Carlo Cafiero : Scritti
Carlo Cafiero
Scritti
L'anarchia è la federazione dell'unione, l'organizzazione della libertà. Essa combatte lo Stato popolare o Stato comunista, che sarebbe l'accentramento dell'unità, l'organizzazione dell'oppressione comune.
V'ha dei socialisti che dichiarano necessaria la formazione di un nuovo Stato per realizzare l'emancipazione del proletariato.
La pretesa di costoro è l'ultimo tentativo che fa il principio di autorità per mantenersi ancora fra gli uomini, e poiché gli ultimi sforzi sono i più disperati ed audaci, noi dobbiamo armarci da capo a piedi per combatterli con tutte le nostre forze.
Noi non possiamo e non vogliamo mettere minimamente in dubbio la loro buona fede; anche se malafede ci fosse in alcuni di essi noi qui dobbiamo assolutamente escluderla; siamo convinti che essi agiscono col più retto sentimento, al solo scopo di conseguire l'emancipazione del proletariato nell'emancipazione dell'umanità; e che se vogliono dare al nuovo ordinamento sociale una forma ufficiale, se vogliono costituire un nuovo Stato, egli è appunto perché stimano poter così assicurare quelle conquiste della rivoluzione che sono il fine delle nostre comuni aspirazioni.
Ma i primi padri della Chiesa non ebbero forse il medesimo scopo nel dare una forma ufficiale alle aspirazioni della idea cristiana? E le grandi figure di quella rivoluzione borghese, che fu pur grande e che si rimpicciolisce solo innanzi a quella ancora più grande che prepara oggi il proletariato, che cosa mai si proposero essi legiferando, codificando e costituendo uno Stato ben più potente del monarchico feudale da essi abbattuto? Che cosa mai si proposero quegli uomini, essi pure in buona fede, se non il consolidamento delle loro conquiste rivoluzionarie?
Noi incontriamo spesso dei socialisti che si ridono delle gloriose conquiste della rivoluzione borghese: ne hanno ben donde se sono anarchisti, ma se sono autoritari o partigiani dello Stato popolare, hanno torto marcio di ridere di coloro che hanno fatto ieri ciò ch'essi si propongono di fare domani. Con tutta la loro buona fede, se essi giungono a costituire il loro Stato popolare, avranno nello stesso tempo strozzata la rivoluzione, ne avranno arrestato il suo corso; ed i benefici principi rivoluzionari diventeranno malefici, perché avranno a loro volta trovato i loro sfruttatori, e saranno diventati per un quinto stato le ridicole conquiste gloriose del quarto stato.
Con tutta la loro buona fede, i socialisti autoritari non saranno meno reazionari di quanto lo furono il prete per la rivoluzione cristiana ed il capitalista per la rivoluzione borghese. Come mai lo Stato, istituzione essenzialmente malefica, potrebbe acquistare la virtù di fare il bene? Il bene può essere mai l'attributo dell'oppressore o del tiranno?
Si cospira contro i re ed i potenti della terra: si attacca e si vuol buttare giù lo Stato borghese ... ma per costituirvi al suo luogo un nuovo Stato, che avrà la bella differenza d'intitolarsi: Stato popolare!
Il così detto Stato popolare sarebbe infinitamente più oppressore dello Stato borghese, perché il suo dispotismo sarebbe uguale al dispotismo politico dello Stato attuale, più la somma del dispotismo economico di tutti i capitalisti, il cui capitale passerebbe nelle mani dello Stato popolare; il tutto moltiplicato per l'aumento di accentramento, necessariamente richiesto dal nuovo Stato politico ed economico ad un tempo.
E per soddisfare ai bisogni di questo nuovo e terribile mostro, quale nuovo e mostruoso meccanismo burocratico non sarebbe necessario creare? Che esercito d'impiegati iniziati nei complicatissimi misteri di governo? Classe distinta e superiore al popolo, e perciò stesso tirannica ed odiosa; questi pervenuti del quarto stato saranno nuovi e più terribili oppressori politici e sfruttatori economici; detentori del potere e del capitale.
Addio emancipazione umana, addio libertà! Avremmo, invece del terzo stato, la dominazione del quarto, che opprimerebbe e sfrutterebbe un quinto. E questi operai pervenuti al potere sarebbero tanto più esosi e disgustevoli dei borghesi, quanto questi lo sono della nobiltà medioevale. Ancora una volta si arresterebbe il corso della rivoluzione, e, sia in buona fede per affermare le sue conquiste, sia in mala fede per sfruttarla, ancora una volta sarebbe sotterrata con un bel programma di reazione messo sulla sua tomba a mo' di epitaffio.
Non c'è da prestare alcuna fede a coloro che dicono volersi impossessare dello Stato, per distruggerlo a lotta finita: «Volere impossessarsi della fortezza per smantellarla». No, no, costoro vogliono ingannarci, se non s'ingannano essi stessi.
Tutti i governi, sedicenti liberatori, promisero di smantellare le fortezze erette dalla tirannide per tenere in soggezione il popolo; ma una volta insediati, lungi dallo smantellarle, le fortificarono ancor meglio, per continuare a servirsene contro il popolo. Le Bastiglie le abbattono i popoli: i governi le costruiscono e le conservano. Il suicidio non è nell'ordine naturale. Nessun potere, nessuna autorità al mondo si è mai distrutta da sé stessa, Nessun tiranno, entrato nella fortezza, l'ha mai smantellata. AI contrario, qualsiasi organismo autoritario, qualsiasi tirannide tende sempre, per la sua natura stessa, ad allargarsi, ad affermarsi sempre più. Il potere ubriaca, ed i migliori, investiti di autorità, diventano pessimi.
Il potere dà le vertigini e la follia. Folle è già Masaniello quando indossa abiti reali; folle è Michele di Lando, quando gonfaloniere, riceve a colpi di spada i suoi antichi compagni della sedizione; eppure l'uno e l'altro, a piedi scalzi, erano stati i più bravi campioni della rivolta popolare. Si sono elevati al di sopra degli altri, hanno assunto il potere e tanto è bastato perché da ribelli si trasformassero in tiranni vigliacchi.
Il principio rivoluzionario deve rimanere nel popolo per essere fecondo. Passato nel governo e ricevuta la sua forma ufficiale, è tosto sviato, snaturato e sfruttato, da rivoluzione diventa reazione: da libertà ed eguaglianza, si trasmuta in oppressione e sfruttamento.
No, no; la fortezza dobbiamo attaccarla tutti insieme e smantellarla a rasa terra, senza che alcuno ne prenda possesso; lo stato lo vogliamo distruggere da cima a fondo, prima di permettere ad alcuno di costituirsi nuovo padrone e nuovo oppressore.
Gelosi propugnatori della libertà, non deporremo le armi sino a che I'anarchia non sarà un fatto compiuto nel mondo; imperocché, contrariamente a quanto ci si vorrebbe dare ad intendere da certi partigiani dello Stato popolare, noi abbiamo ampia ragione di temere per la libertà, anche quando l'eguaglianza fosse già attuata.
E che! Non si veggono forse le comunità religiose, nelle quali regna la più perfetta uguaglianza, senza che vi sia la menoma ombra di libertà? Ed è perfetta eguaglianza quella; perché il capo è sottoposto alla regola comune e mangia, veste ed abita assolutamente nella stessa guisa che tutti gli altri frati, dai quali non si distingue che per la supremazia del comando. E gli stessi partigiani dello Stato popolare, senza la nostra opposizione, finirebbero per stabilire uno stato di perfetta eguaglianza, certamente, ma di non meno perfetta oppressione generale. Alla scuola, al reggimento, alla prigione v'ha pure una eguaglianza: una eguaglianza di oppressione e di dispotismo, non molto diversa da quella che conseguiremo nello Stato popolare.
Nell'emancipazione umana l'uomo deve ritrovare la capacità di poter soddisfare completamente tutti i suoi bisogni, tanto fisici che morali; le esigenze del ventre, come quelle dello spirito, le quali sono - e più ancora nella nuova civiltà saranno - imperiose quanto le prime. Non è dunque alla questione del ventre che si riduce la questione dell'emancipazione umana, come alcuni socialisti autoritari vorrebbero persuaderci, per poter poi concludere che con l'eguaglianza economica si guarirebbero tutti i nostri mali. Il ventre certamente ci ha la sua buona parte, e la parte principale, ma non è tutto. Il truogolo ben fornito può fare la felicità dei maiali, ma non quella degli uomini; per gli uomini ci vuole quello e ben altro ancora: non solamente l'emancipazione del corpo, ma anche quella dello spirito: non solamente l'eguaglianza, ma anche la libertà.
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