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da l'unità di lunedi 13 settembre 2004
13.09.2004
L'iceneritore di Acerra? È un vero bluff
di Federico Valerio*
Le botte di Acerra alla manifestazione di protesta contro l'inceneritore in
costruzione, seguite dall'inevitabile scambio di accuse delle parti in
causa, dimostrano - se mai ce ne fosse bisogno - che la questione dello
smaltimento dei rifiuti nel centro campano genera posizioni fortemente
emotive. La fermezza degli acerrani nel difendere il loro diritto alla
salute e la rigidezza con cui il commissario di governo Corrado Catenacci
intende proseguire il progetto di completamento del termovalorizzatore
rischiano così di offuscare i fatti, che in questo caso, corrispondono ai
dati tecnici e alle rilevazioni ambientali su questa scelta di smaltimento
rifiuti con recupero energetico.
I dati, quelli veri, dicono chiaramente che il termovalorizzatore di Acerra,
così come gli altri 42 già esistenti in Italia e le decine in progettazione,
è un bluff.
Infatti è necessario sfatare un luogo comune, ampiamente utilizzato nella
promozione dei termovalorizzatori: la convinzione che l'energia prodotta
tramite il trattamento dei rifiuti nei termovalorizzatori sia rinnovabile,
in quanto i rifiuti abbondano sempre. La vera questione è che una volta
termodistrutto un prodotto di plastica (bottiglia, bicchiere, rasoio usa e
getta.), siamo costretti a produrre lo stesso oggetto, che continua ad
essere richiesto dal mercato, partendo da materie prime vergini
assolutamente non rinnovabili, compreso il petrolio, da cui derivano i
monomeri per la sintesi delle materie plastiche. Anche lo slogan che la
termovalorizzazione dei rifiuti ci fa risparmiare combustibili fossili non è
corretto: la produzione di una nuova bottiglia, di un nuovo bicchiere, di un
nuovo rasoio, di un nuovo giornale richiede più energia di quanto se ne sia
recuperata con la loro termovalorizzazione.Peraltro, fatto più grave, a dati
inattendibili sulla sicurezza dei termovalorizzatori si sono affidati
numerosi amministratori pubblici e in particolare il vice commissario per
l'emergenza rifiuti della Campania, Raffaele Vanoli, impegnato
nell'appoggiare e promuovere, verso gli amministratori pubblici italiani, il
modello Acerra, come soluzione al problema dei rifiuti urbani. In uno dei
lucidi utilizzato in queste sue conferenze in giro per l'Italia, si apprende
che in un'ora di funzionamento di un termovalorizzatore si libera tanta
diossina quanto quella prodotta da 15 auto catalizzate.
Il che equivale a dire che l'inquinamento prodotto dagli inceneritori è
trascurabile, addirittura ridicolo, se messo a confronto con le emissioni
prodotte dalle automobili in una città di medie dimensioni. Questa stessa
informazione appare, identica, a pagina 47, di una pubblicazione della
FISE-ASSOAMBIENTE (Associazione Imprese Servizi Ambientali) intitolata:
«Incenerimento di rifiuti. Un'analisi per capire». Nel testo originale è
riportata la fonte del confronto inceneritori-traffico: un numero di
«Quattroruote» del 1992! Certamente questa rivista è utile e affidabile per
acquistare un'automobile ma di dubbia autorevolezza in materia scientifica
ed ambientale. Infatti, il confronto riportato da Quattroruote non ha nessun
riscontro con la realtà.
Gli studi svolti dall'Unione europea delineano un quadro ben più
preoccupante: partendo dai fattori di emissioni di diossine riportato
nell'Inventario delle Diossine in Europa e dai consumi medi di carburante
dell'attuale parco autoveicolare di una grande città italiana, è possibile
calcolare che, in un giorno di funzionamento, un moderno termovalorizzatore,
al meglio delle proprie prestazioni, emette una quantità di diossine pari a
quella emessa giornalmente da oltre 2 milioni di autovetture catalizzate. La
differenza tra 360 e 2 milioni è molta, soprattutto se misurata in salute
dei cittadini. Per questo la lotta degli acerrani appare giustificata da
legittime preoccupazioni, più che da miope egoismo. La soluzione migliore
per la gestione dei rifiuti è il recupero e il riciclaggio dei Materiali
Post Consumo (termine culturalmente preferibile a «rifiuto»). Riciclare e
riusare significa diminuire l'immissione sul mercato di prodotti creati ex
novo, di ulteriori imballaggi e quindi realizzare un vero risparmio di
energia.
Certamente questa scelta è insufficiente se non accompagnata da altre azioni
come l'obbligo di usare materiali riciclati in prodotti di largo consumo, la
promozione della raccolta differenziata di qualità e di un consumo
consapevole tramite campagne informative, e la premiazione con agevolazioni
fiscali delle aziende e dei cittadini che producono meno rifiuti e riciclano
di più. Basterebbe applicare alla lettera le direttive europee, recepite nel
1997 dal nostro Paese con il Decreto Ronchi, secondo cui «riduzione, riuso e
riciclaggio» devono venire prima del «recupero energetico». Basterebbe
questo, se gli interessi della lobby degli inceneritori non fossero ben
protetti ed economicamente sovvenzionati da leggi tutte italiane che
classificano i rifiuti urbani come fonte energetica rinnovabile, i cui
produttori - i cittadini consumatori - sono costretti a pagare (con la Tassa
Rifiuti) per la conversione in elettricità del loro «combustibile».
Probabilmente basterebbero queste scelte, già operative nel resto d'Europa e
negli Stati Uniti, per ridurre drasticamente la quantità di rifiuti
indifferenziati da smaltire ed evitare a monte, con la cancellazione di
numerosi termovalorizzatori diventati inutili e anti economici, proteste
accese e giustificate come quella che in questi giorni scuote Acerra.
*Responsabile del laboratorio di chimica ambientale dell'Ist di
GenovaConsigliere nazionale di Italia Nostra