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Author: Alessio Ciacci
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Subject: [Forumlucca] un articolo sul movimento e sulle azioni di pace molto interessante
DISPER/AZIONI

Non possiamo fare a meno di emozionarci e di coinvolgerci se, ad essere colpite, sono delle italiane, pacifiste e cooperanti. Per molti di noi, collaboratrici e amiche.
E' comprensibile il desiderio di essere utili alla loro liberazione, di manifestare solidarietà immediata, in pubblico e in privato. Questo è quel che spetta alle persone, nel loro reciproco ed umano sentire.


Ma qual è il compito di un movimento per la pace ?
Di essere lucido, organizzato ed efficiente nella costruzione e nel perseguimento della pace.
L'attuale nostro movimento, purtroppo, non ha sviluppato - strutturalmente- nessuna di queste caratteristiche.
Ecco perché siamo, anche in questo momento, in balia degli eventi, costretti sempre a reagire, sulla difensiva, alle mosse avversarie. E mentre in passato ci trovavamo di fronte soltanto ad eventi di
guerra gestiti da forze armate `regolari', ora ci troviamo in mezzo tra queste e le azioni di forze armate `irregolari', per definizione incontrollabili ed ignare di qualunque `codice' comune.
La situazione appare disperata e, probabilmente, senza sbocchi, irreversibilmente segnata.
Troppa disparità tra le forze in campo, troppi ritardi ed inadempienze da parte nostra, troppi trucchi ed opacità nel campo di gioco.

Senza pretendere di trovare quindi soluzioni, è però possibile provare, pur dentro lo sconforto, a ragionare ancora su cosa sarebbe bene fare o non fare insieme.
Se ci sarà un futuro, forse dipenderà anche da quanto apprenderemo in questa tragica fase dell'esperienza umana.

1. Cornici e quadri.
Dobbiamo ormai riconoscere che la guerra ha invaso la nostra vita quotidiana e l'ha inserita in una persistente ed ossessiva cornice di violenza, paura, ansia di sicurezza. Se è vero qui da noi, immaginiamoci quanto questo valga in Iraq. Il contesto, al momento, è pressoché interamente definito dalla guerra (intesa come azioni armate, reciprocamente e simultaneamente complici ed antagoniste, di `militari', `guerriglieri' e `terroristi').
E l''incorniciamento bellico' non avviene solo attraverso le armi, ma mediante il controllo della politica e dei mezzi di informazione: è attraverso questo triangolo `necrofilo' che va a costituirsi la
produzione di una `cornice' totalizzante.
L'azione pacifista e di cooperazione in Iraq, pur meritoria per i contenuti che esprime e per le relazioni che crea (non è in discussione il valore delle persone e dei progetti di `Un ponte per.), in questa fase non può contrastare il processo e non può evitare di essere sovradeterminata dalla supremazia del contesto bellico.
Questo vale sia in termini di efficacia dell'intervento diretto (effetto: frustrazione), sia in termini di percezione interna ed internazionale (effetto: commistione tra intervento umanitario e guerra).
Se si vuole provare a cambiare la situazione bisognerebbe intervenire a livello adeguato:

a) con azioni di pressione forte e continuata sui loci di potere che determinano il contesto e/o
b) con la costruzione di metacontesti paralleli ed alternativi, ma autorevoli.
Le azioni di tipo a) potrebbero includere: sciopero dei parlamentari e blocco dell'attività legislativa; scioperi dei lavoratori; presidi permanenti dinanzi al Parlamento o alla sede del Governo; azioni di
pressione su giornali e mass-media per ottenere spazi d'espressione continuativi ed autogestiti sui media da parte del movimento.
Le azioni di tipo b) potrebbero includere: ospitare assemblee dei rappresentanti di base del popolo iracheno; istituire tribunali sui crimini di guerra; organizzare incontri ecumenici tra leaders religiosi.



2. Simmetria ed antisimmetria.
Per quanto non ci si trovi davanti ad una guerra tradizionale, essendo `guerriglieri' e `terroristi' forzatamente inclini a modalità `asimmetriche', appare evidente che la forma generale del conflitto assume comunque una consueta circolarità a spirale tipica dell'escalation simmetrica, caratterizzata cioè da azioni e reazioni mimetiche e concatenate tendenti al rialzo e all'amplificazione progressiva del grado di brutalizzazione e distruttività reciproca.
In questo quadro i pacifisti-cooperanti rappresentano l'unica forza contro la quale i due avversari in lotta possono trovare motivi di strumentale e parziale alleanza (gli ultimi rapimenti ed uccisioni appaiono evidentemente `mirati' e `sospetti').
Quando due elefanti lottano su un prato, la vittima è l'erba.
Se, come nel nostro caso, ci troviamo quindi in mezzo ad una lotta simmetrica per la supremazia sul territorio irakeno da parte di due superpotenze ed in questa lotta ci troviamo inevitabilmente come
terza parte in posizione `minore', è sconsigliabile, pericoloso ed inefficace assumere posizioni a nostra volta simmetriche (del tipo: a maggior ragione restiamo !, raddoppiamo la nostra presenza d'aiuto in Iraq !).
Se questa `reazione d'orgoglio' non sta aiutando gli Stati Uniti d'America (sta solo aumentando il numero dei suoi morti) e, come pacifisti, ci opponiamo alla logica dell'escalation e chiediamo il
ritiro dei nostri soldati, dovremmo -per coerenza- non finire nella stessa trappola ed insistere sulla permanenza dei cooperanti stranieri in aree di guerra; dovremmo anzi definire le nostre future
azioni proprio in senso opposto, `antisimmetrico':
- lasciare collegialmente, pubblicamente e temporaneamente l'Iraq;
- delegare l'affidamento degli interventi a personale iracheno o della Mezzaluna islamica, sostenuto da fondi e strumenti della cooperazione;
- definire una campagna di accoglienza e cura di iracheni in Italia.

3. Resistenza e resilienza.
Ci aspettano mesi in cui l'allarme e l'emergenza derivanti dalla spirale guerra-terrorismo avvolgeranno ancor più le nostre vite di italiani ed europei.
Gli spazi di azione si restringeranno ulteriormente, cresceranno i controlli e la militarizzazione,
rispunteranno forse mostri del passato (governi d'unità nazionale, leggi speciali, sospensioni del diritto).
Potranno accrescersi disperazione, senso di impotenza, razzismo e odio `religioso', richiesta di sicurezza. Si apre per il movimento una fase di `resistenza', la più dura sinora.
Nel suo momento - a mio parere- più debole e più critico.
Il movimento per la pace in senso stretto, da solo, non è all'altezza della situazione.
Ma anche il `movimento dei movimenti' nel suo insieme non dà segni di grande salute.
Questo autunno sarà un test importante per capire se esistono ancora delle chances di `resistenza' credibili. E' anche possibile che, al crescere dello stress sociale e politico, avvengano dei passaggi
creativi d'attivazione e di cambiamento attualmente insperabili ed imprevedibili.
La cosa più importante sarebbe quella di non lasciarsi trascinare dagli eventi (tipo: indire manifestazioni ogni volta che accade qualcosa), frammentarsi in mille rivoli che si limitano a reagire al singolo fatto. Sarebbe importante riflettere preventivamente insieme su quali azioni comuni intraprendere, come reagire in forme coordinate ed autonome laddove dovessero avvenire attentati, distruzioni, stragi.
E soprattutto, appare urgente purtroppo iniziare ad allenarci alla resistenza, alla capacità di elaborare e trasformare positivamente i traumi, a sopravvivere al dolore, alla catastrofe e alla morte.
E' inutile continuare a rimuovere, nell'illusione che toccherà sempre ad altri.

Enrico Euli
9.9.04

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