[NuovoLaboratorio] Interinale, parasubordinato , Co.co.co., …

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Auteur: ugo
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Sujet: [NuovoLaboratorio] Interinale, parasubordinato , Co.co.co., o Cocopro?
BOLOGNA - E' arrivata la prima nebbia dell'autunno ed Elio è preoccupato.
"Se mi ammalo ancora, rischio di perdere il lavoro. La settimana scorsa
avevo l'influenza, febbre sopra ai 38, ma sono andato a lavorare. Il motivo?
Ho un contratto di tre mesi, e il mio datore di lavoro, un artigiano elettricista,
mi ha detto chiaramente che se c'è da montare un impianto si lavora e basta.
Se non reggi, stai pure a casa, e il contratto non viene rinnovato. C'è
anche un altro motivo: almeno quando hai un pezzo di contratto, devi lavorare
tutti i giorni, altrimenti a fine mese ti ritrovi con una busta paga da
fame. E devi pagare i debiti fatti durante i mesi in cui non porti a casa
un euro" .

Interinale, parasubordinato, atipico, Co. co. co o, come si propone adesso,
Cocopro (collaboratore a progetto): Elio, 28 anni, è passato e sta passando
attraverso tutte le forme di lavoro precario. "Il risultato? Non puoi affittare
una casa, perché non hai una busta paga sicura. Non puoi comprare un'automobile,
perché nessuno ti dà un finanziamento. Spesso c'è il problema del mangiare.
Vivo assieme ad altri ragazzi, precari come me, e devi pregare Dio che almeno
qualcuno trovi da lavorare e ti possa preparare un piatto di pasta" .

Cento storie che si intrecciano, e nessuno vuole nome e cognome sul giornale
perché "basta un niente per farsi cacciare via" . Anna, quasi quarant'anni,
è una grande "esperta" di call center. "Ci sono quelli di serie A e quelli
di serie B o C. Io li ho passati tutti. Dalla Tim dove ogni due ore hai
una pausa di un quarto d'ora e puoi rilassare occhi, orecchi e gambe, a
quelli dove la pausa arriva quando non ne puoi più e devi gridare: "Vado
in pausa" e il capo ti dice sì o no. Nei call center di serie B o C non
trovi la tua cuffia personale, e può succedere di beccarti un herpes all'orecchio
o alle labbra. Ci sono locali dove stai bene, ed altri dove non c'è nemmeno
il ricambio d'aria. Ho lavorato anche in un call center dove devi rispondere
al telefono e allo stesso tempo dare risposte allo sportello e nei rari
momenti di pausa inserire dati in un computer". Uno stipendio che arriva
a mille euro al mese, ma solo "con tanti straordinari e lavorando nella
notte di Natale e di Pasqua". "Negli ultimi otto anni ho fatto quattro giorni
di malattia in tutto. Sempre disponibile, sempre attenta. Il risultato?
Faccio parte di una generazione esasperata, perché non sono ancora riuscita
a trovarmi un lavoro che non abbia una scadenza, come il latte" .



Ma non è facile nemmeno trovarli, i lavori precari. "Ho fatto il barista
ed il cameriere all'estero - dice Fabio, 26 anni - e qui a Bologna, anche
se parlo bene l'inglese, non ho trovato posto. Preferiscono chiamare gli
studenti, quando servono, al venerdì e al sabato o durante la settimana
se c'è la partita. Venti o trenta euro in nero, e tutto è risolto. E allora,
per vivere, fai anche il "postino pubblicitario". Alle 8,15 sei al punto
di incontro e consegni pubblicità fino alle 13,30. Se non ti ammali mai,
a fine mese hai in tasca 500 euro".

Una vita tirata con i denti, quasi senza speranza - dice Vittorio, 28 anni
- "di riuscire a raggiungere una qualità della vita simile a quella conquistata
dai nostri genitori" . "Se va avanti così, non avremo né casa (chi fa il
mutuo a un precario?) né una pensione".

Per questo Vittorio, Elio, Fabio e tanti altri hanno inventato a Bologna
"Passepartout" , gruppo che, "sotto la protezione di San Precario" , occupa
case pubbliche sfitte e organizza la protesta di chi non ha un posto fisso.
"Paradossalmente - dice Fabio - io sono stato costretto ad occupare una
casa proprio mentre, per la prima volta, facevo l'operaio in fabbrica, alla
Ducati. Mi sono accorto che, continuando a spendere 500 euro per l'appartamento,
non avrei avuto i soldi per vivere. Un contratto di sei mesi e solo all'ultimo
giorno ti dicono: "Questo è il suo libretto di lavoro. Il contratto non
è stato rinnovato. Restituisca il badge"".

Con la fine dei contratti Co. co. co, anche gli sportelli della Cgil sono
presi d'assalto. "Ora debbono essere proposte le collaborazioni a progetto
- dice Giulia Santoro del Nidil (Nuove identità di lavoro) - ma questa è
una forma nuova per non cambiare nulla. Progetto è preparare un sito Internet,
ma quale progettualità c'è in un call center o in un negozio che vende abiti?"
. Mille domande, allo sportello o via email.

Adesso anche le badanti dei vecchi diventano "Cocopro". "Otto ore al giorno,
5 euro lordi all'ora. A cercare questo lavoro sono soprattutto le moglie
degli immigrati venuti qui a fare gli operai tanti anni fa" . I Cococo in
scadenza hanno paura per il futuro. "Faccio il pony espress, con il mio
motorino. Un euro e 20 per ritiro o consegna, 1,90 se ci sono consegna e
ritiro. Tutto al lordo, naturalmente. In caso di malattia c'è un piccolo
contributo se sei ricoverato all'ospedale, e lo paga l'Inps. Se fai una
settimana di influenza, nemmeno un euro". "Le ragazze che vanno in maternità,
hanno l'80% della media degli stipendi ricevuti negli ultimi dodici mesi.
Se hai lavorato solo qualche mese, si riceve una miseria".

"Le trattenute sono del 17,80%, contro il quasi 40% di un lavoratore dipendente.
Due terzi sono pagati dal datore di lavoro, un terzo dal collaboratore a
progetto. E tutto finisce nella gestione separata Inps, che non sarà recuperata
nel caso si trovasse finalmente un posto fisso" . "Per consegnare le pizze
- dice un ragazzo - il padrone mi ha fatto aprire la partita Iva. Così lui
è in regola, ed io devo andare dal commercialista, come fossi un libero
professionista. Se dico no, nessun problema: ci sono file di ragazzi pronti
a lavorare in nero".

Da Repubblica

(25 ottobre 2004)

Ugo Beiso