From: "Massimo Consoli" <diama@???>
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Festival Stampa Gay
Nel settembre del 1979, presso la Gay House Ompo's di
Roma, aveva sede
un
avvenimento importante: il "Festival O", cioe', il
Primo Festival
Internazionale della Stampa Omosessuale.
In realta' l'anno precedente, il 3 aprile, se n'era
gia' tenuta
un'edizione
piu' limitata presso il vecchio Ompo's, senza grande
successo. Il
locale era
piuttosto piccolo e non permetteva di esporre tutti i
materiali
dell'Archivio. Ma la Gay House era grande a
sufficienza per esibire i
libri,
i manifesti, i giornali che per un certo periodo
divennero un
importante
argomento da trattare da parte di quasi tutta la
stampa italiana.
I giornali fecero inchieste dietro inchieste,
interviste, dossier. La
Rai
ripropose i nostri convegni per radio e, addirittura,
per la prima
volta la
TV trasmise un servizio "serio" sull'omosessualita' in
un telegiornale,
curato da Michele Mangiafico per il TG2: non si
parlava piu' del solito
gay
anziano massacrato nel suo appartamento, o della
solita retata della
Buoncostume nei giardini di qualche famoso parco
italiano a caccia di
travestiti. No! Questa volta i gay apparivano "quasi"
come persone
"normali", con i loro problemi, le loro esigenze, le
loro
rivendicazioni.
Fu un successo straordinario. In pochi giorni vennero
3500 visitatori.
Alcuni portavano i loro bambini e, per poter accedere
alla mostra, gli
facevamo firmare un documento con il quale se ne
assumevano la
responsabilita' legale. Cosi', a naso, si puo' dire
che il 70 per cento
fossero eterosessuali, ma vennero gruppi interi di
glbt da varie citta'
d'Italia e perfino dall'estero.
Un ragazzo tedesco si riconobbe in uno dei manifesti
appesi alle
pareti. Un
gruppo di lesbiche bussarono alla porta, di domenica,
alle 8 del
mattino.
Venivano da Firenze. La mostra apriva il pomeriggio,
ma fummo lieti di
farle
entrare lo stesso anzi, se ricordo bene, le invitammo
perfino a
pranzare con
noi (passarono alla storia i "banchetti" in comune che
organizzavamo
quasi
ogni sera).
Un'infinita' di giornalisti italiani e stranieri
faceva la fila per
avere
un'intervista, o soltanto il permesso di fotografare
le sale. Avevamo
avuto
un'idea che poi si rivelo' fortunata: sul pavimento di
una stanza
avevamo
messo centinaia di riviste gay provenienti da tutto il
mondo; poi, le
avevamo coperte con del cellophane pesante. I
visitatori aprivano la
porta,
entravano dentro, e camminavano sopra le riviste, da
un lato all'altro
della
sala. Immancabilmente manifestavano stupore, sopresa,
incredulita' di
fronte
al numero enorme di pubblicazioni di tutti i tipi, in
tutte le lingue,
da
tutto il mondo.
In parecchi confessarono di aver capito molto di piu'
con una
passeggiata di
una o due ore li' dentro, che in trenta o quarant'anni
della loro vita.
La stragrande maggioranza dei loro articoli furono
positivi. Piu' che
positivi. Qualcuno disse che avevamo "sdoganato
l'omosessualita'"; che
l'avevamo "fatta uscire dal ghetto"; "tirata fuori
dalle tenebre", e
via di
questo passo.
Certo, fu una delle iniziative piu' clamorose mai
realizzate nel nostro
paese, che col tempo ha contribuito ad avvicinare alla
nostra comunita'
un
gran numero di nuovi amici.
Potrei raccontare decine di episodi interessanti, a
questo proposito, e
forse lo faro', magari in un'altra occasione, ma
sarebbe molto meglio
se
qualcuno di quelli che parteciparono a questa
iniziativa, che dettero
una
mano in quei giorni febbrili, o che intervennero anche
solo come
semplici
visitatori, si facesse vivo e narrasse la storia dal
suo punto di
vista.
Si', lo so che i fruitori di Internet sono soprattutto
giovani, ma e'
possibile che non ci sia tra voi qualcuno dei "vecchi"
degli anni
Settanta?
In fondo, stiamo parlando appena dello scorso
millennio!
Oggi, a me interessa raccontare un solo episodio
collegato con
quell'esperienza. Un episodio che puo' aiutare a far
capire come, nel
nostro
paese (ed in tanti altri paesi, del resto) le notizie
vengano
manipolate ad
arte per scopi che non sono di certo legati
all'affermazione della
verita'.
E non da giornaletti equivoci da pochi esemplari a
numero, ma da veri e
propri giganti dell'informazione che vendono milioni
di copie.
Una sera, quando gia' la Gay House Ompo's era
diventata piu' popolare
della
Pepsi Cola (!), si presento' un giornalista.
"Buona sera, sono Tizio Caio, del settimanale
'Sempronio'. Vorrei
parlare
con Massimo Consoli".
Il settimanale in questione era uno dei giornali
popolari a piu' alta
tiratura e, probabilmente, ancora lo e', perfino Oggi.
Ero contento del
loro
interesse per quello che andavamo facendo.
"Buona sera. Sono io".
"Bene! Ho seguito il successo della vostra iniziativa
e devo dire, in
verita', che anch'io sono dalla vostra parte. Avete
subito tante
angherie,
nel corso dei secoli, che non si puo' fare a meno di
condividere la
giustezza della vostra battaglia. Io ho avuto un'idea,
e se vuole e se
ha
tempo, posso parlargliene".
"Sono qui per questo, me ne parli pure".
"Dunque, ho proposto questa idea al nuovo direttore
del nostro
settimanale,
che e' ebreo, ed al quale e' molto piaciuta. Lei e'
mai stato a
Parigi?"
"Si'", risposi, mentre m'interrogavo su cosa
c'entrasse il fatto che il
suo
direttore fosse ebreo. Forse, dissi tra me e me, aveva
simpatia per gli
omosessuali in quanto discriminati a lungo e
ingiustamente proprio come
gli
ebrei, cosi' come io stesso avevo simpatia per gli
ebrei, e per tante
altre
comunita' "maltrattate" dalla storia con le quali mi
e' sempre stato
facile
identificarmi, proprio perche' ho subito su di me il
peso del rifiuto e
della persecuzione.
"C'e' stato mentre ci si trovava anche l'Ayatollah
Khomeini, prima di
tornare in Iran?"
"Non ne ho idea. Non so in che periodo esatto ci si
trovasse lui, e
neanche
se abbia coinciso con il mio. Ma questo che c'entra?"
"C'entra, c'entra! Khomeini e' il vostro nemico
mortale, non e' vero?"
Il TG2 aveva cominciato il suo servizio sulla "casa
madre degli
omosessuali", presentando un manifesto dell'Ayatollah
a testa in giu'
che
accoglieva tutti i visitatori della mostra. In Iran
avevano giustiziato
i
primi omosessuali. Io avevo rilasciato dichiarazioni e
interviste
criticando
ferocemente il regime sanguinario dei preti sciiti che
si era appena
installato nel paese. Su un giornale anarchico avevo
pubblicato un
articolo
intitolato "Iran: dal fascismo dello Scia' al nazismo
di Khomeini",
criticando ferocemente (e' il caso di dirlo) un certo
Carlo Panella
che, su
Lotta Continua, influenzava pesantemente l'opinione
pubblica italiana a
favore della "rivoluzione religiosa" in corso in quel
paese. (Si', e'
lo
stesso Carlo Panella che oggi lavora per Mediaset ed
ha le idee un po'
diverse, rispetto a 25 anni fa).
"E' uno che perseguita i gay. Chiunque perseguiti i
gay e' mio nemico",
risposi.
"Bene. Del resto, non e' importante che i vostri
periodi coincidano.
L'importante e' questo: lei dovrebbe dichiarare che,
mentre stava a
Parigi,
e' andato a letto con l'Ayatollah".
"Come? Che ha detto?". La sorpresa mi aveva quasi
stordito.
"Lei dovrebbe rilasciarmi un'intervista nella quale
confessa di aver
avuto
un rapporto sessuale con Khomeini. Di esser stato il
suo amico intimo,
per
qualche tempo".
"E perche' dovrei dire una cosa del genere?"
"Questo andrebbe a vostro vantaggio. Favorirebbe la
vostra causa".
"'Mah! Non vedo proprio come potrebbe favorire la
nostra causa una
dichiarazione del genere".
"Ma si'! In questo modo si dimostrerebbe l'ipocrisia
di quelle persone
che
perseguitano gli omosessuali, e poi sono omosessuali
loro stesse".
Non credevo alle mie orecchie. E poi, tra l'altro, ma
chi l'aveva detto
che
Khomeini era gay? Non mi risultava per niente e non
avevo alcuna
intenzione
di "rivendicarlo". Chiamai due dei miei collaboratori
piu' stretti,
Anselmo
Cadelli ed Enrico Verde (e/o forse anche Enrico
Biondi), e chiesi al
giornalista di ripetere la proposta. Volevo dei
testimoni per una cosa
che
mi sembrava eccezionalmente grave.
Lui ripete' tutto quello che aveva gia' detto a me,
quasi senza
cambiare una
virgola, anzi, aggiunse perfino qualcosa che, secondo
lui, sarebbe
dovuta
apparire come particolarmente allettante.
"Le posso perfino garantire fin d'ora che la copertina
del giornale con
la
sua intervista sara' dedicata a lei".
Oddio! Mi vidi improvvisamente sparato sulla prima
pagina del
settimanale
con, sopra la mia faccia magra e baffuta (allora!), i
titoli a
caratteri
cubitali: "Massimo Consoli si confesssa: Sono stato a
letto con
l'Ayatollah!". E magari, a domanda avrei risposto:
"Si', gli piaceva
che io
lo chiamassi Ciccino, e lui mi chiamava Pucci!".
"Senta", dissi con il tono piu' serio che mi era
possibile in una
simile
occasione, "a parte il fatto che Komeini non e' per
niente il mio tipo,
non
credo proprio che la nostra causa verrebbe favorita da
una
dichiarazione del
genere. Questo senza contare che si tratterebbe di una
bugia colossale.
Se
vuol farmi un'intervista, si legga quelle che mi hanno
gia' fatto gli
altri
giornali esposti all'ingresso e si regoli di
conseguenza. Io, a letto
con il
santone, non ci sono stato e non ho mai avuto alcuna
intenzione di
andarci".
La discussione ando' avanti ancora per un po' fino a
quando, finalmente
deluso e bofonchiando che secondo lui stavamo facendo
uno sbaglio, il
giornalista se ne ando', scomparendo per sempre dalle
nostre vite.
Era il settembre del 1979. Visto quello che poi e'
successo, l'avevo
scampata bella!
Massimo Consoli
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