[Incontrotempo] Incontrotempo dal manfo

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Aihe: [Incontrotempo] Incontrotempo dal manfo
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ragioniamoci
----- Original Message -----
From: "filmrizoma" <filmrizoma@???>
To: "Ml di Incontrotempo" <incontrotempo@???>
Sent: Friday, October 08, 2004 9:43 PM
Subject: Re: [Incontrotempo] Incontrotempo dal manfo




Consenso con Franco e con tutte le sue considerazioni sui limiti politici
ed editoriali del quotidiano che sarebbe all'estrema sinistra dell'editoria
in Italia.
Però vorrei aggiungerne un'altra. L'equivoco in cui cade Ciccarelli, che
rientra comunque nell'attitudine al sorvolo che ha spesso il Manifesto nei
confronti delle vicende dei movimenti, viene anche da parte nostra.
E' paradossale e interessante che in un Incontrotempo in cui la
comunicazione a piena unanimità è stata posta al centro del dibattito
veniamo giocati in questo modo proprio su questo terreno.
Un punto debole della nostra elaborazione collettiva sta proprio nel nostra
rapporto con il potere della narrazione.
Come nella rappresentanza politica non siamo propensi ad accettare deleghe
tanto meno dovremmo accettarne nella nostra facoltà di narrare e narrarci.
Qui la separatezza che abbiamo cacciato dalla porta ci rientra dalla
finestra. La visione che ho è stramba. Un ipotetico ufficio marketing (per
niente guerrigliero) del movimento crea il materiale simbolico - la
mitologia - di cui siamo consumatori. E poi questa mitologia finisce per
servire più a fini di coesione interna e di identificazione piuttosto che
per comunicare all'esterno, e ci rimaniamo impigliati. Temo che San Precario
è diventato questo.
Se proprio dobbiamo servirci di racconti mitologici cerchiamo di usarli e
non farcene usare. Rivendichiamo la nostra capacità di produrre esperienza e
il linguaggio capace di rappresentarla in una molteplicità irriducibile a
qualsiasi banalizzazione rassicurante.


Claudio
SpegnilaTV
Tv di strada


"My mental state is illegal!"





Il giorno 6-10-2004 20:21, Franco, franszisko@??? ha scritto:

> Questo articolo è orrendo, sempre la solita solfa folcloristica della

serie
> "ecco i ggiovani dei centri sociali...". E' un modo per parlare
> dell'iniziativa senza in realtà parlarne, è evidente disinformazione
> tendenziosa. Tutto ciò che rifugge dal discorso "prodi si, prodi no"

sembra
> risultare fuorviante. Per loro i movimenti sono tanto simpatici e
> pittoreschi ma al massimo servono a segnalare un fenomeno, un disagio, non
> vengono mai riconosciuti come soggetti autonomi raziocinanti in grado di
> proporre ipotesi interessanti. Per loro la "politica" vera è quella di
> rappresentanza, cioè: tu movimento ti agiti e segnali il problema, poi ci
> pensa la rappresentanza politica-partitica a fare la sintesi, e ci vediamo
> alle prossime elezioni. Ricordate gli articoli sulla mayday? Sempre quel
> tono: ah ah che simpatici 'sti precari!
> Incontrotempo meritava una mezza pagina di approfondimento, secondo me,
> magari scritta da Benedetto Vecchi, che ieri ha pubblicato una

interessante
> recensione sull'ultimo libro di Mike Davis.
> Fra l'altro direi che l'estensore dell'articolo sembra anche mal
> consigliato. Dove ha visto tutto questo sfoggio di sanprecari a
> incontrotempo? Con chi ha parlato? E perchè il manifesto mette sempre

degli
> incompetenti a scrivere articoli di questo genere? Mah....
> ----- Original Message -----
> From: "francesca" <gradozero@???>
> To: <incontrotempo@???>
> Cc: <precog@???>
> Sent: Wednesday, October 06, 2004 1:19 PM
> Subject: [Incontrotempo] Incontrotempo dal manfo
>
>
>
> Lavori a termine? C'è un santo per te
> 3 mila «fedeli» di San Precario si incontrano a Roma. In piazza il 6
> novembre
> ROBERTO CICCARELLI
> ROMA
> Nella sua tuta da operaio il clown Chaplin avvitava la sua vita alla

catena
> di montaggio. Mangiava, dormiva e amava allo stesso ritmo di un bullone al
> secondo. Oggi quel clown ha smesso la tuta e indossa la divisa di una
> catena commerciale, ha il volto glabro, il folto ciuffo nero e l'estasi di
> San Precario che rivolge la sua preghiera al dio nascosto del plusvalore
> assoluto del capitale. In uno dei suoi templi preferiti, il «laboratorio
> metropolitano del precariato» Acrobax a Roma, l'ex cinodromo, tremila
> fedeli di questo nuovo santo hanno onorato una delle sue numerose
> festività, quella della seconda edizione di «Incontrotempo», quattro

giorni
> dedicati al tema del lavoro precario. I seguaci del culto sono per la
> maggior parte lavoratori interinali e cognitivi. Nella domenica dedicata
> alla festività di Nostro Signore Precario, questi dipendenti delle catene
> commerciali, angeli dei call center, bounty-killers delle partite Iva,
> volontari legati alla catena produttiva del lavoro umanitario, precari
> della ricerca scientifica senza protettori in paradiso, hanno convocato

per
> il prossimo 6 novembre a Roma una manifestazione-street parade aperta a
> tutte le componenti del movimento italiano per riaprire la battaglia sul
> reddito di cittadinanza in Italia (e in Europa) per quel soggetto
> molteplice, trasversale e ormai maggioritario che è diventato il
> precariato. Per chi è abituato a pensare che il lavoro dei fedeli del

santo
> sia solo quello che si svolge ordinatamente in fabbrica, o negli uffici
> pubblici, consigliamo di leggere meglio la preghiera stampata sul retro

del
> santino: l'aureola del santo protegge tutti quelli che si aggirano senza
> più welfare negli antri delle nostre città. La vera alternativa politica
> oggi è di individuare le nuove forme di conflitto all'altezza della
> composizione materiale del lavoro precario.
> L'idea è quella di progettare uno «sciopero metropolitano» che permetta di
> coniugare la formula del corteo con strumenti che aiutino la

disseminazione
> del conflitto all'interno degli snodi produttivi della metropoli: «Lo
> sciopero tradizionale - sostiene Andrea Fumagalli, docente di Economia
> politica all'Università di Pavia - aveva come obiettivo quello di

provocare
> un danno per le imprese attraverso il blocco della loro attività
> produttiva. In una realtà produttiva postfordista diffusa a rete sul
> territorio come la nostra questo sciopero non ha alcun impatto politico».
> Non si tratta dunque di immaginare i classici picchetti davanti alla
> fabbriche, ma è necessario invece «chiudere ad esempio i caselli delle
> autostrade, bombardare elettronicamente i call center e i server degli
> uffici», bloccando temporaneamente la produzione immateriale senza far
> pagare le conseguenze dello sciopero alla busta paga dei lavoratori.
> Uno scenario da fantascienza politica? «Non credo - risponde la
> mediattivista Francesca Bria, una delle autrici di Precarity, un dvd che
> raccoglie una serie di docu-video sulle lotte antiprecarietà da Barcellona
> a Seul - quando gli autoferrotranvieri di Dublino hanno dichiarato
> autonomamente una giornata di trasporto gratuito, oppure quando i
> giornalisti di Rainews24 hanno autogestito il palinsesto per protestare
> contro dieci licenziamenti, non hanno fatto altro che socializzare la
> propria precarietà attraverso una nuova forma di lotta». Il movimento si
> pone anche il problema della comunicazione delle lotte: «Attiveremo un
> bollettino su mailing list - dice Rafael di Acrobax, una tesi in filosofia
> politica in corso e lavori part-time nella distribuzione di volantini -

per
> mettere in contatto quelle lotte che partiranno con l'apertura degli
> "sportelli" contro il lavoro precario il prossimo 26 ottobre». Dopo
> l'Euromayday che ha mobilitato lo scorso primo maggio 100 mila persone a
> Milano, il movimento sembra essersi allargato: «Dall'operaio della Siemens
> ai precari del Piccolo, sono stati in molti a creare dei legami con noi»,
> dice Frank di Chainworkers. Quello utilizzato è un linguaggio allo stesso
> tempo generico e universale, capace di includere le lotte dei disoccupati
> di Acerra con quelle dei precari di Padova, Bologna, Bari e Palermo. E già
> si annuncia un lungo congresso di neo-santi: da San Gennaro a San

Pietrino,
> il precario non sarà mai solo, anche se rimarrà ancora a lungo senza
> dignità, reddito e pensione.
>
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