[Badgirlz-list] Il mondo cambiato dall'11/9 di ADRIANO SOFRI

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Autore: luca@bicycling.com
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Oggetto: [Badgirlz-list] Il mondo cambiato dall'11/9 di ADRIANO SOFRI

Che cosa è accaduto dopo il terribile atto terroristico
La guerra, le divisioni in occidente gli errori dell'America

Il mondo cambiato dall'11/9

Tre anni fa gli attacchi agli Usa
di ADRIANO SOFRI



Potete accorgervi di essere ebreo, e chiedervi che cosa significhi, solo
dopo che qualcuno vi abbia insultati così: "Ebreo!". Qualcosa del genere -
molto più a buon mercato - abbiamo sperimentato, dall'11 settembre in qua,
con il nome di Occidente. Era abbastanza fuori corso nella nostra idea di
noi stessi. Poi ce lo siamo sentiti dire a muso duro: "Occidentali!" - e ci
siamo chiesti di nuovo che cosa significasse.

Non è facile ridefinire i propri segni particolari nello specchio di
odiatori e nemici. Si reagisce piuttosto che contare su sè. Ci si
sorprende: "Perché ci odiano tanto?". Si prova un senso di colpa,
naturalmente: e non si stenta a trovarne una buona quantità, di colpe,
antiche e presenti. Siamo spaventosamente più ricchi, sani, longevi;
consumiamo una dose spropositata delle risorse della terra.

E anche quando l'odio e la rabbia che ci assaltano sono troppo feroci e
ciechi per esaurirsi nelle nostre colpe, e gli assaltatori non siano i
poveri del mondo ma dei miliardari cadetti, incliniamo a spiegarli con
qualcosa che conosciamo, che abbiamo attraversato. Dopotutto, ci siamo
squartati nelle fratricide guerre di religione, e abbiamo inventato il
razzismo, i totalitarismi, le guerre mondiali, il genocidio, l'esplosione
atomica: appena poco fa. L'orrore dei nostri nemici somiglia tristemente a
qualcosa attraverso cui siamo passati. A volte ne è addirittura una
filiazione dichiarata.

Una gran parte degli studi e delle riflessioni fiorite dopo l'11 settembre
si impegna appunto a documentare l'incrocio di idee e comportamenti fra
l'occidente e i suoi nemici. Ian Buruma e Avishai Margalit, autori di una
serie tempestiva e penetrante di saggi dopo l'11 settembre, ora rielaborati
in volume, hanno scelto il titolo Occidentalismo - calcato sul classico
studio di Edward Said, Orientalismo - a significare l'occidente com'è visto
dai suoi nemici. Il vero oggetto della loro analisi è l'influenza della
critica rivoluzionaria o antiliberale di pensatori e movimenti occidentali
sull'intolleranza antioccidentale del mondo terzo e specialmente
dell'islamismo contemporaneo.
[]
Ho, non dirò un'obiezione, ma una preoccupazione: che la sottolineatura
degli incroci e dei prestiti conduca a sottovalutare la novità e
l'autonomia del furore islamista.

Ammettete che la verità essenziale dell'Occidente stia nella libertà delle
donne: l'unico progresso che non sia finito in un vicolo cieco. (Parecchie
femministe sospettano che la libertà delle donne sia diventata la nuova
bandiera strumentale del dominio maschile occidentale: rischio credibile,
ma del tutto secondario rispetto alla condizione reale delle donne nel
mondo). La libertà delle donne non riguarda solo il loro destino - la metà
mancante alla libertà intera - ma l'universale condizione umana: a partire
dal rapporto delle madri con i figli.

Sta qui la differenza essenziale fra società islamiche e occidente. Gli
"occidentalisti" se ne accorgono, e lo mostrano con la loro scandalizzata
gelosia. Noi occidentali, donne comprese, ce ne accorgiamo di meno.
Pensiamo ancora che la questione del velo sia una imbarazzante intrusione
esotica nella nostra periferia. Pensiamo che sia affar loro, o tutt'al più
che bisogni aiutare le loro donne a scegliere se indossare o no il velo. E'
raro che pensiamo all'eventualità che qualcuno voglia metterlo in testa
alle donne occidentali, il velo.

L'odio più accanito degli "occidentalisti" si concentra sul proprio
occidente intestino, quell'impuro modo di vita che si insinua dentro il
loro mondo. La guerra santa islamista contro l'occidente è in primo luogo
una guerra di riconquista interna: l'Arabia Saudita dissacrata dalle donne
soldato americane... Ma gli islamisti della jihad si vedono anche come
maschi valorosi e devoti all'assalto della gran prostituta occidentale. Il
loro obiettivo primo è la cattura delle loro donne. Riassicurarle alla loro
padronanza, se si sono già prese delle libertà; ribadirne i ceppi, se non
si sono ancora allontanate.

Le tappe dell'offensiva islamista, a partire dall'Iran khomeinista, poi
nell'Afganistan talebano, in Algeria (e in Nigeria, in Bangladesh, e in
altri paesi arabi e musulmani asiatici), hanno avuto questa posta: ridurre
a nuova servitù donne che godevano di una libertà, o andavano
conquistandola. Diventerà questa la posta ultima della stessa guerra
irachena, specialmente nella sua ambizione sciita. L'irruzione della
questione del velo nei territori di immigrazione è il complemento della
guerra per la proprietà delle donne nei paesi islamici.

Da questo punto di vista, il rapporto fra offensiva islamista e critica
occidentale all'occidente si mostra in una luce diversa. E' vero che la
libertà delle donne è tutt'altro che costitutiva della storia occidentale.
Per limitarsi al nesso fra democrazia e condizione femminile, il voto alle
donne è conquista di ieri. La discriminazione è ancora impressionante nei
nostri parlamenti e in genere nei posti di comando. Tuttavia la
segregazione femminile è ovunque impensabile. Le mutilazioni genitali sono
sentite come una violenza raccapricciante. Le bambine studiano, le ragazze
frequentano in maggioranza gli studi superiori, e con i risultati più
brillanti. Le donne dispongono della propria capigliatura e del proprio
abbigliamento. I giovani si scelgono per amore. All'opposto, la condizione
della donna (e della sessualità, e dell'educazione dei bambini) nell'islam
contemporaneo concede assai poco all'incrocio di culture e non si spiega
davvero con la filiazione dalla ginofobia occidentale. E' un connotato
eminentemente autoctono. Non è "occidentalista", e tantomeno "orientale".
E' islamico e, tristamente, islamista. (Forse l'islamismo è l'islam che ha
paura di essere espropriato del proprio dominio, di non essere più padrone
in casa propria).

Anche André Glucksmann ha insistito con una forte convinzione -che lo
spinse ad approvare l'intervento in Iraq - sulla peste occidentale
risuscitata nelle vesti islamiste. I suoi titoli sono eloquenti:
Dostoevskij a Manhattan, Occidente contro Occidente... Tuttavia il
nichilismo, la cruciale categoria che Glucksmann evoca a nominare il
nemico, perde qualcosa della novità. Diventato una nozione generica (la
perdita di ogni senso, l'irrilevanza dei valori, l'indifferenza alla morte,
la dedizione alla distruzione, la persuasione che tutto sia permesso) il
nichilismo si adatta male a quel sovrappiù di senso, quella devozione
entusiastica alla morte propria e altrui, quella obbedienza prona a un Dio
vivo e furente, quella immolazione ebbra e pignola. Per nominare l'avvento
degli uomini e delle donne "kamikaze", vera mutazione della specie,
tenterei anzi la parola contraria di nichilismo - una parola che alludesse
non al nulla e al vuoto, ma al troppo, al pieno.

Il suicidio-eccidio, che non stanno uno al servizio dell'altro, ma sono
ambedue fini a se stessi, sognati, amati e ricercati, non era nel novero
delle cattive idee occidentali che hanno passato la frontiera.
Quando oggi ci interroghiamo sull'Occidente - l'occidente come lo vorremmo,
come lo sappiamo giusto - possiamo far tesoro dell'immagine rovesciata che
ci rimanda lo specchio del fanatismo terrorista. Il mondo delle puttane
ebree e cristiane. Il mondo della gente che ama la vita e non la morte.
L'occidente cui ci iscriviamo non si dimentica dell'ingiustizia e della
prepotenza: al contrario. Non si dimentica nemmeno, per essercisi bruciato,
dei disastri che covano nell'intenzione di rifare daccapo il mondo. Abbiamo
di fronte una questione pratica: se e in che misura l'occidente riesca a
non dissomigliare troppo dall'idea che ha di se stesso. Se e in che misura
riesca a far corrispondere i fatti alle sue dichiarazioni universali.

Forse la libertà occidentale non sa esistere senza la povertà e la
schiavitù di tanta parte del mondo. E' un sospetto da prendere sul serio.
Dopotutto, si concesse un tempo insopportabile all'idea che il comunismo
dovesse solo correggere gli errori dei propri esperimenti reali. Forse la
libertà occidentale può diventare la libertà di tutti. Era una questione di
giustizia. Ora è diventata una questione di vita e di morte.

(11 settembre 2004)

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