[NuovoLaboratorio] Fw: condanna alla Cordopatri

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Haidi ed io vi chiediamo: possiamo fare qualcosa? Peppino Coscione.
Subject: condanna alla Cordopatri


Gentili amici,

nel ringraziarvi per quanto state facendo per Giovanni Impastato, sento il bisogno di porre alla vostra attenzione il caso della signora Teresa Cordopatri, di cui ha parlato Francesco La Licata in due articoli, uno comparso su "La Stampa" del 14 settembre e l'altro sullo "Specchio" del 25 settembre (allego quest'ultimo in attachment).
Nel primo articolo La Licata faceva i nomi dei magistrati che hanno fatto la citazione. Si tratta di Giuseppe Viola, Francesco Punturieri, Giovanni Montera e Salvatore Di Landro, non so di quale Procura.

A me sembra che il caso della Cordopatri sia grave altrettanto (se non di più) di quello di Giovanni, per una serie di ragioni:

1.. Giovanni ha espresso quel giudizio sull'avvocato di Badalamenti in una trasmissione seguita da milioni di spettatori. Non mi sembra che le denunce della Cordopatri possano avere raggiunto un numero molto grande di persone. Non ricordo che sia comparso sulla stampa qualche articolo su tali denunce e penso che quando La Licata scrive che le denunce della signora sono diventate di "dominio pubblico" si riferisca, quindi, all'ambito, abbastanza ristretto, della magistratura.
1.. Alla Cordopatri i quattro magistrati hanno chiesto, a quanto si evince dagli articoli, un risarcimento miliardario e un altro magistrato ha condannata la signora a pagarlo. Nessuno dei cinque magistrati ha evidentemente ritenuto di considerare che avrebbero messa la Cordopatri nelle condizioni di perdere quello che la mafia non era riuscita a toglierle.
1.. Non credo che si possa lanciare una sottoscrizione, come si sta facendo per Giovanni, perché si possono raccogliere facilmente 5.000 euro ma non una somma cento volte maggiore. Si può, però, fare in modo che il caso possa essere conosciuto da un pubblico più vasto e, forse, che l'iter messo in moto dalla sentenza possa essere bloccato.
2..
Per questa ragione ho già scritto a Roberto Scardova che ieri sera ha mandato in onda sul Tg3 un servizio sul caso di Giovanni con un'intervista alla signora Impastato, chiedendogli di mandare in onda nel telegiornale un analogo servizio con un'intervista alla signora Cordopatri.

Ritengo, però, che dovremmo anche noi, nel nostro ambiente e nell'ambito delle nostre associazioni, far conoscere il caso e fare sentire alla signora la nostra solidarietà.

Un cordiale saluto
Anna Puglisi
Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato" - Palermo



Teresa Cordopatri: due volte vittima



FRANCESCO LA LICATA



Le hanno ucciso il fratello, ora è costretta al fallimento. Per colpa di un codice penale, dice la nobildonna calabrese, «usato come una clava»



La storia dei vinti del nostro tragico meridione ci ha abituato alle esperienze più atroci . Abbiamo visto vittime reclamare una giustizia che non è mai arrivata, conosciuto uomini uccisi due volte: moralmente e fisicamente. Ci siamo imbattuti nell'arroganza del potere che, spesso, colpisce più violentemente della malvagità mafiosa. Quante volte abbiamo raccontato di uomini e donne colpiti dalla illegalità (per esempio i commercianti sottoposti al «pizzo»), costretti a rinchiudersi nel silenzio per legittima difesa, unica arma contrapponibile al disinteresse delle istituzioni, e quindi colpiti di nuovo (condannati per omertà) dalle leggi che dovrebbero regolare la cosiddetta società civile.





DENUNCE E RISARCIMENTI



Teresa Cordopatri, nobildonna calabrese, ha cercato riscatto nel coraggio della denuncia. Ma, come spesso accade nell'altra Italia, la sua battaglia è perdente. Ha denunciato gli assassini del fratello, Antonio Carlo, ucciso per non aver voluto cedere alle richieste della mafia. Invitata dai magistrati a «raccontare tutto», compreso quel sistema di condizionamento, politico, sociale e istituzionale, lo ha fatto, sicura che le sarebbe stata garantita quella riservatezza promessa.

Le sue analisi e i suoi sospetti, invece, sono diventati di dominio pubblico provocandole una serie di denunce e processi da parte di altri magistrati, ritenutisi infamati. Il risultato è terribile: la donna, rimasta con la sola compagnia della cugina Angelica Rago, si trova costretta al fallimento e alla svendita dei suoi beni per pagare le querele miliardarie.

Dove non è riuscita la mafia, dunque, sta riuscendo «il codice penale usato come clava», dice la Cordopatri. «Per soddisfare», medita donna Teresa, «le richieste di risarcimento di alcuni giudici, devo disfarmi dei beni che la mia famiglia è riuscita a sottrarre alla cupidigia mafiosa e che sono costati la vita a mio fratello».



"SPECCHIO", 25 SETTEMBRE 2004


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