comunicato 09.10.2004 - il rapimento delle due ahimsa
Giovedi' 7 ottobre 2004, l'FBI, su ordine federale,
ha richiesto a Rackspace (un provider statunitense) di consegnare loro
l'hardware dei due server (ahimsa1 e ahimsa2)
che ospitano indymedia italia, decine di altri nodi
del network e molti progetti no-profit internazionali.
I due server si trovavano nella loro filiale londinese e Rackspace li
ha consegnati immediatamente senza prima avvisare gli amministratori delle macchine e senza rendere
note le basi legali di questa consegna in territorio britannico.
E' un atto intimidatorio.
Un atto teso ad inviare un chiaro segnale a indymedia e a tutti coloro i quali
immaginano una realta' altra impedendoci tra l'altro di ripristinare rapidamente
i siti.
Come i mercati finanziari, oggi sono globalizzati anche il controllo,
la repressione della liberta' di informazione, la guerra preventiva senza
frontiere. Anche l'ultimo frammento di liberta' che rimane piu' intimamente
legato a ognuno di noi: la possibilita' di esprimere le proprie opinioni e
conoscere quelle altrui non e' piu' possibile ne' nel proprio paese, ne' a livello
internazionale.
Gli accordi multilaterali per estendere la legislazione di emergenza a ogni aspetto
della vita e del globo trovano in questo episodio una loro drammatica conferma, a dispetto di ogni
definizione di diritti civili, delle stesse legislazioni nazionali e delle liberta' universali.
Indymedia non conosce ancora i motivi della sottrazione dei propri dati e
questo non e' un caso, perche' non e' necessaria alcuna giustificazione pubblica per
negare la liberta' di informazione e di espressione.
L'"episodio Indymedia" e' solo l'ultimo in ordine di tempo di una escalation
preoccupante di repressione che non riguarda soltanto il fantomatico mondo del
digitale e della comunicazione, ma anche la contestazione di reati gravi come il 270 bis,
ter e quater [sic!] (associazione sovversiva, che prevede pene decennali) solo
per aver distribuito volantini in solidarieta' ad una persona arrestata,
rispolverando il quantomai attuale reato di propaganda sovversiva cosi'
amato dai regimi.
Ne sono altri fulgidi esempi la censura di Anarcotico.net, la causa di Trenitalia contro Autistici/Inventati
per nascondere il fatto di aver trasportato armi per la guerra in Iraq,
il sequestro di materiali in innumerevoli perquisizioni, la chiusura di siti,
fino ad arrivare alla guerra contro lo scambio di saperi del decreto Urbani
e della RIAA (come se condividere un file fosse grave, mentre non lo e' torturare
un uomo nelle prigioni turche).
Pensiamo che questo attacco generalizzato alle liberta' di ogni
individuo necessiti di una risposta vasta, sia sul piano delle forme che delle
pratiche, e distribuita sui territori.
Se per noi fare informazione equivale a dare ad ognuno la possibilita' di
pubblicare il proprio punto di vista e le proprie esperienze sul sito di
indymedia italia, allora difendere la liberta' di espressione significa agire,
ognuno con modi, tempi e immaginazione propri, contro questo e tutti gli altri
atti che la violentano quotidianamente cercando di rinchiuderla nei confini
della logica di emergenza e unita' internazionale.
Invitiamo tutti e tutte a esercitare pressione e attivarsi sia nella rete che
nei territori.
Oggi l'informazione e' sovversione: Uno mille centinaia di migliaia di sovversivi in ogni luogo.
::ALCUNE NOTE SUI FATTI::
Per cercare di fare chiarezza sugli eventi, cerchiamo di riportare i fatti che
sappiamo essere confermati, quelli che riteniamo attendibili e quelli che
secondo noi sono fuorvianti.
Giovedi' 7 ottobre verso le ore 18 (italiane) il sito di indymedia italia non
risultava raggiungibile. A una richiesta di chiarimenti il provider Rackspace,
dopo 20-30 minuti, ha risposto con una nota dove dichiarava di aver dovuto
consegnare il server all'FBI in seguito ad un ordine federale.
Successive richieste di chiarimenti sia per via telefonica che per mail, sia da
parte di avvocati che da parte degli amministratori del server, hanno ricevuto
risposte molto precise: da un lato Rackspace ci informava di non poterci
comunicare i motivi della consegna dei server, dall'altro ci notificava che la richiesta
era basata sull'applicazione del Mlat (Mutual legal assistment treaty), un accordo
internazionale (l'Italia lo ha firmato nel 1982) che stabilisce delle procedure di
collaborazione tra i vari Paesi in caso di reati relativi al terrorismo, rapimenti e riciclaggio di
danaro.
Tuttora non sappiamo se a Rackspace sia stato imposto il divieto di parlare
delle motivazioni del sequestro o se sia stata una scelta della compagnia dovuta
ad altre valutazioni cosi' come non sappiamo con certezza se i server siano stati
consegnati integralmente o solo nei loro hard disk, ne' per conto di chi, ne' se
sia stato fatto in ottemperanza ad un ordine oppure come spontanea collaborazione con le
autorita'.
In questi giorni si sono succedute molte ipotesi rispetto ai motivi di questo
atto di repressione della liberta' di informazione e di espressione: tutte
queste ipotesi sono basate su eventi reali, ma che non e' dimostrato abbiano una
relazione diretta con la sottrazione dei server.
Nei mesi passati, in effetti, i due server sono stati oggetto dell'interesse delle
forze dell'ordine di diversi paesi, lo dimostrano la causa vinta dagli avvocati della EFF
contro la DIEBOLD (una delle principali finanziatrici di Bush,
accusata di aver truccato gli apparati elettorali statunitensi di cui e' produttrice)
che chiedeva la rimozione di materiale anche da indymedia italia; cosi' come le
indagini del governo statunitense di cui e' stata oggetto indymedia New York
(una cui copia era ospitata sui server sequestrati) durante la Republican National Convention
per aver pubblicato dati relativi ai partecipanti alla convention; pochi giorni fa
inoltre l'FBI ha invitato (per "fare un favore alla polizia svizzera") indymedia
Nantes (anch'esso ospitato sui server) a rimuovere articoli con nomi e facce di
poliziotti svizzeri in borghese infiltrati durante una manifestazione di piazza,
ma questo procedimento era ancora in fase di formalizzazione al momento della
sottrazione dei computer.
Oltre a questi episodi eclatanti non passa giorno che qualcuno non
cerchi di censurare o chiedere comunque la rimozione di articoli o notizie
pubblicate sul sito di indymedia italia, ma dubitiamo che questa possa essere
ragione sufficiente per far letteralmente sparire oltre 300 GB di dati.
Venerdi 8 ottobre alle ore 22.38 un'ANSA riporta un'intervista fatta dall'Agence
France Press a un portavoce dell'FBI, tale mr. Parris, che
attribuiva l'ordine di sequestro nei confronti di Rackspace all'Italia e alla
Svizzera senza specificarne motivi ne' ulteriori elementi, ma cercando semplicemente di
"scagionare" l'FBI dalla patata bollente, dipingendola come zelante intermediario
di una richiesta repressiva altrui.
Al momento stiamo cercando di acquisire informazioni piu' certe sulla natura
dell'ordine, sul suo merito, sui suoi mandanti e sulla sua durata, nonche' sul
destino dei dati sottratti.
Sugli HD sequestrati, sono presenti tutte le informazioni
pubblicate liberamente da decine di migliaia di attivisti.
Non ci sono invece i LOG delle connessioni al
sito: non e' quindi possibile identificarne gli utenti. Indymedia per sua
propria policy non mantiene nessun LOG contenente dati sensibili degli accessi
al sito: quindi non c'e' nessun pericolo di identificazione personale nel
rispetto della privacy di chiunque abbia usato gli strumenti messi a
disposizione da indymedia.
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