Autor: Zanchetta Aldo Data: Assumpte: [Forumlucca] Letizia Debetto da Gerusalemme
Subject: da Gerusalemme
Sono tornata ieri a Gerusalemme.
L'uscita da nablus e' molto piu' semplice dell'entrata perche' si puo'
passare
dal chek point e non fanno storie, mentre l'ingresso e' spesso precluso
agli internazionali per cui si deve fare un giro pazzesco, con vari tratti
di corsa a piedi per non essere sorpresi vicino alle settler roads. La
nostra
presenza di conseguenza e' praticamente clandestina e quindi anche negli
spostamenti tra i vari villaggi in questi giorni si sono svolti secondo
le stesse modalita': oltre alla convinzione ed alla determinazione a venire
qui ci vuole anche un buon allenamento fisico, su e giu' per le scarpate
sotto un sole cocente.
Il giorno avanti Qusaib ci ha accompagnato a visitare la citta' vecchia,
mostrandoci le distruzioni provocate dall'esercito israeliano durante la
prima invasione nel marzo-aprile 2002: case antiche, una famosa fabbrica
di sapone (attivita' per la quale Nablus era famosa), il suq sono state
distrutte o danneggiate per piegare la resistenza che qui e' stata molto
forte e catturare i guerriglieri. Durante una di queste incursioni una casa
e' stata demolita da un bulldozer, senza consentire agli abitanti di
evacuarla:
risultato 8 morti.
Ieri pomeriggio sono andata a trovare nella loro sede i Rabbis for Human
Rights facendomi spiegare un po' le loro attivita', che vanno dalla difesa
dei diritti umani dei palestinesi nei territori occupati, a quelli dei
palestinesi
del '48 (quelli rimasti in Israele e con cittadinanza israeliana, ma
fortemente
discriminati), a quelli delle fasce emarginate della societa' israeliana,
il tutto improntato e sostenuto dai riferimenti alla legge ebraica, la
Torah.
Ho potuto vedere per pochi minuti Dyala Husseini, con cui sono in contatto
da quando e' venuta a trovarci a Viareggio 2 anni fa: mi e' parsa molto
scoraggiata e mi ha raccontato di quanto tutti siano molto depressi per
la situazione attuale e di come a causa di cio' da qualche anno a questa
parte i comportamenti dei ragazzi siano diventati sempre piu' violenti,
a causa della disperazione e della mancanza di prospettive per il futuro.
D'altra parte l;a cosa si puo' facilmente intuire semplicemente vedendo
alcuni tratti del muro in costruzione lungo la strada per Ramallah, ad Al
Ram, molto vicino a Gerusalemme, che ancora non e' niente rispetto a quello
gia' costruito ad esempio attorno a Qualchilia, che la cinge quasi
completamente,
rinchiudendo tutta la popolazione in una prigione a cielo aperto. Domani
ho intenzione di fare un salto al quartiere esterno di Abu Dis, che e'
rimasto
completamente tagliato fuori grazie ad un muro alto 9 metri.
Oggi a Ramallah ho incontrato Khaled Quzman, l'avvocato di Defence for
Childre
- Palestina, che segue i ragazzi palestinesi rinchiusi nelle prigioni
israeliane.
Anche in questo caso la situazione, con la sfilza di abusi e violazione
dei diritti umani ed in particolare di quelli dell'infanzia, si e'
ulteriormente
aggravata: ci sono piu' minori in carcere e vengono condannati a pene sempre
piu' severe (uno di loro , che era stato condannato a 25 anni, ha avuto
l'ergastolo in seguito all'appello). E' aumentato anche il numero delle
bambine in carcere, adesso sono 14. Nella maggior parte dei casi vengono
arrestati e condannati anche senza aver compiuto realmente alcun reato,
ma solo perche' sospettati o per aver dichiarato di volerlo compiere.
D'altra
parte il giudizio viene espresso da una Corte Militare e non da un Tribunale
civile, quindi vi potete facilmente immaginare.
Bene, vi faro' sapere di piu' al mio ritorno, visto che mi avete seguita
con tanta attenzione ed affetto, condividendo i miei racconti anche con
altri. Spero che questo abbia almeno gettato un seme e che possa di
conseguenza
esserci una maggiore attenzione ed un maggiore impegno da parte di tutti
alla ricerca della verita' e per una soluzione pacifica a partire dal
riconoscimento
del diritto di ogni popolo a vivere sulla propria terra in piena autonomia
e liberta'.
Al momento della partenza e' ancora piu' forte questa sensazione che abbiamo
avuto per tutti questi giorni: gli internazionali come me possono anche
condividere per un po' le condizioni di vita del popolo palestinese, ma
c'e una profonda differenza tra noi e loro: noi possiamo muoverci
liberamente
e decidere quando andarcene, loro no.
Un saluto affettuoso di pace a tutti/e dalla terra promessa ( a chi?)
Letizia