[NuovoLaboratorio] Diaz: Violenza e bugie

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Szerző: antonio bruno
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Tárgy: [NuovoLaboratorio] Diaz: Violenza e bugie
secolo xix

Il pm: «Alla Diaz violenze e bugie»
G8, per l'accusa il blitz è una sorta di vendetta «vissuta e presentata
come il riscatto finale». Gli avvocati: «Bel romanzo, peccato non sia vero»
Motivate le richieste di rinvio a giudizio per i 29 poliziotti

Genova. I poliziotti hanno mentito. La polizia ha mentito. «Ma non
chiediamo il rinvio a giudizio per veder applicata una sorta di
contrappasso, ma si è cercato al contrario di distinguere e analizzare le
responsabilità, in un modo che non è stato certamente usato nei confronti
delle vittime dell'operazione Diaz». Con queste parole, ieri mattina, il pm
Enrico Zucca ha scoperto le carte dell'accusa. Con una memoria di 260
pagine ha chiesto il rinvio a giudizio dei ventinove funzionari, dirigenti,
agenti di polizia per l'irruzione nella scuola di via Battisti, il blitz
delle polemiche che concluse due giorni di scontri al G8 del luglio 2001.
«Un primato di arresti non convalidati», di manette scattate ai polsi di
persone innocenti: prima picchiate, poi private della libertà personale. E
poi i feriti: 86, troppi, per un blitz che doveva essere una semplice
perquisizione. Queste le accuse di Zucca. Che contesta anche il
comportamento degli indagati, anche quelli "eccellenti", nel procedimento:
«Le dichiarazioni dei poliziotti sono di una assoluta genericità in quanto
nessuno dice o scrive chi ha fatto cosa». Il ministero dell'Interno,
chiamato in causa dai difensori quale responsabile civile per la
responsabilità dei poliziotti, si è costituito nel processo con i propri
legali dell'avvocatura dello Stato. Con un orientamento che trapela: se
fossero appurate colpe e responsabilità per comportamenti che "esulano" da
ogni regola di comportamento e dagli ordini di servizio, ci potrebbe essere
una "rivalsa" verso i responsabili.


24/09/2004
Genova Sono 260 fogli fitti, zeppi di note a pie' di pagina. Un atto
d'accusa a tutto tondo nei confronti della polizia, per l'irruzione nella
scuola Diaz. Un severo lavoro giudiziario: eppure non privo di annotazioni
politiche, quello della Procura. Parole dure, durissime, pesanti come
macigni. Una ricostruzione che ha però scatenato la reazione dei difensori:
«Un bel romanzo, che non corrisponde però a quel che è davvero accaduto».
Ecco alcuni passi.
Il blitz. «Quella avvenuta alla Diaz appare una scelta operativa non del
tutto casuale, bensì sviluppo ed espressione di una direttiva che ha
considerato matura e opportuna, quella notte, una iniziativa dal rischio
tattico-militare e politico-sociale enorme. Per certi aspetti l'intervento
è vissuto e presentato come una sorta di riscatto finale».
La violenza. «E' certa e verificabile la violenza esercitata dai poliziotti
senz'altra ragione se non quella di raggiungere lo scopo prefisso:
obiettivo che è, sinteticamente, quello di "farla finita"». «Tutti i
reparti che hanno fatto irruzione nell'edificio sono stati coinvolti nelle
violenze perpetrate e i rispettivi operatori o sono autori delle stesse, o
concorrenti o testimoni».
La preparazione. «Le forze dell'ordine non sono ancora entrate
nell'edificio e già si registrano atti di sconcertante violenza, del tutto
sproporzionati alla situazione concreta e arresti illegittimi». La
giustificazione. «Per giustificare l'amaro frutto dell'operazione, si
arriva addirittura a prospettare il costo umano quale sviluppo prevedibile
di una perquisizione in un ambiente particolare, e non quale sintomo di una
palese degenerazione».
Le ferite. «Pochi commenti merita l'imbarazzante negazione dell'evidenza
espressa nel comunicato ufficiale letto alla stampa in questura, dove si
definiscono le ferite degli arrestati come "pregresse", non collegate
all'intervento».
Gli arresti. «Erano state private della libertà persone in relazione alle
quali era ragionevole pensare che si fossero trovate nella scuola del tutto
lecitamente».
Le testimonianze. I feriti «hanno dovuto trasmettere la sensazione di aver
vissuto un incubo, sotto la furia di colpi inferti senza ragione, con
determinazione, odio e disprezzo». «Il tipo di ferite riscontrate è
compatibile unicamente con il racconto delle persone offese, che può solo
aggiungere particolari agghiaccianti ed avvilenti sull'inutile e indegno
infierire delle forze "dell'ordine"». «In breve il corridoio è ridotto a un
lazzaretto, come le numerose pozze di sangue rimaste e riprese a terra
rendono evidente».
Le menzogne. «Era già emersa in maniera del tutto esplicita che alla base
dell'eccezionale debacle sul piano giudiziario di un'operazione avvenuta
sotto la luce dei riflettori vi fosse un'inquietante eppure semplice
risposta: "i poliziotti dovevano aver mentito"».
La reazione. «Quel che è successo alla Diaz, nel generale contesto delle
drammatiche giornate del G8, è stata un'occasione pretestuosa per imbastire
ciò che a un certo punto è divenuto un obiettivo praticabile, soprattutto
dal punto di vista dell'opportunità"politica": una perquisizione in massa
proprio nei centri di organizzazione della constatazione al vertice G8».
«L'operazione Diaz è il tentativo estremo di pareggiare la partita con la
grave serie di reati commessi durante le giornate del G8 dalle frange
estremiste all'interno delle manifestazioni».
La svolta: «L'arrivo del prefetto Arnaldo La Barbera a Genova è il segnale
che conferma la presenza di un obiettivo, da raggiungere con iniziative di
rilievo, anche eclatanti, che possano ristorare l'immagine della presenza
efficace della Polizia».
Gli imbarazzi. «Le indagini hanno confermato l'effettività della catena di
comando instaurata in via di fatto, anche se è stata a più riprese negata
dagli interessati. Nessun funzionario ha ammesso di aver avuto un ruolo di
sostanziale comando».
Il vertice. «Le figure apicali dei comparti che operavano sul campo si
trovavano ad agire congiuntamente, come una specie di direttorio: un gruppo
di funzionari che non a caso è impegnato in evidenti discussioni nella fase
cruciale delle operazioni». «I funzionari Gratteri e Luperi insistono
invece nell'individuare e "scaricare" la responsabilità piena
dell'operazione agli ufficiali di polizia giudiziaria più elevanti in
grado, cioè il dottor Spartaco Mortola (digos) e il dottor Nando Dominici
(squadra mobile)».
La conclusione. «Le modalità di svolgimento della perquisizione, la
precedente fase di sanguinosi eccessi di sfogo della violenza, rende
evidente che gli operatori non possano neppure invocare una situazione di
dubbio, dovuta a un ragionevole errore di valutazione sulla totale
estraneità degli arrestati agli addebiti».



Marco Menduni
24/09/2004
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"Eppure il vento soffia ancora...."

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visitate il sito del Comitato Verita' e Giustizia per Genova
www.veritagiustizia.it su cui c'e' una rassegna stampa sull'argomento
Il Comitato Verità e Giustizia per Genova raccolgie fondi per la difesa
dichi e' rimasto vittima della violenza delle forze dell'ordine a Genova
nel luglio 2001.
ccp 34566992 ABI 07061 CAB 01400 intestato Comitato Verità e Giustizia per
Genova
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