42.09671.3727.67440.000119.04776.951
Senza Cp6 e 0 £/kg rifiuti42.09622.2567.674029.930- 12.166

A quanto sopra evidenziato andrebbe aggiunto inoltre il maggior costo per unità di rifiuti trattati stimabile nell'ordine del 40% se, al contrario di Brescia, l'inceneritore fosse adeguatamente ridimensionato in funzione dei rifiuti effettivamente da trattare (un terzo circa) e se adottasse le migliori tecnologie per l'abbattimento dei fumi. In conclusione, l'incenerimento dei rifiuti, se fosse correttamente impostato solo per lo smaltimento dei rifiuti non altrimenti riciclabili, quindi di ridotte dimensioni, e con le migliori tecniche disponibili per l'abbattimento dei fumi (e non è il caso di Brescia, come vedremo, nel capitolo successivo), e se venisse privato delle sovvenzioni sopra richiamate e dei relativi sostegni protezionistici e operasse davvero in regime di libero mercato, risulterebbe per nulla conveniente anche sul piano strettamente economico.
In ogni caso bisogna tener presente che la legislazione in materia di tassa-tariffa rifiuti, se permette di coprire al 100% i costi della raccolta e dello smaltimento, non autorizzerebbe il superamento di). quel livello, per cui l'inceneritore dovrebbe operare, dal punto di vista della tassa-tariffa , in pareggio e non produrre comunque utili (ma sulla questione si tornerà successivamente

Doping di Stato per sostenere la corsa all'incenerimento
Tuttavia, perché la lobby dell'incenerimento abbia successo, è indispensabile che, oltre alla neutralizzazione della saggia resistenza delle popolazioni, vi sia anche un cospicuo incentivo economico statale che renda l'operazione appetibile per gli Enti locali.
Per questo si è mobilitata la conferenza dei Presidenti delle regioni e delle province autonome convocata per l'emergenza rifiuti, il 2 ottobre 2003, che ha approvato (con voto bipartisan?) un documento in cui "al fine di favorire la localizzazione degli impianti necessari per il completamento del ciclo integrato dei rifiuti urbani e per l'utilizzo dei rifiuti come combustibile, ivi compresa l'attivazione di impianti di produzione di energia elettrica e di calore" si chiede che vengano "previste incentivazioni economiche a carico dello Stato per i Comuni sedi degli impianti sottoindicati e nei comuni limitrofi alla zona sede degli stessi: nuovi impianti di incenerimento (termovalorizzazione) di rifiuti con produzione di energia; nuovi impianti di produzione di energia che utilizzano i rifiuti come combustibile [..]; nuovi impianti di teleriscaldamento che utilizzano rifiuti come combustibile con produzione di calore [.]; nuovi impianti industriali che utilizzano i rifiuti combustibile alternativo". Insomma, siccome gli inceneritori inquinano e le popolazioni non ne vogliono sapere di ospitarli sul loro territorio, si tenta di superare l'ostacolo con la classica e poco onorevole monetizzazione del danno.
Nel contempo, ci si muove per consolidare gli incentivi statali all'incenerimento dei rifiuti, il famoso Cip6, condizione indispensabile per rendere stabilmente l'operazione redditizia. In questa direzione è particolarmente impegnato il Governo, come già abbiamo visto: infatti il DPR di recepimento della direttiva 2001/77/CE sulla promozione dell'elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili prevede che i rifiuti, compresa la frazione non biodegradabile, siano ammessi a beneficiare del regime riservato alle fonti energetiche rinnovabili, anche se tale parte non biodegradabile dovrebbe essere esclusa dagli incentivi in quanto non in linea con la stessa direttiva 2001/77/CE. Contro questo decreto sono intervenuti sia i Verdi, che Legambiente che il Wwf.
Si gioca, come abbiamo già rilevato nel "caso Asm", sul termine "biomasse" ("parte biodegradabile dei rifiuti", per l'Ue), dandone un'interpretazione estensiva per cui tutti rifiuti vengono assimilati a queste, con un procedimento retorico (quello che i linguisti chiamano sineddoche) per cui la parte viene intesa per il tutto: insomma, Asm ha cercato di fare scuola ancora una volta a livello nazionale, anche se corre il rischio, insieme al governo, di trovarsi di traverso l'Unione europea, un vero incubo, ormai, per la ex municipalizzata bresciana. Tra l'altro, la Direttiva europea in questione recita esplicitamente nelle premesse. "Allorché utilizzano i rifiuti come fonti energetiche, gli Stati membri sono tenuti a rispettare la normativa comunitaria vigente in materia di gestione dei rifiuti . [.] Il sostegno dato alle fonti energetiche rinnovabili dovrebbe essere compatibile con gli altri obiettivi comunitari, specie per quanto riguarda la gerarchia di trattamento dei rifiuti ["in primo luogo la prevenzione o la riduzione della produzione.; in secondo luogo: I) il ricupero dei rifiuti mediante riciclo, reimpiego, riutilizzo.; II) l'uso di rifiuti come fonte di energia" nda]. Nel contesto di un futuro sistema di sostegno alle fonti energetiche rinnovabili non bisognerebbe pertanto promuovere l'incenerimento dei rifiuti urbani non separati [il cosiddetto "tal quale". nda], se tale promozione arrecasse danno alla gerarchia". Se venisse preso sul serio ciò che viene qui indicato dall'Unione europea l'inceneritore Asm di Brescia, come tutti gli altri in Italia, dovrebbe essere immediatamente spento, proprio perché ha totalmente rovesciato la "gerarchia" delle priorità: al primo posto l'uso di rifiuti come fonte di energia, al secondo il ricupero dei rifiuti mediante riciclo, all'ultimo la prevenzione o la riduzione (o meglio l'aumento) della produzione.

Incenerimento: un modello economico "vecchio" che spinge alla concentrazione della ricchezza a danno del territorio.
Recupero e riciclaggio: un "nuova" economia che valorizza le risorse locali diffuse e l'iniziativa partecipata

Infine ancora alcune considerazioni conclusive sul terreno puramente economico.
Gli inceneritori sono impianti di grandi dimensioni a tecnologia complessa che richiedono una concentrazione in poche grandi imprese di notevoli investimenti di capitale e quindi dei conseguenti utili, ma anche uno scarso impiego delle risorse umane. Invece, la filiera della riduzione, del riuso, della raccolta differenziata e del riciclaggio mette in moto innanzitutto i cittadini, quindi numerosi operatori, con importanti ricadute occupazionali, ed una miriade di piccole-medie imprese impegnate nel riuso e nel riciclaggio delle diverse frazioni. Insomma da un canto abbiamo la grande impresa tecnologicamente avanzata, ma anche labur-saving, con una forte intensità di capitale e la conseguente capacità lobbystica, interessata solo a "colonizzare" il territorio per trarvi profitti; dall'altro un'economia partecipata, diffusa, ad alta intensità di lavoro (si stimano più di ventimila occupati), capace di attivare iniziative diversificate e innovative, che premia in conclusione le comunità locali sul piano della qualità dello sviluppo.
In conclusione, tenendo conto delle forti resistenze che si manifestano in ogni parte del Paese, forse la partita è ancora del tutto aperta e certo la soluzione virtuosa per l'economia, l'ambiente e la salute sarebbe facilitata se in parlamento si formasse finalmente uno schieramento che, invece di regalare soldi pubblici all'incenerimento, destinasse queste risorse ad incentivare seriamente i comuni, i cittadini e le imprese che riducono alla fonte i rifiuti e che li recuperano come materia nella prospettiva di "zero rifiuti". Purtroppo la lobby della salute e dell'ambiente spesso sembra non avere la forza di pressione e di persuasione della lobby affaristica dell'incenerimento. Tuttavia, se l'Italia intenderà rimanere in Europa, prima o poi dovrà dare risposte sensate anche ai bisogni di un ambiente sano che, pur con fatica, sembrano emergenti anche fra i cittadini del Belpaese. E una corretta gestione dei rifiuti, che escluda, oltre alla discarica, l'incenerimento, rappresenta una sfida essenziale in questa direzione.
Lavis. 25 settembre 2004
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