[Cerchio] La manipolazione dei pubblicitari

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La manipolazione dei pubblicitari




Lettera aperta con 24 quesiti
alla gentile attenzione dell'UPA (Utenti Pubblicità Associati) e dell'IAP
( Istituto dell'Autodisciplina Pubblicitaria )

L'UPA (Utenti Pubblicità Associati) ha diffuso su tutte le emittenti
nazionali, per quasi un anno, uno spot che mostra un consumatore con una
busta su cui è scritto "L'economia gira con me". L'uomo con la busta
incontra per strada altre persone del popolo che gli dicono "Grazie!". La
sua risposta è uno sguardo un po' perplesso. Una voce fuori campo commenta:
"Forse non ci hai mai pensato ma sono proprio i tuoi acquisti, anche i più
semplici, che fanno girare l'economia e se l'economia gira ci guadagniamo
tutti." A questo punto, per dare una nota ironica ed al contempo umana e
realistica allo spot, quando l'uomo consegna la busta alla madre o alla
moglie, queste non dicono assolutamente nulla e l'uomo commenta: "Almeno un
grazie!" quindi la voce fuori campo conclude: "<<L'economia gira con me>> è
un'iniziativa UPA", mentre appare la didascalia "UPA. Le aziende che
investono in pubblicità" e l'uomo, ripreso il cammino, riceve un ultimo
"Grazie!" da un passante.

Ma quali sono le finalità dell'UPA?

Per tutto il tempo della martellante campagna pubblicitaria era difficile
trovare informazioni sull'UPA (Utenti Pubblicità Associati). Solo in
prossimità della fine della campagna stessa è stato attivato il sito
ufficiale (www.upautentipubblicita.it) dove si legge:

"L'UPA è l'organismo associativo costituito dalle principali e più
qualificate Aziende industriali, commerciali e di servizi che investono in
pubblicità.
Scopo dell'UPA è di tutelare gli interessi di queste Aziende in campo
pubblicitario e di fornire loro una serie di servizi, di dati e di documenti
in funzione della ottimizzazione del loro investimento nelle attività di
comunicazione."

Al link "Attività e servizi" del sito sono riportate le seguenti "Attività
di carattere generale":


"Ampio e impegnativo è il campo delle attività svolte dall'UPA in difesa
della pubblicità nelle diverse sedi politiche, da quelle parlamentari a
quelle governative, e nei vari organismi che legiferano o hanno competenza
normativa in questo campo.

Innumerevoli sono gli interventi dell'UPA tesi a sventare limitazioni o
condizionamenti sulla pubblicità, nonché provvedimenti di carattere fiscale
o comunque onerosi per le Aziende.

L'UPA, inoltre, agisce in maniera diretta e incisiva nell'ambito di molte
commissioni parlamentari, governative e ministeriali, commissioni di cui
l'UPA fa parte o in cui interviene attraverso i suoi esponenti.

La consulenza e l'intervento dell'UPA sono inoltre richieste da numerosi
enti e apparati di natura pubblica, da gruppi parlamentari e da organismi
con ruolo legislativo e normativo.

L'UPA interviene in tutte le sedi di carattere pubblico come congressi,
convegni, tavole rotonde, meeting, seminari in cui si discutono temi
riguardanti la pubblicità e la comunicazione e in cui maturano orientamenti
e decisioni di fondamentale importanza per il mondo della pubblicità.

In queste sedi l'Associazione rappresenta e tutela gli interessi delle
Aziende. L'UPA partecipa alla discussione e alla elaborazione dei progetti
di legge in materia di pubblicità, promuovendone il miglioramento etico e
professionale (a cui contribuisce anche con l'Istituto di Autodisciplina
Pubblicitaria e il relativo Codice) e sollecitando tutte le iniziative
idonee alla sua valorizzazione.

L'UPA rappresenta un elemento fondamentale di compattezza di tutte le
Aziende che investono in pubblicità e svolge un ruolo attivo e propositivo
nei confronti delle controparti, imprimendo all'azione e agli interventi
delle aziende un carattere di univocità e di forza."

In pratica il compito dell'associazione raggruppante le imprese che
investono in pubblicità può essere, con la stessa terminologia usata dall'
UPA, così riassunto:

1.. "Sventare limitazioni o condizionamenti sulla pubblicità, nonché
provvedimenti di carattere fiscale o comunque onerosi per le Aziende."

2.. Agire "in maniera diretta e incisiva nell'ambito di molte commissioni
parlamentari, governative e ministeriali".

3.. Intervenire "in tutte le sedi in cui maturano orientamenti e decisioni
di fondamentale importanza per il mondo della pubblicità" per rappresentare
e tutelare "gli interessi delle aziende".

4.. Partecipare "alla discussione e alla elaborazione dei progetti di
legge in materia di pubblicità".

5.. Rappresentare "un elemento fondamentale di compattezza di tutte le
Aziende che investono in pubblicità".

6.. Svolgere "un ruolo attivo e propositivo nei confronti delle
controparti, imprimendo all'azione e agli interventi delle aziende un
carattere di univocità e di forza"

Poiché una lobby è un "gruppo di persone che, sebbene estranee al potere
politico, hanno la capacità di influenzarne le scelte, soprattutto in
materia economica e finanziaria" (Zingarelli N., lo Zingarelli 2003 -
Vocabolario della lingua italiana, Zanichelli, Bologna, 2003), possono
essere intese le dichiarazioni dell'UPA come un documento di intenti
lobbystici volti a sventare limitazioni e condizionamenti anche onerosi,
imprimendo in tale direzione univocità e forza alle azioni e agli interventi
delle aziende nei confronti delle controparti?

E tra le limitazioni ed i condizionamenti anche onerosi che l'UPA vuole
sventare sono forse da ritenersi incluse le condanne penali o le sanzioni
economiche al proprio operato in ambito di pubblicità ingannevole?

E chi sono le controparti delle aziende che investono in pubblicità
commerciale?

Controparte indica "la parte avversaria in un giudizio civile o
(estensivamente), in una controversia, in una trattativa specialmente
sindacale e simili" (Zingarelli, 2003). Nello specifico, le controparti di
aziende che promuovono pubblicità commerciali possono essere i sindacati, i
consumatori e le associazioni che li rappresentano, gli enti pubblici
(Autorità Garante delle Comunicazioni, Autorità Garante della Concorrenza e
del Mercato) e privati (IAP - Istituto dell'Autodisciplina Pubblicitaria,
IEP onlus -Istituto di Etica della Pubblicità) impegnati a regolamentare e
controllare la diffusione pubblicitaria.

Qui emerge un altro interrogativo:

l'UPA, la quale è in testa alla lista degli enti costitutivi dell'IAP
(www.iap.it/it/asso.htm), come può conciliare il fatto di essere socia
primaria e fondamentale di una delle sue stesse controparti?

Ma l'IAP è davvero una controparte dell'UPA? E quali sono le finalità dell'
IAP e del "relativo Codice" con cui l'UPA dichiara di contribuire al
miglioramento etico e professionale e alla valorizzazione della pubblicità?

In www.iap.it/it/codice.htm si legge: "a) Finalità del Codice - Il Codice di
Autodisciplina Pubblicitaria ha lo scopo di assicurare che la pubblicità,
nello svolgimento del suo ruolo particolarmente utile nel processo
economico, venga realizzata come servizio per il pubblico, con speciale
riguardo alla sua influenza sul consumatore.
Il Codice definisce le attività in contrasto con le finalità suddette,
ancorché conformi alle vigenti disposizioni legislative; l'insieme delle sue
regole, esprimendo il costume cui deve uniformarsi l'attività pubblicitaria,
costituisce la base normativa per l'autodisciplina pubblicitaria."

Il Codice IAP vuole così assicurare che la pubblicità commerciale sia un
"servizio per il pubblico" volto, "con speciale riguardo", ad influenzare il
consumatore?

Ciò sottintende un prevalente vantaggio per le aziende basato sulla
persuasione di massa, più che un peculiare servizio di informazione
obiettiva dei consumatori?

Ne consegue che l'IAP non svolge, con queste finalità, attività in contrasto
con l'UPA e non può quindi essere annoverata tra le sue controparti e che l'
UPA intende per valorizzazione e miglioramento etico e professionale della
pubblicità commerciale tutta la comunicazione che possa sempre più e sempre
meglio svolgere la propria "influenza sul consumatore"?

Inoltre, affermando che il Codice IAP "costituisce la base normativa per
l'autodisciplina pubblicitaria", UPA e IAP assumono un tono assolutistico in
contrasto con quanto prescritto dall'art. 8 del D.Lgs. 74/92, il quale
sancisce invece la compresenza di più organismi autonomi e volontari di
autodisciplina pubblicitaria sul territorio nazionale.

Ancora, l'UPA (Utenti Pubblicità Associati) ha voluto o no sfruttare il
significato ambiguo, che fa nella propria denominazione, del termine
"utente"?

"Utente" indica: "1 Chi usa un bene o un servizio specialmente pubblico: gli
utenti della strada, del telefono, della televisione | Utente di pubblicità,
destinatario di un messaggio pubblicitario o chi vi presta particolare
attenzione. 2 (estensivo) Chi usa un comune patrimonio culturale, sociale o
spirituale: gli utenti della lingua italiana." (Zingarelli, 2003).

Nella prima accezione, quella all'apparenza più inerente il caso, l'unica
locuzione idiomatica proposta dallo Zingarelli è proprio "utente di
pubblicità" in quanto destinatario finale di messaggi pubblicitari o persona
ad essi particolarmente attenta.

Semanticamente, coscientemente ed inconsciamente l'utente è sempre il
destinatario finale di qualcosa, quindi la denominazione "Utenti Pubblicità
Associati", rimanderà il consumatore ad un processo inconscio di
identificazione, poiché evoca il tratto uguale di utente finale, certamente
condiviso con i consumatori dagli imprenditori che investono in pubblicità.
I processi identificatori sono ulteriormente rafforzati dall'impostazione in
prima, anziché in seconda persona, del testo: "L'economia gira con me".
Viene invece taciuta la diversità, quale proprio il ruolo di "investitori"
che non è certo condiviso, almeno dal punto di vista economico, con la
controparte dei consumatori. Questi, messa a tacere la diversità da parte
dell'UPA, identificandosi come individui e soggetti sociali nelle aziende
dell'UPA che si presentano come "Utenti" simili a "me", cioè a se stessi,
abbattono le proprie difese e divengono più recettivi e disponibili al loro
messaggio pubblicitario e a tutti gli altri delle "imprese che investono in
pubblicità".

O l'UPA intende per "Utente di pubblicità" il soggetto che ad essa "presta
particolare attenzione", o nella seconda accezione estensiva, "chi usa il
comune patrimonio culturale, sociale o spirituale" della pubblicità?

Ma, in entrambe i casi, dovrebbero, per maggiore chiarezza e correttezza,
essere inclusi nell'UPA rappresentanti dei consumatori, delle Autorità
Garanti, degli istituti di controllo pubblicitario e quanti altri
particolarmente attenti alla materia o in essi coinvolti e non solo le
imprese che investono in pubblicità?

Di fatto, che sia della strada, del telefono, della televisione, della
sanità, della pubblicità o di qualsiasi altra cosa, l'utente è per certo chi
ne è il destinatario ed il fruitore finale. Coloro i quali commissionano,
gestiscono, producono o investono in tali settori sono, anche dal punto di
vista semantico, più propriamente committenti, operatori, investitori.

Oppure, "imprimendo all'azione e agli interventi delle aziende", nei
confronti dell'Accademia della Crusca e dell'Accademia Nazionale dei Lincei,
"un carattere di univocità e di forza", sarà presto corretto, non solo in
ambito pubblicitario, ma anche in quello linguistico, formulare concetti
come "UTA, Utenti Telefonia Associati, le imprese che investono in
telefonia" o "USA, Utenti Sanità Associati, gli istituti di ricerca che
investono in sanità"?


O tali interventi sono stati già effettuati ed è questo il motivo per cui la
dizionaristica italiana vi si sta adeguando?


E questi interventi in ambito della terminologia usata nella legislatura si
sono forse già attuati allorquando il D.Lgs. 74/92 sulla pubblicità
ingannevole e comparativa ha trasformato gli organismi volontari e autonomi
di controllo previsti dalla Direttiva 1984/450/CEE (a cui avrebbe dovuto
adeguarsi) in "organismi di autodisciplina", termine di rimando immediato
non alla Direttiva Europea di riferimento ma all'Istituto dell'
Autodisciplicina Pubblicitaria di cui l'UPA e socia?

E perché viene operata la scelta di un nome così particolare e con tali
implicazioni ermeneutiche e psicologiche da parte di una associazione di
soggetti che professionalmente prestano "particolare attenzione" ai messaggi
pubblicitari e sono, di conseguenza, ben edotti su tutte le più evidenti o
sommerse psicodinamiche della suggestione e della propaganda di massa?

Tra le dichiarate "attività svolte dall'UPA in difesa della pubblicità nelle
diverse sedi politiche . e nei vari organismi che legiferano o hanno
competenza normativa in questo campo", in merito al concetto di "utente di
pubblicità", per avvalorare l'uso che l'UPA fa di tali termini, è forse essa
stessa intervenuta nella proposta di legge n. 309 della XIII Legislatura per
far inserire due volte tale accezione terminologica nell'art. 2, comma 2 ("L
'Autorità dispone che l'utente della pubblicità fornisca prove sull'
esattezza materiale dei dati di fatto contenuti nella pubblicità stessa se,
tenuto conto dei diritti o interessi legittimi dell'utente della pubblicità
e di qualsiasi altra parte nella procedura, tale esigenza risulti
giustificata, date le circostanze del caso specifico.")?

Infine, al di là del parere dell'IAP che agisce in base alle finalità
citate, agli occhi del semiologo, dello psicologo o del consumatore è la
pubblicità dell'UPA da ritenersi in sintonia con il codice IAP?

Lo spot promuove l'importanza del consumo come motore in grado di far girare
l'intera economia affinché tutti ne abbiano a guadagnare. Tale guadagno è da
un lato quello del profitto aziendale, dall'altro quello di mantenere in
vita quanti più posti di lavoro possibili, sottintendendo al contempo la
terrifica eventualità di perdere il proprio lavoro o di farlo perdere ad
altri se non si fanno acquisti.

Lo spot è quindi perfettamente in linea con la citata norma preliminare a)
del Codice IAP.

Anche l'implicita paurosa possibilità di perdere o far perdere il posto di
lavoro è in sintonia col Codice IAP, "Art. 8 - Superstizione, credulità,
paura - La pubblicità deve evitare ogni forma di sfruttamento della
superstizione, della credulità e, salvo ragioni giustificate, della paura."
Infatti tale paura è giustificata dallo studio delle dinamiche del sistema
economico vigente.

La liceità dello spot è però semiologicamente e psicologicamente discutibile
per gli artt. 10, 11 e 12 dello stesso Codice.

Per l'art. 10 del Codice IAP, "Convinzioni morali, civili, religiose e
dignità della persona - La pubblicità non deve offendere le convinzioni
morali, civili e religiose dei cittadini. La pubblicità deve rispettare la
dignità della persona umana in tutte le sue forme ed espressioni."

Tale articolo è violato o meno quando vengono lese le convinzioni morali e
civili di tutti coloro i quali praticano, promulgano o difendono scelte
anticonsumistiche?

Per l'art. 11 del Codice IAP, "Bambini e adolescenti - Una cura particolare
deve essere posta nei messaggi che si rivolgono ai bambini e agli
adolescenti o che possono essere da loro ricevuti. Questi messaggi non
devono contenere nulla che possa danneggiarli psichicamente, moralmente o
fisicamente e non devono inoltre abusare della loro naturale credulità o
mancanza di esperienza, o del loro senso di lealtà. In particolare questa
pubblicità non deve indurre a: .ritenere che il mancato possesso del
prodotto pubblicizzato significhi inferiorità, oppure mancato assolvimento
dei loro compiti da parte dei genitori; sollecitare altre persone
all'acquisto del prodotto pubblicizzato ." Al di là della discutibilità in
assoluto di questa norma, c'è violazione di essa, dato che il messaggio è
stato sicuramente ricevuto da molti minori (ma quale spot non lo è?) che ne
hanno subito gli effetti di condizionamento psichico e morale in direzione
di una ideologia consumistica tassativamente condannata dalla stragrande
maggioranza della letteratura scientifico-pedagogica mondiale?

E c'è o meno violazione, considerando che tra gli effetti dello spot vi è
anche quello di indurre nei minori, consciamente o inconsciamente, un certo
senso di inferiorità per la mancata effettuazione di "acquisti, anche i più
semplici", che essi non sono logicamente in grado di discriminare
obiettivamente per livello di importanza, ma che possono far loro ritenere
inadempienti i genitori che non assecondando tutti i loro"più semplici"
desideri?

Infine l'intero spot (ma quale spot non lo è?) è un "sollecitare altre
persone all'acquisto"?

Per l'art. 12 del Codice IAP, "Salute, sicurezza e ambiente - La pubblicità
di prodotti suscettibili di presentare pericoli, in particolare per la
salute, la sicurezza e l'ambiente, specie quando detti pericoli non sono
facilmente riconoscibili, deve indicarli con chiarezza. Comunque la
pubblicità non deve contenere descrizioni o rappresentazioni tali da indurre
i destinatari a trascurare le normali regole di prudenza o a diminuire il
senso di vigilanza e di responsabilità verso i pericoli."

Questa norma è violata o meno allorquando lo spot generalizza l'importanza
di tutti gli acquisti effettuabili, per sottinteso tra i prodotti delle
aziende che investono in pubblicità, tra i quali ve ne sono anche molti
"suscettibili di presentare pericoli", inducendo così "a trascurare le
normali regole di prudenza o a diminuire il senso di vigilanza e di
responsabilità verso i pericoli" che tali prodotti possono comportare?

Per concludere, è certo che il nostro sistema economico sia un sistema e non
l'unico per gestire la distribuzione della ricchezza mondiale e che pure
molti rappresentanti di associazioni degli imprenditori ufficializzano di
auspicare un mondo di maggiore autoimprenditorialità, proprio per favorire
una più equa ridistribuzione di tali risorse. Quindi, viste anche le
direttive europee promulgate per incentivare la "responsabilità sociale
delle imprese", qual è il motivo per cui, a distanza di 8 mesi dal primo
invio di questa lettera, replicato ora per la settima volta, avete fino ad
oggi deciso di mantenere un atteggiamento nichilista, ignorando le nostre
domande e rifiutando di dare democratiche risposte, anziché stabilire con
noi un costruttivo dialogo volto a individuare valori obiettivi a favore di
nuovi modelli di evoluzione economica e sociale?

Grazie per le vostre risposte ed i vostri commenti.



N.d.R.: Nella prima versione il 24° quesito aveva un tono ironico. È forse
questo il motivo per cui le nostre domande non hanno ancora ricevuto
risposta? Così il 26 marzo 2004 abbiamo modificato l'ultima quesito,
sperando di intaccare meno la sensibilità dei nostri interlocutori e di
stimolare maggiormente un democratico dialogo.

Per gli interessati, il testo originale del 24° quesito nella prima versione
del 28 luglio 2003 era il seguente:

<<E, per concludere, dando per certo che il nostro sistema economico é un
sistema e non l'unico per gestire la distribuzione della ricchezza mondiale
e che auspichiamo un mondo di maggiore autoimprenditorialità proprio per
favorire una più equa ridistribuzione di tali risorse, quale relazione ci
potrebbe essere tra lo spot:

"L'economia gira con me"

dell'UPA ed un motto del tipo:

"Al consumator non far capire che senza di lui andremmo a zappare"?>>



Fonte: Istituto di Etica della Pubblicità