[Lecce-sf] Balzac e Marx

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Autor: Gaetano Bucci
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Asunto: [Lecce-sf] Balzac e Marx
cASTUZIA DELL'ARTE E DIALETTICA CRITICA NELLA LETTERATURA.
Il trionfo del realismo
                
Riscoprire Balzac (titolo del giornale del 30 agosto)
Angelo RUGGERI
Nella storia della letteratura, non è raro imbattersi in poeti e scrittori che nella vita reale hanno idee profondamente conservatrici, ma che nelle loro opere esprimono, viceversa, una funzione  rivoluzionaria. L'astuzia dell'arte, spesso, fa strumenti del progresso anche gli spiriti conservatori. 
Cervantes era un aristocratico, legato al suo passato militare. Ma dopo la rinascita del romanticismo cavalleresco, ideologia della nobiltà, con il Don Chisciotte proclama la seconda disfatta della cavalleria, svelando che "nella realtà" sopravviveva a se stessa. 
Walter Scott, diversamente da Byron, era e rimase un "tory", un conservatore. Però inizia il  rinnovamento del romanzo naturalistico, con il genere storico-sociale. Non trascura le distinzioni di classe o la causalità sociale, come succedeva nel romanzo inglese del Settecento. Descrive giustamente lo sfondo sociale delle sue storie. Sicché, come scrittore, il retrivo Scott è più profondamente legato alla Rivoluzione del radicale Byron. Perché per quanto avverso, anche politicamente, alla Rivoluzione, solo con essa diventa concepibile il suo metodo sociologico, si sviluppa il senso delle differenze di classe e diviene dovere di ogni artista onesto rappresentarle. Per questo anche il Manzoni, pur chiuso nel suo cattolicesimo ha dato fondamentale contributo al genere storico-sociale. Molto innovando dal punto di vista letterario il suo romanzo che, da un punto di vista politico-culturale, rimane conservatore rispetto ad una letteratura veramente popolare e nazionale. Sicché Gramsci, giudica negativamente i suoi Promessi Sposi. Come critica all'incapacità del romanticismo italiano e in specie del Manzoni, di rompere con la tradizione classica e aristocratica della letteratura. 
Dopo che l'esortazione goethiana a vivere col mondo secondo le sue regole, era diventata, nella letteratura borghese, conciliante servilismo, Stendhal e Balzac videro più acutamente di Goethe le tensioni dell'epoca e le giudicarono più realisticamente. 
Stendhal giudica da liberale, Balzac da conservatore. Pure, nonostante le sue opinioni reazionarie, il più avanzato è Balzac. Stendhal giudica secondo le idee, ormai obsolete, del Settecento. Gli sfugge il significato storico del capitalismo. Balzac considera addirittura troppo avanzate anche queste idee, ma non può fare a meno di descrivere la società (e come gli arricchiti la conquistano e corrompono), in modo tale da impedire un ritorno pre-rivoluzionario. 
Con loro la realtà della vita e la dialettica da cui è mossa la società, entrano nella coscienza dell'uomo e non potranno più esserne rimosse. Ormai un personaggio è vero e importante per la problematica sociale e il conflitto tra opposti interessi di classe che esprime. Questo il filo che fa della "Commedia umana" un unico grande romanzo. 
Questa scoperta dell'uomo sociologico è la ragione dell'interesse di Marx per Balzac. Il quale, in forma che Marx stesso giudicherà esemplare, scopre la natura ideologica del pensiero ("La virtù comincia dal benessere", "La Rabouilleuse"). 
La coscienza della lotta di classe entra nella letteratura con Stendhal. Anche prima si rappresentava il conflitto tra i vari ceti. Ma mai si era rappresentato un uomo di umili condizioni come Julien, come sempre consapevole della sua origine plebea ("signori, io non ho l'onore di appartenere alla vostra classe"), che addirittura ritiene ogni suo successo come una vittoria sulla classe dominante. Ma Balzac conosce anche il metodo rivelatore della dialettica critica ("Uno scassinatore si manda all'ergastolo  mentre un uomo che con una bancarotta fraudolenta rovina intere famiglie" no(Vautrin, nelle "Illusions perdues").
La posizione di Stendhal è essenzialmente politica, da bonapartista nel quadro della Restaurazione. Balzac, invece, fonda il suo edificio sociale sull'economia, anticipando in certo qual modo le teorie del materialismo storico. Sa che le forme di scienza, arte e morale sono, come la politica, funzioni della realtà economica, e che la civiltà borghese, individualista e razionalista, affonda le sue radici nelle forme dell'economia capitalistica. 
Non per caso quasi ad un tempo con Hegel, scopre il nesso e la dialettica tra vita e coscienza(già in "Louis Lambert"). Ma perché le contraddizioni del capitalismo e della borghesia, smascherano le premesse economiche del loro potere più del feudalesimo. Materialismo storico e teoria delle ideologie, non sono che obiettivazioni della sua osservazione nuda e obbiettiva dei fatti, del suo senso della realtà.
Sicché, nonostante il suo entusiasmo per antica monarchia, Chiesa e società aristocratica, nel mondo di Balzac il realismo e il materialismo distruggono i residui di feudalesimo. 
Marx ed Engels seppero vedere per Balzac, come per Shakespeare, l'aspetto veramente essenziale. Al di la del loro conservatorismo. Anche Shakespeare, apprezzava una monarchia che, sotto i Tudor, dopo la guerra delle due Rose, si era sviluppata in dispotismo, per garantire la sicurezza delle classi possidenti. Un'epoca in cui i principi d'ordine, autorità e sicurezza diventano la base della concezione borghese del diritto e dello stato di diritto - che vige ancora oggi, soprattutto in Inghilterra -, poiché le classi dedite al guadagno si rendono conto che nulla è più pericoloso di un governo debole. Donde l'ideologia dei "governi forti" del bipartitismo-maggioritario, in cui "il primo ministro è un dittatore elettivo, con poteri che Breznev e il politburo sovietico nemmeno immaginano"(Dharendorf). Ma nonostante la sua devozione alla Corona, e le sue idee su monarchia, borghesia e proletariato, Shakespeare da una visione così tragica nelle sue opere, che svela caducità e crisi della situazione. Proprio come Balzac, che con la sua spietata analisi della  borghesia, senza volerlo e senza saperlo, si trovò fra i precursori del moderno socialismo.            
L'ingegno di un poeta può benissimo contrastare con le sue opinioni, diceva Zola anticipando l'interpretazione marxista. Ma il vero senso di questo antagonismo lo scopre e lo definisce Engels che per primo studia la contraddizione tra le vedute politiche e l'arte del poeta. E' ciò che Engels chiama il "trionfo del realismo" (che può manifestarsi nell'arte del poeta anche contro le sue opinioni), formulando così uno dei più importanti principi da allora acquisiti dalla sociologi artistica.                                                                  


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