Autore: ajorn Data: Oggetto: [Cm-milano] corri petrolio corri il vecchio mondo e' dietro di te....
Il petrolio riprende a correre
Barile a 48,4 dollari, dopo la diminuzione delle scorte Usa. Benzina su
MAURIZIO GALVANI
Il petrolio torna a salire: ieri, il prezzo del greggio sul mercato di New
York (riferito ai futures di novembre) ha tocca quota 48,56 dollari a barile
(chiudendo poi a 48,4), mentre il Brent - a Londra - ha guadagnato 1,21
dollari ed è stato venduto a 44,40 dollari. Si conferma la tendenza
rialzista - già messa in evidenza in questo inizio settimana - e c'è più di
una ragione per spiegarla In giornata, il Dipartimento per l'energia Usa
aveva reso noto che le scorte settimanali di petrolio erano diminuite di 9,1
milioni di barili (pari ad un 3,3%), molto al di sopra delle previsioni
della vigilia, che anticipavano una diminuzione massima di circa 5 milioni
di barili. La colpa di questa flessione è stata attribuita all'Uragano Ivan
che ha investito la costa caraibica degli Stati uniti determinando un blocco
sia della raffinazione della zona del Golfo come pure un rallentamento delle
operazioni di importazione in quella regione. Oltre, a questo devastante
fenomeno metereologico, è sopraggiunta la decisione da parte della compagnia
di stato russa Yukos di sospendere la produzione e, soprattutto, le
esportazioni di petrolio verso la Cina, il paese che - quest'anno- ha
registrato il maggiore exploit di importazioni di greggio, con un domanda
che è aumentata di il 40%. Così il prezzo del greggio si è riavvicinato allo
storico record di 50 dollari al barile che fu sfiorato ad inizio di agosto;
quando sul mercati è stato venduto a 49,40 dollari. Anche i prezzi della
benzina sono tornati ai massimi sia negli Usa che in Europa. In Italia
cinque compagnie, l'Api, Q8, la Fina, la Shell e Tamoil hanno rimesso mano
al listino ed hanno deciso di vendere la benzina alla pompa a 1,71 euro, il
valore più alto dopo quello ottenuto ad agosto quando si è arrivati a quota
1,167-1,168 euro. Una ritoccatina all'insù è stata data anche al prezzo del
gasolio che, ieri, alla pompa costava 0.993 euro. Uno stesso scenario
rialzista si è registrato negli Stati uniti: il prezzo di un gallone (circa
4 litri) ha raggiunto quota 1,3070 dollari, con un aumento di 0,41
centesimi, che ha riportato la situazione vicina al picco di 1,31 dollari a
gallone di febbraio del 2003.
Non deve essere escluso che il petrolio è sotto pressione anche per motivi
speculativi. Infatti secondo i paesi aderenti all'Opec - che stanno
estraendo quotidianamente 30 milioni di barili al giorno - il costo dell'oro
nero è almeno 15 dollari al barile maggiore di quanto viene valutato dal
cartello. L'organizzazione ha sempre fatto riferimento, per fissare il
prezzo del greggio, ad una banda di oscillazione tra i 22-28 dollari;
l'acuirsi delle tensioni internazionali (guerra in Iraq, caso Yukos) e
l'incremento della domanda da parte dei paesi asiatici ha convinto l'Opec a
rivedere la sua posizione ma la speculazione ha fatto il resto.
I mercati hanno reagito con una certa flessione di fronte a questa
volatilità del petrolio. La piazza di New York, fin dall'apertura, ha
aspettato con ansia di conoscere il dato sulle scorte. Poi, durante la
giornata, altri fattori (la brutta notizia della caduta dei profitti sia
della banca Morgan Stanley che della Cisco) hanno contribuito a
negativizzare i due indici, il Dow jones ed il Nasdaq.
Entrambi finiti - a due ore dalla chiusura - rispettivamente a quota meno
1,16% e meno 1,53%. Sulla scia di Wall Street, i mercati europei hanno
chiuso le contrattazioni in calo: tra un meno 0,35% registrato a Londra ed
un massimo (-1, 22) di Francoforte. Piazzaffari ha terminato la seduta con
un indice Mibtel a meno 0,33%.