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Petrolio a 54 dollari: Greggio "guastafeste"
di Alfonso Tuor
15 Oct 2004
La corsa al rialzo del prezzo del petrolio è destinata a rimettere in
discussione tutte le previsioni economiche. La maggior parte di queste
stime si basano sull?ipotesi di un prezzo del greggio al di sotto dei 40
dollari, ma ormai da oltre tre mesi il prezzo del barile veleggia sopra
questa soglia e all?orizzonte non si riescono a scrutare segnali che
inducano a ritenere plausibile un?inversione di tendenza. Ma c?è di più,
la corsa del petrolio non è un?avventura solitaria, ma è accompagnata da
un?impennata di simili proporzioni delle materie prime e di molti prodotti
alimentari (zucchero, caffè, ecc.).
Tutto ciò riporta con la memoria agli anni settanta, quando l?impennata
del prezzo del petrolio e delle materie prime, coniugata con una politica
monetaria espansiva delle banche centrali, portò alla stagflazione, ossia
al manifestarsi contemporaneo di una crescita economica stagnante e di
alti tassi di inflazione. Non sorprende quindi che alcuni, convinti che il
rialzo dei prezzi delle materie prime durerà, ritengano che questa
malattia sia destinata a riapparire nei prossimi mesi e nei prossimi anni.
E non si può a prima vista negare questa possibilità: il rialzo dei prezzi
delle materie prime coincide effettivamente con politiche monetarie e
fiscali fortemente espansive e, quindi, potrebbe produrre i medesimi
risultati.
Però questa previsione è destinata molto probabilmente a rivelarsi errata,
poiché la grande differenza tra la realtà attuale e quella degli anni
Settanta è che l?aumento del prezzo delle materie prime non è destinato ad
innescare quella rincorsa tra prezzi e salari che allora fece impennare
l?inflazione.
Il motivo è semplice: con l?apertura dei mercati e i processi di
delocalizzazione il potere contrattuale dei lavoratori americani ed
europei è stato drasticamente ridotto e quindi la possibilità di
recuperare nella busta paga il potere d?acquisto perso alla pompa di
benzina è minimo. Basti pensare che in Europa si parla di riduzione dei
salari (ad esempio in Germania) e non di un loro aumento. Lo stesso vale
per le imprese: le loro capacità di scaricare l?aumento dei prezzi delle
materie prime sul consumatore finale sono pressoché nulle. Quindi questi
aumenti sono destinati a ridurre la loro redditività, come dimostrano gli
esempi di Nestlé, Unilever, Merloni, Electrolux, ecc.
Appare quindi improbabile che si metta in moto un meccanismo simile a
quello degli anni Settanta, mentre è molto probabile che il continuo
aumento del prezzo del petrolio trasformi l?attuale rallentamento della
crescita economica in una brusca frenata destinata a manifestarsi più
rapidamente di tutte le previsioni. Sarà quindi importante capire se la
frenata della crescita determinerà una correzione dei prezzi del petrolio
e delle altre materie prime.
Alcuni ritengono che anche un forte rallentamento dell?economia
occidentale non farà scendere i prezzi. Secondo queste tesi, i prezzi non
caleranno perché la loro attuale impennata è il risultato di anni di
investimenti insufficienti nell?esplorazione di nuovi giacimenti
petroliferi, nello sfruttamento delle miniere, ecc. Dunque, l?aumento
della produzione sarà un processo lungo, che richiederà molti anni.
L?offerta continuerà a rimanere insufficiente rispetto ad una domanda che
non è destinata a diminuire di molto a causa della «fame» di petrolio e di
materie prime dell?Asia ed in particolare della Cina.
Si potrebbe a questo punto ricordare che le autorità cinesi stanno
tentando di frenare la loro economia e che l?aumento del prezzo delle
materie prime colpisce più i paesi emergenti di quelli sviluppati, a causa
del loro maggiore uso percentuale di petrolio e di materie prime.
In effetti appare molto probabile che il fenomeno della stagflazione si
manifesti proprio in Asia (anche se in molti paesi asiatici il prezzo del
petrolio è fissato dal governo e quindi il suo aumento non si scarica sul
consumatore ma sulle casse dello Stato), mentre nel mondo industrializzato
l?impennata del greggio rafforzerà le tendenze deflazionistiche.