MOVIMENTO
Discutere senza tabù, ma senza rompere l'unità dei pacifisti
RAFFAELLA BOLINI*
Il nostro movimento sta vivendo ore drammatiche. Quattro
nostri compagni sono in pericolo di vita, mentre i
bombardamenti in Iraq infuriano e ogni giorno aumenta il conto
delle vittime civili. Ci siamo battuti limpidamente in questi
anni contro la guerra permanente, contro ogni forma di terrore
e di barbarie da qualunque parte provenisse, contro la
distruzione del diritto e della ragione, per tenere aperta la
strada a una alternativa di civiltà. Abbiamo fatto il
possibile, milioni di cittadini e di cittadine in tutto il
mondo, per evitare la guerra in Iraq. Siamo impegnati da più
di un anno perché finisca l'occupazione e le truppe occupanti
si ritirino, convinti che questa sia una condizione necessaria
per aprire la strada a una soluzione pacifica della crisi che
il proseguimento della guerra rischia ogni giorno di più di
compromettere in modo irreversibile. Il sequestro delle due
Simone e dei due operatori iracheni conferma drammaticamente
la nostra analisi. Guerra chiama guerra, terrore chiama
terrore: in queste condizioni, gli spazi per la iniziativa
politica che mirano al dialogo e alla pace giusta diventano
sempre più stretti. Proprio per questo, con tutte le nostre
energie continueremo a praticarli perché non si chiudano per
sempre, trascinando il pianeta in un baratro, lasciando il
nostro mondo nelle mani di chi -da un lato e dall'altro della
barricata dei costruttori dello scontro di civiltà - vuole
affermare il primato della forza bruta.
In questi giorni bui, l'unica nostra forza è stata e rimane la
profonda e sentita unità del movimento pacifista. Ci stiamo
tenendo stretti, stringendo in un abbraccio solidale i
compagni e le compagne di Un ponte per che stanno pagando un
prezzo altissimo al loro impegno sul fronte della pace.
«Contro la guerra, il terrore, la barbarie. Liberate la pace.
Vita e libertà per tutti gli ostaggi e per il popolo iracheno.
Tacciano le armi. Fine dell'occupazione e ritiro delle
truppe». Sin dalle prime ore dopo il sequestro, questa
semplice e chiara piattaforma unifica migliaia di persone che
stanno dando vita alle mobilitazioni per salvare la vita dei
nostri compagni e di tutti i civili iracheni. Sono i nostri
slogan di sempre, quelli su cui si è costruita la grande
«unità popolare» della maggioranza degli italiani, e che oggi
sono riconfermati dalla dura realtà dei fatti.
Al governo italiano, che porta la tragica responsabilità di
aver trascinato il nostro paese nella guerra e nella
occupazione, abbiamo chiesto di non aggiungere errore ed
errore e di svolgere con serietà il proprio dovere
istituzionale: difendere ad ogni costo la vita delle sue
cittadine. Un dovere che deve svolgere anche verso chi lo
contesta, non condivide le sue scelte e si batte per la sua
sconfitta. Con la stessa coralità ieri, dietro una precisa
richiesta di Un ponte per abbiamo deciso di aprire la
manifestazione di Roma con uno striscione che chiede la
cessazione immediata dei bombardamenti su Falluja e le altre
città irachene. Governo e opposizione cercano collaborazione:
collaborino allora per arrivare a un effettivo cessate il
fuoco, come prima misura immediata per creare un clima
favorevole e un alleggerimento della crisi. Misura parziale,
certo - che nulla toglie al proseguimento della mobilitazione
per il ritiro - ma che avrebbe un valore simbolico e concreto
importante, e che soprattutto sarebbe immediatamente
realizzabile.
Su questi obiettivi convergono tutte le anime del movimento,
dove convivono culture e pratiche diverse che sono sempre
state capaci in questi anni, anche nei momenti difficili, di
offrire un solido punto di riferimento unitario necessario
alla iniziativa di cittadinanza attiva. Tanto più oggi è
necessario che tutti e a tutte, da qualunque collocazione,
valorizzino e difendano la nostra unità, il nostro bene più
prezioso. La discussione è legittima e utile. Nessun argomento
è tabù. Ma ora è utile che tutti sentano la responsabilità di
non favorire strumentalizzazioni sulla pelle del movimento, in
un momento in cui abbiamo bisogno di tutte le nostre energie e
in cui stiamo riuscendo a produrre l'unico elemento positivo
di questa orribile vicenda: la mobilitazione in Iraq e nel
mondo arabo, che chiede la liberazione delle Simone, di Ra'ad,
di Mahnaz e crea barriera allo scontro di civiltà.
A chi già oggi proclama la nostra crisi e la nostra divisione,
credo che sapremo rispondere come sempre, con l'iniziativa e
con la pratica, con la nostra autonomia - cercando di non
perdere la testa né la bussola dentro questo orribile incubo.
*Presidenza nazionale dell'Arci
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