Per chi non l'avesse letto, ecco l'articolo sulla Snia pubblicato oggi su
"la Repubblica"...
oltre
Una piccola città del degrado nell'area privata sulla Prenestina abitata da
romeni e nomadi. Il Comune: "A Novembre lo sgombero".
Ex Snia, la conca dei disperati.
Articolo di GIOVANNI GAGLIARDI.
Cento, forse mille persone baracche di cartone e legno. Niente acqua ne
luce. I bambini sono una settantina, giocano tra enormi mucchi di immondizia
e topi. Tante le donne incinte. Sono per lo più romeni, di diverse etnie, ma
ci sono anche moldavi e bosniaci. Sono accampati nell'ex fabbrica Snia
Viscosa, sulla Prenestina. Tutta l'area è proprietà dei costruttori Pulcini
ed è destinata alla Sapienza, "ma l'università ancora non si è impegnata a
prenderla in carico", spiega il vice capo di Gabinetto del sindaco, Luca
Odevaine. La zona è divisa in tre: da una parte il centro sociale,
dall'altra la "conca del disperati". Nel mezzo un parco, una fontanella e un
via vai di persone con recipienti di ogni tipo. Dopo essere rimasta asciutta
per sei mesi l'acqua a stata rimessa a settembre.
"Scendiamo al laghetto", dice Sara, una delle giovani animatrici del centro
sociale. Il "laghetto" è una pozza d'acqua verdastra, si è formata una
decina di anni fa durante i lavori per un mega centro commerciale. Dentro
galleggia di tutto. Alcune persone stanno lavando i panni, "ci fanno anche
il bagno", spiega Valerio, anche lui del centro sociale. Il sentiero in
terra battuta è scivoloso e incorniciato di immondizie, passeggini scassati,
pezzi di computer, escrementi. Alcune baracche sono state ricavate in una
fatiscente struttura in cemento armato. Gli squarci nei muri di un grande
capannone rivelano una piccola città rom: baracche, con strade principali e
secondarie. E piazzette dove le persone si incontrano. Le pareti della case
sono un affastellato di cartelli pubblicitari, teli di plastica e vecchie
porte. Qualcuno impasta della calce, «continuano a costruire. Spesso tolgono
il materiale dal tetto del capannone», spiega Sara. Molti qui fanno i
muratori. E c'è anche chi si arrangia con piccoli furti, "ma sono persone e
vanno aiutate", dicono i ragazzi del centro sociale che organizzano corsi di
italiano gratuiti, "stiamo cercando di convincerli a mandare i figli a
scuola, ma abbiamo trovato forte resistenza dalla burocrazia".
E dove finiscono le baracche iniziala spazzatura. Una distesa di rifiuti
semi anneriti, "spesso per smaltirla accendono fuochi", dice Sara. E il fumo
si spande per tutto il quartiere. In mezzo all'immondizia 3 o 4 mini
baracche: i bagni. L'odore è insopportabile, "ma quest'estate era peggio",
sorride Joan mentre ci guida a casa sua. Anche lui è rumeno, ma appartiene
ad un altro gruppo e vive in un altro capannone più piccolo. Qui tutto è più
ordinato, pulito. Le baracche di legno e cartone sono allineate. Le famiglie
fanno il possibile per mantenere in buone condizioni anche l'interno delle
case. "A me non piace vivere così - dice Joan - ma quando vado a chiedere
una casa in affitto vogliono il permesso di soggiorno". E spiega di essere
arrivato nel 2002 "eravamo quattro o cinque", poi il passa parola ha
prodotto i suoi frutti. "Si parla tanto degli arrivi per mare ma le persone
che arrivano via terra sono molte di più - spiega Odevaine - C'è una
ordinanza del sindaco per sgomberare l' area - aggiunge - il Comune si è
impegnato a ridurre l'emergenza sanitaria. La proprietà in un primo tempo
non voleva neanche farci entrare. E' stato istallato un grande cassone per
la raccolta delle immondizie". Ma l'Ama ha portato via il cassone venerdì
scorso e da allora nessuno l'ha più visto. "Entro novembre dovrebbe essere
fatto l'accordo tra l'università e la proprietà - rivela Odevaine - poi si
procederà allo sgombero. Come sempre il Comune garantirà l' accoglienza a
mamme a bambini, ai quali verrà assicurata la possibilità di andare a
scuola. Poi bisognerà valutare chi ha titoli per restate in Italia".
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Prossima MontesaCriticalMass Giovedì 11 Novembre 2004,
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