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"Global Warming" e i segreti del Pentagono
di Liliana Adamo
29 Sep 2004
Febbraio 2004: distaccati a New York, Mark Townsend e Paul Harris, due
reporter del giornale inglese Observer, arrivano a pubblicare alcuni
passaggi di rilievo da un rapporto commissionato dall'establishment
governativo americano, incentrato su una circostanziata analisi di
previsione sui mutamenti climatici in atto. Il rapporto è stato richiesto
da Andrew Marshall, influente consigliere per la difesa, l'uomo che,
nell'arco di tre decenni, ha creato un nuovo assetto alla logistica delle
forze militari USA, dirette dal Segretario della Difesa, Donald Rumsfeld.
Tra gli autori di questo rapporto, fino a quel momento tenuto segreto
dall'amministrazione Bush, si annoverano Peter Schwartz, consulente Cia ed
ex responsabile delle pianificazioni al Royal Dutch/Shell Group e Doug
Randall, del Global Business Network, con sede in California.
Ciò che viene fuori è uno scenario destabilizzante, sconvolto dalle
mutazioni climatiche, un esito ritenuto credibile che modificherebbe gli
obiettivi della cosiddetta sicurezza nazionale degli Stati Uniti. Gli
effetti e gli sviluppi, quindi, dovrebbero essere presi in esame senza
interposizione. Già dal prossimo anno aumenteranno le emergenze per
previste inondazioni, causate dal progressivo innalzamento dei livelli dei
mari, questo sarà sufficiente per modificare bruscamente la vita a milioni
di persone e sarebbe soltanto un inizio.
In un arco temporale circoscritto, diciamo fra circa vent'anni, la Gran
Bretagna si ritroverà in un clima siberiano, le coste dell'Europa
meridionale saranno spazzate via dall'incremento dei volumi dei mari, la
desertificazione renderà completamente alterati gli assetti morfologici,
determinando, tra l'altro, la completa distruzione delle biodiversità
locali, della fauna e delle risorse principali, in un disastro ecologico
ed economico facilmente immaginabile. Per garantirsi rifornimenti di cibo,
acqua ed energia, potrebbero scatenarsi guerre nucleari, la siccità e le
carestie provocherebbero rivolte popolari in ogni parte del mondo. A
quanto pare non soltanto gli ecologisti ma anche al Pentagono sanno fare
del catastrofismo.
Eppure, basterebbe questo rapporto per screditare la politica del
presidente in carica, che nega perfino l'esistenza di un mutamento
climatico. A dispetto delle sue rassicuranti convinzioni non solo esiste
il problema, ma anche incognite complessive sul futuro stesso della
civiltà occidentale.
La politica attuata nell'immediato corso degli eventi dall'11 settembre
2001, si è risolta in una corsa all'accaparramento di fonti d'energia
(petrolio) a basso costo, per darsi garanzia almeno dal punto di vista
energetico. L'ipocrisia delle superpotenze! In che cosa constano le tante
decantate "difese nazionali", senza considerare le priorità legate alla
preservazione del pianeta? Come possiamo tutelarci dal terrorismo se non
colmiamo le differenze con quella parte del mondo cui priviamo delle
risorse per un beneficio esclusivo? E continuando a non tener conto di
un'inversione di metodo per lo sfruttamento delle risorse globali,
escludendo i progetti per un maggiore equilibrio ambientale?
L'effetto serra è un'arma a doppio taglio, l'alterazione dell'ecosistema
si rovescerà a svantaggio di tutti, in modo parziale fra occidente
industrializzato che fa incetta di risorse e terzo mondo che continua ad
essere il container ai nostri bisogni. Una volta reso pubblico, gli autori
del rapporto si sono affrettati in alcune dichiarazioni, per esempio: "I
cambiamenti climatici dovrebbero andare oltre il dibattito scientifico e
di là dalle pur legittime preoccupazioni per la sicurezza interna degli
Usa".
La stessa amministrazione Bush è messa sotto attacco dall'intellighenzia
scientifica internazionale. La scienza non può addomesticarsi alle ragioni
d'opportunismo feudale di un'agenda politica, sebbene lo stesso Bush abbia
purgato tutti gli studi non allineati e censurato per quattro mesi il
documento redatto dagli stessi componenti del Pentagono, l'organo di
massimo controllo della prima potenza mondiale.
In seguito alle polemiche, i climatologi si aspettano riscontri,
auspicando che il loro responso possa essere un fattore accelerante sulla
persuasione degli Stati Uniti a ratificare accordi per ridurre gli effetti
devastanti dei mutamenti climatici. Ci speriamo in molti.
Liliana Adamo
redazione@???