Autor: nt Data: Asunto: [Incontrotempo] precog a incontrotempo
Ciao sono frenchi di CW, il sunto che sto per scrivere è liberamente tratto
dall'assemblea precog del sabato incontrotempista poi riportato nella
plenaria domenicale. Questo arduo compito è dovuto alla mancanza colpevole
di blicero che pur avendo trascritto tutto, ma veramente tutto, si è
assentato durante l'intervento precog. Amen, patirò il vostro inferno di
critiche nel caso vengano riscontrate manomissioni ed errori. In ogni caso
correggetemi... ho il cilicio a portata di mano
Al principio fu sabato tardo pomeriggio, presenti una settantina di persone
ben rappresentanti il vasto e variegato mondo dei precog assemblearisti.
Due argomenti preventivamente in agenda:
1) iniziative e preparazione della rete s.precario's day
2) eventuali valutazioni sulle proposte che sarebbero emerse dai tavoli e
dalle assemblee di incontrotempo
Si parte dalla costatazione che sempre più la precarietà sociale è terreno
centrale e di confronto; questo secondo noi è importante però alcune volte
ci sorge spontaneo il dubbio che le valutazioni connesse a tutto ciò che
deriva da questa affermazione non siano sempre prese in considerazione fino
in fondo.
Ossia parlare della precarietà, parlare della sua connotazione sociale e non
solo lavorativa significa ripensare complessivamente gli interventi e gli
strumenti attraverso i quali questi si compiono e questo significa porsi
delle domande complesse che abbracciano un enorme numero di questioni: che
riguardano la riuscita di uno sciopero ( generale o meno ) la attualità
delle forme sindacali, l'intervento sociale,le rivandicazioni, le azioni nei
luoghi di lavoro, i picchetti ,le riappropriazioni e su come leggere le
precarietà che, benchè nate dal medesimo meccanismo di ricatto e mantenute
attraverso lo stesso processo di atomizzazione, in verità assumono poi
aspetti diseguali e distribuzioni disomogenee all'interno del contesto
nazionale e del corpo sociale. Per non parlare poi del contesto europeo.
Considerazioni mai rivolte acriticamente e mai col tono supponente di chi ha
la verità in tasca oppure di chi considera tutto ciò che è vecchio obsoleto
e il nuovo vincente.
Tutt'altro: il percorso che ha condotto alla mayday lo dimostra
esplicitamente e non è evidentemente un caso isolato.
Ciò non toglie che la volontà di ricreare "sportelli" o rilanciare quelli
esistenti pone due questioni:
il perchè si rilancia o si ricrea e il perchè si decide che è necessario
confrontarsi e reticolare le varie esperienze.
Senza entrare nel merito è ovvio che la voglia di ripensare o creare nasca
dalla considerazione più o meno condivisa che qualcosa è cambiato e che in
questo cambiamento si possano oramai leggere le direttrici su cui impostare
un intervento più efficace. O meglio: c'è la forte convinzione di poter
(ri)pensare questo strumento calibrandolo all'altezza delle difficoltà del
presente e questo nuovo slancio non può che sorgere dalle ceneri di
esperienze che non sono più riuscite a catalizzare conflitto. Ovviamente ciò
non è un assoluto ma è una considerazione particolarmente vera in alcuni
territori e soprattutto per un numero sempre crescente di lavoratori che
vessati dalla precarietà stentano a trovare i riferimenti e comunità
solidali con cui associarsi e difendersi.
Ebbene la rete dei punti s.precario nasce da questo contesto e da queste
valutazioni. E' una rete aperta, attraversabile, criticabile e concatenabile
però sorge con una caratteristica specifica: quella che associa alla volontà
di agitare conflitto il terreno del simbolico e del "mito" come momento
aggregativo e come luogo di sperimentazione e di spinta innanzi.
Questa è la peculiarità imprescindibile di questi luoghi che per altri versi
sono eterogenei e scelgono di intevenire ognuno secondo le proprie capacità
lungo i diversi punti della filiera precarizzativa.( o anagrammando
precarizzavita)
Tutto ciò per il semplice fatto che si è convinti dal presupposto che la
ricattabilità totale + l'atomizzazione siano il frutto del monopolio
"multinazionale" dell'import_export (dal/nel corpo sociale) delle
suggestioni e degli immaginari e ovviamente dei flussi di informazioni che
ne stanno alla base.
Ciò porta ad una valutazione diversa ( ma che non vuole essere
contrappositiva ) del tipo di date su cui puntare per le giornate di
mobilitazione. Non tanto quindi il ventisette di ogni mese, a rischio
secondo noi di cadere nella ritualità scadenzata, quanto invece date
differenti scelte in base alla capacità di mutarne il senso e sovvertire la
percezione che comunemente si ha di queste. Ad esempio si è scelto l'ultimo
sabato prima dello scorso natale ( giorno sacro del consumo) per lanciare la
campagna " c'è un solo babbo ( traduzione :coglione) a natale che lavora: il
precario"; oppure quella del lancio di s.precario, il giorno più sfigato di
tutti, il 29 di febbraio e quindi quelle della fine di questo mese per
proclamare i precari tutti/e santi; oppure si è cercato di interferire con
gli eventi che producono gli spazi dell'immaginario di questa società : la
moda e il festival del cinema di venezia.... e così via.
Ma in ogni caso pensiamo che al di là di queste scelte differenti si debba
far si che lo spazio temporale che abbraccia le iniziative che vanno dal
ventidue ( no work) e attraversano il 27 ed il 30 debbano trovare un filo
comune che le possa far confluire nella manifestazione del 6 di novembre
affinchè questa data non rappresenti solo "una sfilata" seppur numerosa ma
divenga una giornata in cui i precari e le precarie esercitano conflitto
nella città e nei suoi territori geneticamente mutati dal virus
neoliberista. E che inoltre la partecipazione sia la più attiva e la più
vasta possibile e che sappia ripercorrere quel solco importantissimo già
tracciato dalla mayday che ha visto le persone confluire e riconoscersi in
ciò che dalla manifestazione nel suo complesso veniva espresso e non ( solo)
dai singoli spezzoni. Per cui ribadiamo l'importanza di un'apertura
unitaria, POTENTE e di tutti/e, con parole d'ordine comuni e altri momenti
"garantiti" di equipollenza in modo che l'impegno dell'anche più piccolo
collettivo, gruppo o persona possa ritrovarsi in un'idea sentita e condivisa
da tutti/e.
Sono stato equo?. Spero di si, se ciò non fosse potrete fare di me e dire di
me ciò che vorrete.