Il sindaco, i milanesi e la voglia di bicicletta
«Servono (vere) piste ciclabili
di BEPPE SEVERGNINI
«Un giocatore lo vedi dal coraggio, dall'altruismo
e dalla fantasia», cantava De Gregori. Anche un
sindaco, secondo me. Un sindaco dovrebbe battersi,
lanciare lungo e volare alto. Davvero non ho
capito, caro Albertini, perché nei giorni scorsi
s'è incastrato in quell'inutile polemica
sull'Olimpico, San Siro e i demeriti dei
rispettivi uligani. Trascurando l'argomento del
mese: le biciclette. Peccato: perché potrebbero
salvare la città. A Milano le bici sono appena
state protagoniste di un Salone, di un Festival,
di molte escursioni e altrettante discussioni.
Domani si tornerà a parlarne ricordando la
«giornata europea delle città senz'auto» (che cade
oggi, ma Palazzo Marino non aderisce). Non sarei
stupito se, alla bicicletta, i milanesi
dedicassero un monumento, un antipasto, un
concorso di poesia e una rassegna di film
d'autore. Ma non servirebbe: ci vogliono le
ciclabili.
Quelle attuali - 78 chilometri di mozziconi
centrali e tratti periferici, alcuni di dubbia
utilità - non bastano. Occorrono ciclabili vere,
testarde, autoritarie: strappate alle auto,
ricavate dagli spartitraffico, tracciate sulle
circonvallazioni, piazzate al posto delle rotaie
dei tram che non passano più. Ciclabili ubique,
che offrano a migliaia di persone non un hobby o
una sfida, ma un'alternativa: «Ehi, posso andare
al lavoro in bicicletta! Perché no?». Piani per
costruirle? Non pare. Apro la sezione «Progetti»
su
www.comune.milano.it : di ciclabili, neanche
l'ombra. Curioso: perché è chiaro che i grandi
piani e le dichiarazioni volonterose ci hanno
lasciato dov'eravamo. Nell'anno quarto del
ventunesimo secolo il traffico milanese è un
casino (termine tecnico: le altre sono variazioni
sul tema). Le auto s'accavallano, si moltiplicano,
s'allargano (ci mancavano pure i Suv). Occupano
ogni strada di giorno e ogni marciapiede di notte.
Milano è loro: tutti gli altri, s'adeguano.
Chiamo l'assessore al traffico Giorgio Goggi. Se
non altro, è sincero: mi spiega che «la priorità
va al trasporto pubblico» e alla creazione di
«isole ambientali dove le auto non potranno
superare i trenta all'ora» (stupendi, gli
eufemismi amministrativi). E le bici? «Occorre
prima ridurre il traffico. Rispetto al problema
della mobilità, la bicicletta non ha un'importanza
dirimente: la tariffazione sulla sosta ha
un'efficacia molto più elevata. Oggi solo tre
persone su cento si spostano pedalando».
Be', è comprensibile: non vogliono rischiare la
pelle, come ha fatto il sottoscritto per il
divertimento (civico-sadico) dei lettori del
Corriere . Diverse città europee - più grandi,
piovose e fredde di Milano - hanno deciso invece
di puntare sulle due ruote, e sono state premiate.
I lettori di Corriere.it hanno scritto da
Amsterdam, Vienna, Monaco di Baviera, Copenhagen:
spiegando come funzionano le cose lassù. Racconta
Stefano Spiniello
(s872093@???). «Qui a
Copenhagen quasi tutte le strade hanno la pista
ciclabile; dove non esiste, gli automobilisti,
prima di svoltare, devono far passare i ciclisti.
Così i genitori possono portare tranquillamente i
figli di pochi anni in bici, senza attentare alla
loro vita, come accadrebbe se fossero a Milano».
Così si fa, caro Albertini. Ma per farlo - come
dicevamo - occorrono coraggio, altruismo e
fantasia. E magari una certa rapidità d'azione.
Altrimenti Milano verrà strangolata dal traffico,
lasciando occasioni e abitanti: e perderà la
partita. Magari non ci ha fatto caso, signor
sindaco: siamo già a metà della ripresa. C'è
tempo, ma non moltissimo.
www.corriere.it/severgnini