[Cm-milano] Peace Cycle Londra –Gerusalemme,fermata Milano

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Autore: andrea_cip@libero.it
Data:  
Oggetto: [Cm-milano] Peace Cycle Londra –Gerusalemme,fermata Milano
http://italy.indymedia.org/news/2004/08/612086.php

by Tam by blue Tuesday August 31, 2004 at 01:28 PM

Una ventina abbondante di pacifisti ciclici in arrivo da Londra diretti a
Gerusalemme.Portavano le pettorine Peace cycle London - Jerusalem 2004.
Molte donne tra loro, almeno la metà. Molti parlavano altre lingue oltre
all’inglese tra cui l’arabo.Da Londra sono partiti il 14 agosto, l’arrivo a
Gerusalemme è previsto per il 28 Settembre.Leoncavallo ospita i peace
cyclists.un volontario di criticalmass milano si ofre per assistenza
tecnica alle bici.ora 22 inizio assemblea organizzativa.Tutta la
discussione viene ripresa, si vuole trarre un documentario da piazzare
magari sulla BBC.130 chilometri fatti ogni giorno da svariati giorni, Alpi
comprese. Sono stanchissimi e hanno dolori fisici di fario tipo...

Venerdì 27 agosto, è già buio. Al Leo, accolti da alcuni applausi, sono
approdati una ventina abbondante di pacifisti ciclici in arrivo da Londra
diretti a Gerusalemme che fanno tappa a Milano. Ho appreso del loro arrivo
ascoltando Radio Popolare, in massa, la sera prima, non ne avevo sentito
parlare. Alle 19 sono arrivati in piazza Axum. C’erano alcuni di
criticalmass ad aspettarli e poi qualcuno del Leo. Ho beccato il gruppo in
Duomo. Portavano le pettorine Peace cycle London - Jerusalem 2004. Molte
donne tra loro, almeno la metà. Molti dalla pelle scura, pochi inglesi
bianchi. Ho parlato con un ragazzo, Habit, mezzo pakistano e mezzo della
Tanzania. Molti parlavano altre lingue oltre all’inglese tra cui l’arabo.
Al Leo alcuni ragazzi magrebini erano contenti di dare informazioni
logistiche in arabo a nuovi arrivati.

La carovana viaggia a bordo di bici da cicloturismo, vecchie e nuove bici
da corsa, mountain bikes. Un paio di loro si sono aggregati a viaggio
iniziato nelle tappe, uno svizzero arabofono e una ragazza non ricordo di
dove. Età varie presumo dai venti ai sessant’anni.

Arrivati al leo hanno scaricato i bagagli da un furgone al seguito e poi si
sono seduti a mangiare alla mensa. I commenti più entusiasti erano da veri
nordici: sulle fette giganti di anguria so fresh and sweet. I ciclisti
erano abbastanza stravolti perchè al Leo siamo arrivati alle 22 e loro
avevano alle spalle 130 chilometri fatti ogni giorno da svariati giorni,
Alpi comprese.
Da Londra sono partiti il 14 agosto, l’arrivo a Gerusalemme è previsto per
il 28 Settembre. Non c’era molta bisboccia a tavola, facce lunghe da
stanchezza sopra il piatto e sopra le loro pettorine ancora addosso,
qualche birra, qualche sigaretta, gli occhi pieni di cose da dire, sul
gruppo, sul viaggio, qualche battuta incomprensibile che si sono scambiati
e poi un riso o un sogghigno. Il tutto nell’allegro scenario impiallacciato
della mensa del Leo sotto gelide luci al neon.

Dopo cena siamo andati nella sala Bombonera. Le biciclette erano tutte lì
dentro sottochiave, in quello spazio premurosamente messo a disposizione.
L’ambiente lì è più caldo. Hug si è messo a disposizione per aggiustare
delle biciclette che avessero dei problemi.
Si mette a lavorare su alcuni velocipedi. Viene fuori che il meccanico che
viaggiava con loro si è rotto un polso o giù di lì ed è tornato in England.
Intanto è iniziata una breve assemblea di cui ora racconterò quello che ho
capito. Tutta la discussione viene ripresa da un giovane cameraman e da una
giovane assistente perchè da questa esperienza si vuole trarre un
documentario da piazzare magari sulla BBC.

Una ragazza bionda inizia dicendo che alcuni sono stanchissimi e hanno
dolori o cose simili e quindi propone che il giorno dopo si facciano due
gruppi che partano sfalsati (uno dovrà rimanere più a lungo la mattina a
sistemare il furgone e i bagagli). Propone inoltre che a un certo punto
della tappa, Milano-Parma, si prenda eventualmente il treno.
Un inglese sulla cinquantina interviene ed è abbastanza intesito: sul treno
lui non è d’accordo perchè la visibilità politica di questa esperienza è
legata all’uso della bicicletta e quindi questo, feriti e messi male a
parte, dovrebbe essere mantenuto, dice che è assurdo che siano arrivati
all’accomodation alle dieci di sera, identifica in queste agende degli
organizzatori del viaggio la prima causa della stanchezza del gruppo.
Il fatto è che per ogni tappa gli organizzatori del viaggio hanno previsto
un incontro con i media. Quindi ogni giorno il gruppo deve affrettarsi
nella pedalata per arrivare in orario a quello o a quell’altro appuntamento
con giornalisti o simili che non aspettano.
Il ciclista adirato dice che devono focalizzare quelle che sono le loro
priorità, che non sono certo i media, ma mettersi nelle condizioni migliori
per poter pedalare fino a Gerusalemme. S’incazza con gli organizzatori.
Un’altra interviene e dice che se i media sono interessati ad intervistarli
devono raggiungerli presso le loro accomodations e non viceversa.
In effetti prima del Leo il gruppo è stato accompagnato in Via Melzo presso
la sede de Il Diario. L’intervista poi non ha avuto luogo perchè la
redazione era sconvolta dall’uccisone di Enzo Baldoni avvenuta il giorno
prima in Iraq.

A proposito di pace. Gli organizzatori ascoltano e poi tentano di mediare
perchè il ciclista adirato dice che se ne infischia delle loro agende e che
quello che conta sono solo le priorità del gruppo. Poi c’è uno scazzo
furibondo tra il ciclista adirato e un ragazzotto ventenne: quattro o
cinque pacifisti ciclici sono arrivati a Milano col biglietto del match
Juventus- Milan in tasca. Loro vogliono raggiungere Parma in bici poi
tornare a Milano in treno vedersi la partita a S. Siro e poi ritornare a
Parma in treno.
I toni si inaspriscono in un breve scambio di battute di cui non capisco
niente ma il ragazzo esce dalla Bombonera sbattendo la porta a vetri
rumorosamente. Tutti fanno una faccia come dire che lui è una testa calda
(a forma di pallone?) che poi si calmerà. Un ragazzo col biglietto in tasca
dice che non c’è problema, se riescono a vedere la partita bene, altrimenti
ciccia.

C’è questo nesso di palpitazioni cardiache insomma tra Pace e Football che
fa sentire un po’in un romanzo di Benni. In fondo questa passione per il
calcio che fa pensare a corse folli notturne in treni che non ci sono, dopo
centinaia di chilometri stampati nei polpacci, questa passione rende questi
ciclisti più umani. Habit, seduto accanto a me, mi dice che vedere la
partita gli darebbe carica nella pedalata, me lo dice con la faccia di chi
sa che sta dicendo una minchiata fuori luogo però che il calcio gli piaccia
un sacco è indubbio. Io gli dico ok ma che io sono d’accordo col vecchio
ciclista.

Si torna al discorso portante, il ciclodeterminato chiede quanti sono ko o
feriti o malati. Un casino di gente alza la mano, almeno sette o otto, di
tutte le età. I nodi vengono al pettine, la gente è esausta, molti
intervengono per dire che sono stanchi e dicono qualcosa. Si lamentano del
fatto che arrivano tardi la sera e che non c’è tempo di farsi una doccia,
cenare con calma, si lamentano dell’organizzazione. Alla fine si decide che
il gruppo partirà all’indomani mattina tutto insieme e che poi strada
facendo vedranno. L’assemblea si scioglie i pacifisti si disperdono un po’
intorno e dentro la Bombonera.

Habit mi dice che ad Aosta erano stati ospiti di un convento di suore e che
era buffo trovarsi ora in un posto come il Leo, cioè passare dalle suore
alla varia fauna leoncavallina. Molti a cena mi hanno chiesto dove si
trovavano cioè che posto era il Leo. Io ho detto squat, il più vecchio di
Milano e ho raccontato la storia dell’esodo da Via Leoncavallo.

Porto Habit in libreria alla postazione internet, l’uomo della libreria si
alza subito per stringergli la mano. Lo aiuto a trovare gli orari dei treni
per eventuali necessità e per il partitone della vecchia signora (cioè la
Juve, me l’hanno insegnato gli Inglesi).
Siamo lì davanti al computer io e Habit quando compare un esserino sbucato
dal nulla una bambina. Mi chiede se siamo inglesi. Le dico, io no lui sì,
le chiedo se parla inglese, se lo studia a scuola. Lei dice che non lo
parla, che lo studia che sa dire sit down.
La bambina ci tempesta di domande da bambina, Habit mi dice che una bambina
così piccola non dovrebbe stare in uno squat così tardi con quella gente in
giro.

Torniamo fuori, saluto Habit e con altri amici parto alla volta della notte
milanese sulla bici e Milano ieri notte, a me che sono reduce dal far west
deserto della Sardegna, sembrava un gioco avvincente.

www.thepeacecycle.org/