Autor: Zanchetta Aldo Data: Assumpte: [Forumlucca] LETIZIA DEBETTO ultima da Nablus
Subject: ultima da Nablus
Abbiamo passato gli ultimi due giorni a Beit Furik, un villaggio fuori
Nablus.
Una parte degli oliveti sono a ridosso di una settler road, da cui li separa
una rete: subito sopra si trova l'insediamento dei coloni ebrei. Il primo
giorno
due jeep hanno stazionato per tutto il tempo fuori del cancello di accesso
alla strada, ma e' andato tutto bene. Abbiamo invece saputo in serata che
i pacifisti israeliani, che stavano aiutando i contadini palestinesi un
po' sopra di noi, hanno avuto dei problemi con i coloni.
Una parte del gruppo, tra cui io, e' rimasta anche a dormire nel villaggio.
Niente di speciale, tranne un incontro fortuito con delle donne che la sera,
mentre camminavamo sulla strada, ci ha chiamati e ci ha fatti entrare in
un cortile dove erano sedute una quarantina di donne, di tutte le eta',
con bambini, che ci hanno accolti con molta curiosita' e calore: erano li'
per una veglia funebre per una vecchia morta due giorni prima, ma anche
se non riuscivamo a comunicare moltissimo, tranne con una che parlava un
po' di inglese, ci hanno trasmesso delle bellissime sensazioni. Nell'Islam
le donne vivono veramente in un mondo a parte, c'e' una forte divisione
sociale tra i sessi, ma in situazioni come questa si rivela anche tutta
la ricchezza di una cultura che stentiamo a comprendere nella sua
complessita'
e che spesso giudichiamo con estrema superficialita'.
Anche il giorno dopo e' andato tutto bene: per una parte della giornata
abbiamo lavorato anche insieme agli attivisti israeliani, di Rabbi for
Human Rights, che contestano l'occupazione soprattutto dal punto di vista
della Torah e per l'imbarbarimento che questa produce nella societa'. Uno
di loro mi raccontava quanto sia difficile spiegare ai propri figli che
non
devono odiare i palestinesi e che ci sono buoni e cattivi da entrambe le
parti, e
la maggioranza sono buoni (un po' le stesse parole che Noah Salameh ci
diceva
di usare con i suoi figli, a Betlemme, durante l'occupazione con i carri
armati). Sono due societa' sconvolte ed estremamente impaurite dagli atti
di terrorismo a cui sono sottoposte, sempre
sotto la pressione e la paura di vedere i propri figli uccisi, feriti o,
nel migliore dei casi, arrestati.
C'e' stata anche una nota positiva: una jeep si e' fermata ed ha chiamato
qualcuno per parlare. In questo caso il soldato e' stato gentile, ha chiesto
se avevamo problemi con i coloni e se ne e' andato augurando buon lavoro.
Oggi invece, ultimo giorno di raccolta di olive per me, la situazione si
e' totalmente capovolta.
Siamo andati a Deir Lhattab, altro villaggio in cui e' stato richiesto
il nostro intervento: i contadini non potevano andare negli oliveti vicini
all'insediamento ed alla caserma subito sotto, pur avendo il permesso per
oggi. Li abbiamo accompagnati e subito sono arrivati i soldati, che
inizialmente
hanno anche salutato cordialmente in arabo. Ma la mira oggi non era sui
contadini quanto sugli internazionali: infatti hanno detto che i contadini
potevano restare, ma noi dovevamo andarcene al piu' presto (fidarsi?). Poi
pero' hanno visto Mohammed, uno dei nostri coordinatori dell'ISM, hanno
chiesto la Carta d'Identita' e quando hanno visto che proveniva da Balata
Camp gliela hanno sequestrata e volevano portarlo via con loro: a questo
punto c'e' stata la vera e propria "azione diretta nonviolenta" da parte
nostra. Ci siamo interposti tra lui ed i soldati coprendolo con i nostri
corpi: i soldati erano arrabbiatissimi e molto violenti, hanno cominciato
a strattonarci in maniera anche molto brutale, hanno preso qualcuno di noi
per il collo o per i capelli, tirato nasi ed orecchie ed erano
particolarmente
infastiditi dalle
macchine fotografiche,non volevano prove. Hanno continuato a colpirci a
calci e con la canna del fucile, ma non avevamo alcuna intenzione di
lasciargli
Mohammedd e rivolevamo la sua carta di identita'; abbiamo cercato in tutti
i
modi di calmarli. Poi, non so come, gliela hanno ridata e ci hanno intimato
di andarcene, che sarebbero tornati a controllare, mentre i contadini
potevano
restare. Ce la siamo cavata con qualche graffio ed un po' di contusioni.
La cosa che colpiva e' che erano tutti giovanissimi ma estremamente
violenti,
alcuni li avevamo gia' visti nei giorni scorsi.
Una delle difficolta' che avevamo e' che dovevamo proteggere il nostro
compagno
palestinese, o cercare di impedire che brutalizzassero gli altri, ma senza
toccarli onde evitare di essere denunciati ed arrestati per resistenza a
pubblico ufficiale.
Come prima impressione, peraltro condivisa anche dai miei compagni, devo
dire che in quei momenti non ti accorgi neanche se ti stanno facendo male,
ti ferisce molto di piu' vedere la violenza esercitata sugli altri. E
inoltre
immaginare quanta brutalita' possano esercitare sui palestinesi, se non
si peritano minimamente a scagliarsi contro degli internazionali.
Successivamente siamo stati raggiunti anche da alcuni degli attivisti
israeliani
che hanno raccolto alcune testimonianze per inviarle alla stampa.
In serata ci hanno fatto sapere che incredibilmente su alcuni giornali e'
apparsa la notizia che l'esercito era stato attaccato dai pacifisti
internazionali...
Ci hanno chiesto di raccogliere un po' di materiale fotografico per
ristabilire
la verita' ed inchiodarli alle loro responsabilita', ed e' quello che stiamo
cercando di fare. Non a caso quelli che sono stati colpiti piu'
selvaggiamente
sono quelli che cercavano di proteggere le proprie macchine fotografiche
e cineprese: in particolare Gregor, un ragazzo svedese, lo stavano quasi
strozzando per togliergli la macchina, finche' il laccio non si e' rotto,
ma in seguito a colluttazione siamo riusciti a togliere loro la macchina
e lanciarla via.
Bene, e' tutto, devo andare. Inshalla, tutto bene. Domani mi sposto a
Gerusalemme
e venerdi' cerchero' di andare a Ramallah.
Ciao a tutti/e.
Letizia