[Lecce-sf] Fwd:centri di permanenza temporanea

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Autor: smencherini@libero.it
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Temat: [Lecce-sf] Fwd:centri di permanenza temporanea
CARISSIMI, SPERANDO DI FARE COSA GRADITA VI INVIO IL MIO INTERVENTO DI
ILLUSTRAZIONE DELLA MOZIONE SUI CPT.
CORDIALI SALUTI

SEN. NUCCIO IOVENE

SENATO DELLA REPUBBLICA
?????? XIV LEGISLATURA ??????
663a SEDUTA PUBBLICA
RESOCONTO
SOMMARIO E STENOGRAFICO
GIOVEDÌ 30 SETTEMBRE 2004
(Antimeridiana)
_________________
Presidenza del vice presidente SALVI

Discussione della mozione n. 280 sui centri temporanei di accoglienza per
immigrati (Procedimento abbreviato, ai sensi dell'articolo 157, comma 3,
del Regolamento)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca ora la discussione della mozione
1-00280 sui centri temporanei di accoglienza per immigrati, con
procedimento abbreviato ai sensi dell'articolo 157, comma 3, del
Regolamento.
Ha facoltà di parlare il senatore Iovene per illustrare tale mozione.

IOVENE (DS-U). Signor Presidente, poche ore fa, esattamente all'alba,
altri 214 immigrati sono sbarcati a Lampedusa, dopo che alle 3 di questa
notte altre 187 persone, a bordo dell'ennesimo barcone, erano arrivate
nella medesima isola.
L'arrivo e lo sbarco di immigrati in maniera più o meno eclatante, più o
meno sofferta - e sempre più si tratta di casi in cui la sofferenza è
evidentissima - è cronaca quotidiana, a prescindere da ciò che si dice o
si pensa dei fenomeni migratori. Per questi immigrati si porrà il problema
di iniziare un lungo calvario che li porterà ad affrontare il tema oggetto
della mozione che è stata presentata da 65 senatori di diverse forze
politiche.
Cosa ha spinto questi colleghi a presentare una mozione sui centri di
permanenza temporanea e di assistenza per immigrati a cinque anni dalla
loro istituzione?
Innanzitutto, la necessità di avviare una riflessione e di invitare ad
effettuare tale riflessione anche il Governo sulla legittimità dei centri
di permanenza temporanea, sulla loro efficacia e sulla loro effettiva
utilità e di fare questa riflessione non in astratto, ma alla luce della
concreta esperienza, di quanto effettivamente è accaduto in questi anni e
ancora in queste settimane.
La mozione che stiamo discutendo ha per oggetto l?istituzione dei centri
di permanenza temporanei e assistenza, avvenuta cinque anni fa grazie alla
cosiddetta legge Turco-Napolitano; tali centri sono poi stati modificati
nella loro funzione concreta dalla cosiddetta legge Bossi-Fini.
Si tratta di centri (sono 12, al momento, nel nostro Paese) nei quali
vengono di fatto reclusi i cittadini immigrati quando non è possibile
eseguire con immediatezza l?espulsione mediante accompagnamento alla
frontiera ovvero il respingimento, perché occorre procedere al soccorso
dello straniero, ad accertamenti supplementari in ordine alla sua identità
o nazionalità ovvero all?acquisizione di documenti per il viaggio ovvero
per l?indisponibilità di vettore o di altro mezzo di trasporto idoneo e
così via.
L?articolo che istituisce i centri di permanenza temporanea e assistenza
prevede che lo straniero è trattenuto nel centro con modalità tali da
assicurare la necessaria assistenza e il pieno rispetto della sua dignità.
La legge Bossi-Fini ha allungato a 30 giorni, rinnovabili per altri 30
(per complessivi 60 giorni) il periodo di trattenimento.
La mozione in esame chiede che il Parlamento e il Governo riflettano su
questa realtà e invita l?Esecutivo a riferire sull?effettiva situazione
esistente all?interno dei centri di permanenza temporanea e assistenza,
sulla modalità con la quale si sta procedendo all?istituzione di centri di
identificazione per richiedenti asilo, a dare disposizione ai prefetti
perché sia assicurata effettiva trasparenza sul funzionamento e sulla vita
dei centri di permanenza temporanea e assistenza (tornerò su questo punto,
che è particolarmente delicato) e a presentare in Parlamento un bilancio
economico dei reali costi di gestione di tutto questo sistema.
Alla luce di tutto ciò la mozione chiede al Governo di determinare una
moratoria sulla costruzione di nuovi centri di permanenza temporanea, che
pure il Governo ha in programma.
Non è un caso che questi centri rappresentino, da molti punti di vista,
una realtà assurda e siano lo specchio di un approccio al fenomeno
dell?immigrazione che tende a ridurlo a questione criminale e di ordine
pubblico. Ricordo a questa Assemblea e al sottosegretario D?Alì (che
rappresenta il Governo, in questo momento) alcuni dati che mi sembrano
evidenti. Alla fine degli anni Ottanta, quando il fenomeno
dell?immigrazione straniera cominciava a farsi strada, era straniera una
su otto delle persone che entravano in carcere.
Nel 1991 la percentuale di stranieri, tra i nuovi ingressi in carcere, era
esattamente del 17,3 per cento; nel giro di cinque anni (mi riferisco,
quindi, al 1996) tale percentuale arrivò al 28,1 per cento, vale a dire
più di una persona su quattro; nel 1999 è stata poi superata la soglia di
una persona su 3, con una percentuale del 33,4; nel 2000 la quota di
stranieri sui nuovi giunti è salita ancora, fino a raggiungere il 36,2 per
cento.
Nei confronti degli stranieri vengono spesso intrapresi percorsi penali
differenziati rispetto agli italiani. Si fa un notevole ricorso alla
custodia cautelare, e questo fa sì che quasi il 60 per cento degli
stranieri nelle carceri italiane siano detenuti in attesa di giudizio,
mentre tra gli italiani il dato scende al di sotto del 40 per cento. I
detenuti stranieri si concentrano soprattutto negli istituti penitenziari
del Centro-Nord, e tra questi soprattutto nelle carceri nelle grandi città
e nelle grandi aree metropolitane. Gli stranieri, spesso sprovvisti del
permesso di soggiorno, non possono certificare il luogo in cui risiedono,
in cui risiede la famiglia, per cui sono i primi ad essere coinvolti in
periodici sfollamenti che interessano molti degli istituti penitenziari
italiani.
Se a questo si aggiunge il fatto che nei Centri di permanenza temporanea
circa il 60 per cento dei cosiddetti ospiti attualmente trattenuti sono ex
detenuti, emerge un quadro che ha dell'assurdo e del paradossale. Mi
chiedo, e chiedo al sottosegretario D'Alì: che ragione c'è, soprattutto
per ex detenuti, che quindi hanno espiato un periodo più o meno lungo
all'interno di un istituto penitenziario, aggiungere altri 60 giorni di
trattenimento? Forse che tutti i provvedimenti relativi alla loro
identificazione o alla loro espulsione non potevano essere fatti nel
periodo di detenzione, nel periodo in cui erano in galera? Per quale
motivo aggiungere, a differenza degli altri cittadini, 60 giorni in più di
detenzione di fatto a quella che hanno effettivamente scontato?
Ma, oltre ai numeri che ho provato a citare, dietro ai numeri, ci sono le
persone, ci sono i casi concreti, le situazioni diverse, e se per il 60
per cento si tratta, appunto, di ex detenuti, c'è un 40 per cento che non
lo sono: si tratta di cittadini, di immigrati trovati senza documenti, o
con documenti irregolari e che vengono, tra l'altro, trattenuti insieme a
coloro i quali hanno commesso dei reati, alimentando un circuito perverso,
che spinge alla clandestinità, che spinge all'illegalità, invece di
tentare di costruire percorsi positivi per farli fuoriuscire da questa
situazione.
Ma vorrei citare alcuni casi concreti. Guardi, signor Sottosegretario, io
sono stato proprio lunedì e martedì nei Centri di permanenza temporanea di
Isola Capo Rizzuto e di Lamezia Terme. Tra l'altro, il Centro di Isola
Capo Rizzuto è stato inaugurato a gennaio di quest'anno, è stato
presentato dal suo collega Mantovano come un Centro di eccellenza. Il 16
di luglio e il 29 di agosto di quest'anno ci sono stati gravissimi
incidenti, con incendio di parte della struttura, con scontri e lesioni
sia tra i trattenuti che tra le forze dell'ordine, a testimonianza di
quale angoscia, di quale situazione di tensione, di quale difficoltà si
viva in quei centri.
Ecco, ho incontrato un signore macedone, appunto, che era in visita ad
alcuni parenti in Italia ed in possesso del titolo di viaggio di rientro,
che aveva dimenticato, o meglio, non sapeva di dover timbrare presso la
questura il suo visto turistico dopo il settimo giorno di permanenza sul
territorio italiano; ed è stato fermato ed immediatamente tradotto nel
Centro di permanenza temporaneo, dove attualmente ancora si trova.
A Lamezia Terme invece ho trovato un giovane delle isole Mauritius, che
lavorava con regolare permesso di soggiorno a Palermo, il quale è stato
investito da un pirata della strada che lo ha anche abbandonato sul posto;
è stato ricoverato e, durante gli otto mesi di ospedalizzazione per i
danni subiti dall?incidente, gli è scaduto il permesso di soggiorno,
sicché, appena uscito dall?ospedale, è stato fermato e tradotto nel centro
di permanenza temporanea di Lamezia Terme, perché non aveva avuto la
possibilità di regolarizzare il suo permesso di soggiorno.
Sono solo alcuni dei casi e non si tratta di eccezioni, bensì
assolutamente della norma nella quale ci si trova ad imbattere visitando
questi centri.
Ancora, Nicole, un albanese di 35 anni, da cinque anni in Italia,
rientrato nella maxisanatoria come dipendente di una società cooperativa a
Bergamo, il quale, per ottenere il rinnovo del permesso, ha presentato lo
stesso, identico contratto di lavoro con cui ottenne la prima
regolarizzazione; ma la legge Biagi nel frattempo ha modificato lo statuto
del cosiddetto socio-lavoratore; risultato: Nicole non risulta più un
dipendente, quindi niente rinnovo e anche per lui la stessa sorte.
Ci troviamo di fronte ad un paradosso che questo Governo ha determinato,
cioè quello di prevedere ed esaltare, con la legge n. 30 del 2003, il
massimo della flessibilità del mercato del lavoro: il lavoro a chiamata,
il lavoro ad ore, il lavoro interinale, tutti i possibili meccanismi di
lavoro sono consentiti e sostenuti, incentivati da questa legge, che è
presentata quasi come una sorta di manifesto ideologico dell?attuale
Governo; ma questo vale solo per i cittadini italiani: per i cittadini
immigrati, ovviamente, la legge Bossi-Fini stabilisce che per il permesso
di soggiorno è necessario che esista un rapporto di lavoro subordinato, a
tempo indeterminato o determinato, di durata non inferiore ad un anno. È
evidente la contraddizione, la palese differenza di trattamento e di
approccio: solo per gli immigrati deve esistere un rapporto di lavoro
subordinato di un certo tipo, mentre si inneggia al lavoro flessibile,
fatto in mille modi differenti.
Vi è poi il caso, sempre nei centri di permanenza temporanea, dei
richiedenti asilo. Gli ultimi dati a nostra disposizione (lei lo sa bene,
signor Sottosegretario) ci dicono che su 13.000 richieste di asilo il
nostro Paese ne ha accolte nell?ultimo anno solo 550, una percentuale
ridicola, irrisoria. E oggi la commissione sta esaminando le richieste di
concessione di asilo politico relative alle persone che hanno avanzato
questa richiesta alla fine del 2002; siamo quasi alla fine del 2004; molti
dei richiedenti asilo sono trattenuti nei centri di permanenza temporanea.
Questi sono dati, casi concreti. Alla luce dell?esperienza concreta, non
in astratto, è effettivamente efficace questo sistema che è stato
istituito?
Tra il luglio 2002 e il luglio 2003 le persone trattenute all?interno dei
centri di permanenza temporanea sono state 16.924 (13.232 uomini e 3.692
donne); il numero delle espulsioni ha riguardato poco più di un terzo,
7.344 persone, mentre il numero delle persone non riconosciute entro il
termine massimo dei 60 giorni è stato di 5.149, circa un terzo.
Allo scadere dei sessanta giorni queste persone vengono rilasciate, ma
esistono casi - e purtroppo non sono isolati - in cui vengono "ripescate"
e mandate nuovamente, per altri sessanta giorni, nei centri di permanenza
temporanea, e ciò avviene per due-tre volte. C?è stato addirittura il caso
di una persona che è stata trattenuta per periodi successivi di sessanta
giorni per ben sette volte. È un obbrobrio giuridico, un fatto assurdo,
incredibile, che non sarebbe dovuto accadere e invece si è verificato.
Questo Governo, nella legge finanziaria di quest?anno, ha stanziato 105
milioni di euro per la gestione dei centri di permanenza temporanea e
circa 25 milioni di euro per la costruzione di nuovi centri, a fronte di
meno di 11 milioni di euro per le azioni positive nei confronti degli
immigrati, quali l?assistenza agli stranieri (6 milioni) e il Programma
nazionale asilo (5 milioni). Si rende conto, signor Sottosegretario, della
sproporzione, della differenza di trattamento, della logica perversa che
guida tale rapporto in questa situazione?
Inoltre, c?è un problema di trasparenza. Si rende conto, signor
Sottosegretario, che i centri di permanenza temporanea sono meno
accessibili e meno trasparenti delle nostre carceri? Via via le prefetture
hanno impedito l?accesso ai centri alle associazioni umanitarie, alle
organizzazioni di volontariato, ai consiglieri regionali. Oggi i
consiglieri regionali possono accedere per legge agli istituti
penitenziari di loro competenza territoriale, così come le organizzazioni
di volontariato, che possono controllare e prestare assistenza. Ciò non
avviene per i centri di permanenza temporanea, creando in queste realtà
meccanismi in cui non vi è trasparenza e possibilità di accertamento - se
non da parte dei parlamentari - delle reali condizioni in cui vengono
trattenuti gli immigrati.
Guardi, la sentenza della Corte costituzionale n. 105 del 2001 ha
incisivamente chiarito che non solo il trattenimento, ma anche
l?accompagnamento coattivo incidono sulla libertà personale e che lo
straniero deve godere del medesimo diritto alla libertà personale, in
condizioni di uguaglianza con il cittadino italiano. E? l?articolo 13
della nostra Costituzione che sancisce: "La libertà personale è
inviolabile".
A ciò dovremmo pensare discutendo di questa mozione e riflettendo su
questa situazione. È l?auspicio che faccio per l?Assemblea e per il
Governo.

N.B. Questo messaggio ti viene inviato in osservanza del Decreto
Legislativo n. 196 del 30/06/2003 sulla tutela dei dati personali. Se non
sei interessato a riceverlo (o la consideri una invasione per la tua
privacy), ti basterà inviare una e - mail all'indirizzo a.iovene@???
avente come oggetto la dicitura cancella. Non riceverai più alcun
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