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Auteur: xawcos@tin.it
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Sujet: [Consumo critico - Milano Social Forum] Iraq: il reality show dell?Esercito Islamico
Iraq: il reality show dell?Esercito Islamico
di Bruno Ballardini
20 Sep 2004
E? stato già osservato che il secondo conflitto in Iraq è, a tutti gli
effetti, una guerra mediatica più di quanto sia stato quello nella ex Yugoslavia
che pure, per molti aspetti, ha costituito una sorta di warming up per le
operazioni successive. C?è da chiedersi cosa sarebbe questa guerra, compreso
l?attaccco dell?11 settembre, se non ci fosse la televisione: il crollo
dei due grattacieli avvenuto in una lontana città degli Stati Uniti non
è minimamente paragonabile agli attuali stermini di massa africani che,
non avendo supporto mediatico equivalente, appaiono insignificanti se non
addirittura inesistenti. Eppure, la ripresa spettacolare degli aerei che
si abbattono sui grattacieli ha materializzato key frames degni di film
come ?Indipendence Day?, annientando in un colpo solo la differenza fra
spettacolo e spettacolarizzazione della realtà. Da questo momento, la televisione
torna ad essere prepotentemente l?unico mezzo di diffusione della ?verità?.
Un mezzo che permette di amplificare e rendere abnormemente drammatici incidenti
relativamente gravi, e riesce anche a far diventare globali i fatti locali.
Nella realtà, i fatti locali restano locali e non possono riuscire a lungo
a coinvolgere le nazioni nel paradigma della ?guerra giusta?.

Così è stato per il conflitto nel Kossovo, faticosamente propagandato dall?amministrazione
Clinton come ?terza guerra mondiale? (anche se la definizione è adottata
dagli storici per la guerra fredda) e così è oggi per la guerra in Iraq
che Bush pretende di definire la ?quarta?.

Ma il mondo non è affatto in guerra e stenta ad accettare questa visione.
Ecco allora che interviene il terrorismo a scuotere le coscienze. E lo fa,
ancora una volta, mediaticamente, con una lunga catena di video che ci offrono
non la guerra ma la sua pornografia. Video di basso livello girati e montati
da volgari macellai di regime culturalmente abituati ai video pornografici
autoprodotti.

Ma come ha osservato Baudrillard, in America tutta la comunicazione tende
alla pornografia. Non è un caso che i clip dei terroristi finiscano per
ingrossare cataloghi come quello di www.ogrish.com, e vengano fruiti in
rete come snuff movies qualsiasi. Ma se partiamo dall?assunto che la pornografia
sia una modalità tutta occidentale e non ancora assimilata dal mondo musulmano,
soprattutto da quello più povero, prende forma l?idea che dietro a tutta
questa spettacolarizzazione (e quindi pornografia) ci sia una regia occidentale.


In un?economia mediatica, anche le azioni dei terroristi sono atti di comunicazione.

L?osservazione sistematica dei cambiamenti di strategia da parte dei gruppi
di più dubbia origine, come ad esempio il fantomatico ?Esercito Islamico
in Iraq?, può condurre a qualche indizio che va oltre le notizie riportate
dalla stampa. Fa piacere che in questo esercizio si siano cimentati, dopo
di noi, anche Naomi Klein e altri (e così finalmente, a ruota, i colleghi
de ?La Repubblica? abbiano riportato le loro intuizioni: se lo dice Naomi
Klein allora è degno di essere citato?). Ma sono troppi gli elementi che
ci lasciano ancora perplessi riguardo alla strategia e ai reali obiettivi
dei terroristi. L?escalation dei rapimenti da agosto a settembre non deve
trarre in inganno: esistono delle modalità che si ripetono e proprio per
questo è interessante analizzare le ?variazioni?.

La prima grande novità nel comportamento dell?Esercito Islamico in Iraq
è data dalle proroghe degli ultimatum. La risolutezza dimostrata nell?assassinare
Enzo Baldoni allo scadere dell?ultimatum, sembrava fissare un nuovo ?stile?
di comportamento rispetto a quello di altri gruppi noti. Ma questo non ha
avuto un seguito coerente nel caso dei due giornalisti francesi. All?assurdità
della richiesta (ancora più irricevibile di quella fatta per Baldoni: modificare
in 48 ore la legge che in Francia vieta l?uso del velo a scuola alle studentesse
di fede islamica) è seguito un imperscrutabile silenzio allo scadere dell?ultimatum.


La diplomazia e il lavoro dei servizi francesi hanno evidentemente creato
condizioni che i terroristi (o i loro mandanti) non avevano previsto e il
silenzio corrisponde ad una fase di riformulazione della strategia. Scaduto
l?ultimatum con il nulla di fatto, non restava che prorogarlo con nuove
richieste. Poi, allo scadere del secondo ultimatum e di fronte a condizioni
immutate nell?atteggiamento della Francia e di buona parte dell?Europa,
ancora silenzio. Sembra quasi che i terroristi siano al corrente degli umori
politici e dell?opinione pubblica dei vari paesi interessati, e in base
a questi ?adattino? i loro cambi di strategia.

Se è vero che non c?è una comunicazione diretta con loro perché nessuno
sa veramente cosa sia l?Esercito Islamico in Iraq, allora non è possibile
che le risposte di questo gruppo cambino quasi in tempo reale a seconda
degli atteggiamenti della controparte occidentale. Si direbbe quasi che
i terroristi seguano in televisione le nostre reazioni. Accerchiati dal
lavoro della diplomazia e dei servizi francesi, oltre che dall?opinione
pubblica di gran parte dei paesi arabi, i sedicenti membri dell?Esercito
Islamico in Iraq stanno rischiando di venire smascherati per induzione.


A questo punto, un?altra mossa: liberare gli ostaggi. Ma forse non è possibile
liberarli veramente. Forse i due giornalisti francesi hanno capito perfettamente
chi hanno davanti e lascarli liberi significherebbe svelare tutta la messa
in scena e mettere in pericolo i loro mandanti. Ecco allora l?ultima possibilità
contemplata da questo copione: raccontare che i due giornalisti ora sono
liberi e ?spontaneamente? collaborano con i loro rapitori. Da dove viene
quest?idea? Molto semplice: la tattica del lasciar morire le proprie vittime
di una morte ?plausibile? o quantomeno ?probabile? in base alla loro attività
specifica, ai loro obiettivi o alle loro abitudini, è una tecnica tipica
della CIA.

Un modo logico per fare un lavoro pulito. Chesnot e Malbrunot avevano dichiarato
di amare il popolo iracheno e di volerne documentare le vicissitudini. Ebbene,
improvvisamente i terroristi dell?Esercito Islamico in Iraq hanno dichiarato
che i due francesi sono passati dalla loro parte e collaboreranno per documentare
in prima linea il loro operato. In uno schema del genere, i due giornalisti
non potrebbero più tornare a casa: morirebbero come preannunciato ?in prima
linea? e in più la loro memoria in Europa sarebbe infangata in quanto traditori
e complici dei terroristi. Ma è in gioco la credibilità dell?Esercito Islamico
in Iraq, una formazione che ha al suo attivo una serie di errori strategici
incomprensibili che hanno ridotto a zero l?attendibilità di questa formazione
fin dall?inizio.

La pressione esercitata verso di loro dai musulmani stessi, attraverso i
media, ha avuto qualche effetto. E così assistiamo all?ennesimo ridicolo
cambio di strategia reso possibile dagli appelli provenienti dal mondo musulmano
che giustificherebbero la svolta ?impietosita?. Troppo facile, troppo immediato
il cambiamento di tattica. In Iraq dev?esserci necessariamente qualcuno
che osserva le oscillazioni dell?opinione pubblica e in base a queste comunica
ai ?terroristi? le nuove disposizioni comportamentali.

Una banda di mujaheddin nascosti in mezzo al deserto e alle macerie non
può essere dotata di tv satellitare e di centraline per la post produzione,
soprattutto in una zona dove operano gli americani con sofisticate apparecchiature
in grado di captare ogni forma di segnale. I servizi segreti che secondo
noi sono nella cabina di regia di queste operazioni, decidono in tempo reale
il copione come in un reality show. Qualcuno deve aver capito che tenere
con sè i francesi costringendoli a collaborare è troppo pericoloso come
pure pericoloso sarebbe pianificare la loro scomparsa nel corso di un?operazione
di guerriglia: se uno di loro sopravvivesse sarebbe la fine. L?ultima mossa
possibile? Liberarli subito.

Questo può accadere nelle prossime ore solo a condizione che i due giornalisti
non diano segni di aver capito chi siano veramente i loro rapitori e per
conto di chi agiscano.

Bruno Ballardini
redazione@???